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Alpi, ghiacciai dilaniati dal caldo record: ecco cosa sta succedendo

Ghiacciai alpini
Ghiacciai alpini

MILANO – Zero termico oltre i 4000 metri e temperature record anche nelle ore notturne. In questi giorni di caldo terribile, con i vari anticicloni che non lasciano tregua, torna in evidenza il fenomeno del ritiro dei ghiacciai, sulle Alpi come nella maggior parte delle aree del globo. Cosa sta succedendo a queste preziose riserve idriche, elementi caratterizzanti del nostro paesaggio di alta quota? Ce ne parlano tre ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e del Politecnico di Milano che da anni collaborano con il Comitato EvK2CNR e che da poco hanno pubblicato due articoli dove riassumono le tendenze italiane degli ultimi decenni.

Il quadro che emerge dai loro studi è sicuramente drammatico per il ghiaccio alpino: i ghiacciai italiani sono in ritiro e la riduzione sta accelerando notevolmente negli ultimi anni. Il caldo, che in questi giorni più che mai ci tormenta, e la mancanza di neve ne sono le cause principali.

In questi giorni di caldo intenso la situazione in montagna è particolarmente drammatica. Lo zero termico si è spostato oltre i 4 mila metri e i ghiacciai lombardi, nessuno dei quali raggiunge quella altezza, in questo momento si stanno tutti sciogliendo. Il caldo di notte non consente che si riformi il ghiaccio perso di giorno. Le conseguenze sono preoccupanti anche per l’alpinismo. Sulle pareti nord non c’è più la copertura omogenea di ghiaccio di una volta. Emergono detriti e roccia friabile e si formano tunnel dentro i ghiacciai che possono
provocare crolli improvvisi. Le ascensioni sono diventate molto più difficili.

Due articoli in corso di stampa su prestigiose riviste internazionali riportano i principali risultati degli studi dei ricercatori milanesi: su Theoretical Applied Climatology sono stati infatti sintetizzati i dati relativi all’evoluzione di tutti i ghiacciai della Lombardia nel periodo 1991-2003 (Diolaiuti et al., 2012) mentre su Progress Physical Geography sono riportati i dati circa la contrazione del glacialismo in Valle d’Aosta nel trentennio 1975-2005 (Diolauti et al., on line first). Complessivamente i ricercatori hanno analizzato 249 ghiacciai lombardi e 175 ghiacciai valdostani ed i risultati non sono confortanti.

Le ricerche sono state possibili grazie al fondamentale contributo della Regione Lombardia e della Regione Autonoma Valle d’Aosta (attraverso la Cabina di Regia dei Ghiacciai Valdostani) che hanno messo a disposizione le ortofoto per analizzare le superfici glaciali e le loro variazioni recenti.

I risultati ottenuti indicano che nel periodo 1991-2003 i ghiacciai della Lombardia hanno ridotto la loro superficie del 21% circa, da 117.4 a 92.4 km2, con una forte accelerazione del fenomeno dal 2000 in poi (da 104.7 a 92.4 km2 nel solo intervallo di tempo 1999-2003). Metà di tale perdita areale (53%) è da imputarsi alla diminuzione drastica dei ghiacciai più piccoli (ghiacciai inferiori a 1 km2,) i più numerosi dal punto di vista numerico.

I ricercatori hanno anche analizzato serie storiche di dati climatici lombardi e hanno verificato che gli incrementi di temperatura avvenuti negli ultimi anni nelle regioni glaciali hanno fortemente influenzato la fusione. Lo studio di Diolaiuti et al. (2012) mostra inoltre come nelle sei maggiori aree glaciali Lombarde (Spluga, Bernina-Disgrazia, Piazzi Campo, Ortles Cevedale, Adamello, Orobie), le aree soggette a maggiore crescita delle temperature nel periodo trentennale di riferimento (1976-2005) mostrano una riduzione percentuale maggiore anche negli apparati glaciali più grandi. Si è inoltre osservata una marcata diminuzione delle coperture nivali al disgelo (1985-2005) che ha ricadute negative sugli apparati glaciali, poiché una coltre nivale rilevante protegge gli apparati glaciali in estate limitandone o rallentandone la fusione. Al contrario negli ultimi anni la neve è precipitata in misura ridotta ed è andata incontro a fusione precoce lasciando i ghiacciai “scoperti” e “sprotetti” durante la stagione estiva dove le alte temperature hanno concluso l’opera.

