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Svizzera, italiani rifiutati al rifugio Fourcla Surlej: scoppia la polemica

Fuorcla Surlej (Photo courtesy hikr.org)
Fuorcla Surlej (Photo courtesy hikr.org)

SILVAPLANA, Svizzera — “Italiani? No grazie”. Si discute in questi giorni sulla stampa nostrana e svizzera della vicenda capitata il 19 luglio a una comitiva di ragazzi italiani rifiutati dal rifugio Berghaus Restaurant Fourcla Surlej, nel versante elvetico del Bernina. Secondo quanto denunciato in una lettera al Presidente Giorgio Napolitano da uno degli insegnanti accompagnatori, i rifugisti avrebbero negato l’uso dei servizi e cibo a una decina di giovani, avanzando giustificazioni razziste contro gli italiani. I gestori però smentiscono, e spiegano che il rifiuto sarebbe stato dovuto non alla nazionalità, ma al fatto che i giovani erano troppi.

La notizia è apparsa ieri sul quotidiano ligure il Secolo XIX che ha pubblicato le dichiarazioni dei diretti protagonisti della vicenda. Secondo quanto raccontato dal professor Pierluigi Castagneto, insegnante di lettere in una scuola della Spezia, la comitiva, composta da 200 giovani di età compresa tra i 14-18 anni e una decina di adulti accompagnatori, si trovava in Svizzera per una settimana di escursioni sulle Alpi. Giovedì scorso il folto gruppo si trovava ai 2755 metri della Fuorcla Surlej per ammirare il panorama del ghiacciaio del Bernina: una decina di loro non aveva il pranzo, così erano entrati in rifugio per acquistare panini e beveraggi.

“Giunti sul luogo le titolari del rifugio Berghaus Restaurant Fourcla Surlej hanno rifiutato ai ragazzi l’uso del bagno e anche la possibilità di consumare il pasto ‘perché italiani’ – ha detto Castagneto secondo Il Secolo XIX – e in quanto i nostri connazionali ‘sporcano la toilette'”. “Sì, siamo razzisti – avrebbero risposto i gestori, in base alla testimonianza di un altro accompagnatore del gruppo – e voi italiani non entrate”.

Tuttavia la rifugista, rintracciata al telefono dal quotidiano ligure, avrebbe spiegato che la ragione del rifiuto sarebbe stata non la nazionalità, bensì il numero troppo elevato delle persone. In ogni caso comunque la signora avrebbe specificato che il rifugio è di proprietà privata, pertanto non facendo parte del Club Alpino Svizzero, non obbligato all’accoglienza.

Anche se effettivamente numerosa, secondo il professor Castagneto la comitiva si sarebbe sempre comportata in modo educato e rispettoso. Inoltre a lui stesso sarebbe stata negata una tazza di te per via della nazionalità italiana.

“Non solo non esiste la possibilità di rifiutare persone ma va anche contro gli interessi di un rifugista – ci ha detto al telefono Piergiorgio Barrel, presidente dell’Associazione Gestori Rifugi Valle d’Aosta e gestore del rifugio Bezzi in Valgrisenche -. E poi se vogliamo è anche una questione morale, perché i rifugi sono strutture isolate, non si può dire: ‘ ho finito la pasta, vado al ristorante vicino’. Certo il cliente si deve anche accontentare, perché se arriva alle 4 del pomeriggio e ho finito polenta e spezzatino, gli proporrò quello che ho, un tagliere di salumi magari. Poi la questione del rifugio pubblico o privato è relativa, perché anche il rifugio di proprietà pubblica viene affidato alla gestione di un privato che deve fare il gestore, e non dare conto ad altri. Deve però sempre comportarsi correttamente. In 30 anni non mi è mai capitato di sentire una cosa del genere, stento francamente a crederci. Non ho mai avuto modo di approfondire la cosa, ma è ovvio che un rifugio tra le sue mansioni ha quella di dare ospitalità a chi frequenta la montagna, di conseguenza di dar da mangiare e dormire”.

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