In Val d’Aosta la riduzione areale è stata pari al 27% nel periodo 1975-2005 con una netta accelerazione nel periodo più recente (1999-2005), complessivamente la superficie glaciale è passata da 163.9 km2 nel 1975 a 119.6 nel 2005. Durante il periodo di riferimento, si sono osservati anche in Val d’Aosta incrementi della temperatura primaverile e estiva, con significative diminuzioni della durata della copertura nivale nelle stesse stagioni.
In sintesi, le aree coperte da ghiacciai nelle Alpi sono in netta diminuzione per via dell’incremento di temperatura e della diminuzione degli apporti nivali e tale fenomeno è sempre più accelerato.

Va inoltre considerato un fenomeno sempre più esteso anche sui nostri ghiacciai: neve e ghiaccio sono sempre meno candidi a seguito di deposizione di detrito fine, polveri, sabbie e particelle fini (il cosiddetto black carbon). Questo fenomeno dapprima osservato in Himalaya è ora in corso anche sui nostri ghiacciai. Neve e ghiaccio, se “sporcati” da polveri e particelle fini (derivanti ad esempio da incendi o dalla combustione di motori diesel) sono meno in grado di riflettere la radiazione solare e ne assorbono di più aumentando così la fusione e accelerando il processo di ritiro.

Questo fenomeno è attualmente in corso di studio da parte dei ricercatori del Cnr Isac di Bologna e dell’Università Statale di Milano che nell’ambito del progetto Share Stelvio stanno quantificando su aree glaciali campione del Parco Nazionale dello Stelvio la presenza di questi materiali, la loro natura ed origine e la velocità con cui “sporcano” la superficie glaciale riducendone la riflettività e promuovendo la fusione.
Questo fenomeno amplifica gli effetti delle alte temperature estive e delle scarse nevicate e non va sottovalutato.

I ghiacciai e le aree nivali stagionali delle Alpi rappresentano non solo una attrazione turistica e naturalistica, ma hanno importanti funzioni nella modulazione del ciclo idrologico, fornendo importanti apporti idrici durante le estati secche.

Il costante restringimento delle aree glacializzate fornirà inizialmente un surplus di acqua dovuto all’intensa ablazione nella stagione estiva, seguito però da una diminuzione (scomparsa) di questo importante effetto di volano, una volta che i volumi glaciali si saranno ridotti in maniera consistente e di ghiacciai saranno ridotti ai minimi termini.

Le previsioni per il futuro indicano che ci dobbiamo attendere aumenti di temperatura e diminuzione del manto nivale, con poche speranze per i ghiacciai Alpini sul lungo periodo. Con questi scenari climatici ci attende un futuro povero di ghiacciai sulle Alpi, dobbiamo prepararci.

Guglielmina Diolaiuti, Daniele Bocchiola, Claudio Smiraglia

Riferimenti:

Diolaiuti, G., Bocchiola, D., D’agata, C., Smiraglia, C., Evidence of climate change impact upon glaciers’ recession within the Italian alps: the case of Lombardy glaciers, Theoretical and Applied Climatology, 109(3-4), 429-445. DOI: 10.1007/s00704-012-0589-y. http://www.springerlink.com/content/jp57023765r31436/

Diolaiuti, G., Bocchiola, D., Vagliasindi, M., D’agata, C., Smiraglia, C., The 1975-2005 glacier changes in Aosta Valley (Italy) and the relations with climate evolution, Progress in Physical Geography, on line first

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