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Piolets d’Or 2012 e grandi esclusi: al premio i migliori o solo “i più trendy”?

I vincitori del Piolets d'or 2011 scherzano con la piccozza d'oro (Photo courtesy http://manuelguia.blogspot.com/2011/05/piolets-dor-chamonix.html)
I vincitori del Piolets d'or 2011 scherzano con la piccozza d'oro (Photo courtesy http://manuelguia.blogspot.com/2011/05/piolets-dor-chamonix.html)

BERGAMO — Poco conosciuti, iper-tecnici e minimalisti. Questo il filo conduttore delle nomination ai Piolets d’or 2012, che esclude dalla rosa di salite eventi storici come la prima invernale in Karakorum di Denis Urubko e Simone Moro al Gasherbrum II. La questione fa tornare alla luce interrogativi sul significato del premio nonostante il rilancio del 2009 operato dal francese Christian Trommsdorff: le salite scelte sono davvero il meglio dell’alpinismo o si tratta di una caccia alla salita più “di moda”?

La giuria del Piolet d’or afferma che le 6 salite prescelte rappresentano “un alpinismo di esplorazione, tecnico e impegnativo, in uno stile minimalista e rispettoso dell’ambiente”. Fatta eccezione per la salita norvegese, che si era subito distinta anche nelle cronache, il resto delle nomination sono una sorta di “guerra fredda” tra America ed Europa dell’est, compiute tutte, come dice lo stesso comunicato del Piolet d’or, “su massicci montuosi poco conosciuti o in regioni isolate”.

Insomma più sei sconosciuto più sei d’elite. Se quando descrivi la tua salita rispondono “Eh? Dove? Scusa puoi ripetere il nome? Ma che grado è?” allora puoi sperare di essere fra i nominati. Più ti spingi oltre il limite in nome del purismo alpinistico, più hai probabilità di vincere il premio. Affermazioni esagerate, certo. Ma questa è la sensazione che si respira – e non solo al Piolet d’or – nell’alpinismo moderno. Che a volte appare agli occhi di molti non come una nuova, concreta, proposta, ma come una sorta di negazione delle tradizioni, forse troppo ingombranti, dell’alpinismo del Novecento: la prima caratteristica dev’esser quella di essere iper-ricercate e lontane dai suoi nomi e luoghi celebri.

Chiedersi perchè la prima invernale in Karakorum non faccia parte della rosa è inevitabile. L’importanza storica della salita è ovvia a chiunque: che sia questo il problema? Qualcuno più malignamente si domanda se gli italiani vengano esclusi a priori, se siano stati relegati solo al Premio alla carriera, se i francesi debbano ancora rifarsi della sconfitta al mondiale di calcio. Forse questo è esagerato. Certo sarebbe interessante sapere cosa ne pensa davvero Urubko, candidato per il Peak Pobeda e non per il GII. Come mai? Forse perchè Urubko ha già vinto il Piolet d’Or 2009 per un 8000, con l’incredibile via aperta con Boris Dedeshko sulla sud est del Cho Oyu? (E gli ottomila, si sa, non sono più di moda).

Parliamo dell’invernale al GII perchè il caso è eclatante. Ma che dire di altre imprese? La giuria ha selezionato le 6 nominations tra 88 salite, pubblicata sul sito internet dei Piolets d’Or dai primi di gennaio. “Questa prima lista – spiega l’ufficio stampa dei Piolets d’or -, che viene poi sottoposta ai giurati, viene compilata da Vertical, Montagne Magazine (fondatori del premio) e dall’American Alpine Journal”.

Ma come hanno scelto i 6 nominati? Tornano alla luce le perplessità già espresse da molti al momento del rilancio del Piolet d’or sulla trasparenza dei giudizi e i criteri di selezione. Qualche domanda uno se la fa anche guardando al premio assegnato a Robert Paragot, di cui si fa quasi fatica a trovare notizie sul web. Dopo Walter Bonatti nel 2009, Reinhold Messner nel 2010 e lo scozzese Doug Scott nel 2011, il nome di Paragot suona un po’ strano.

La questione delle “mode” nell’alpinismo spunta, insieme a quella sul rischio, di solito quando accade un incidente in luoghi remoti. Molti allora si chiedono se il progresso vada davvero verso un valore aggiunto per l’alpinismo o se si tratti solo di un tentativo di rincorrere l’estremo per essere inseriti in un elìte dominata da certi ideali controcorrente e certi criteri tecnici.

D’altro canto c’è la solita polemica sull’importanza dei premi. Il mondo alpinistico è da sempre “falsamente disinteressato” ai premi alpinistici, ritenuti unanimemente “una cosa carina, ma incapaci di valutare davvero la miglior salita”. Salvo mettersi in prima linea a criticarli o a riceverli quando la manifestazione va in scena.

Ma non è forse questo il problema di ogni tipo di premio? Non sarebbe meglio essere onesti e accettare la competizione, che fa parte della natura umana? Il Piolet d’or, che per anni è stato ritenuto un “oscar dell’alpinismo”, oggi a tre anni dal rilancio, è davvero in grado esserlo ancora? Riflette solo l’opinione parziale di un’elite franco-anglosassone che forse capiscono in pochi ma che nessuno osa contrastare, oppure è davvero la nuova direzione che sta prendendo l’alpinismo, ed è ora di staccarsi davvero da tutto ciò che è stato grande nel passato?

Voi cosa ne pensate? Siete perplessi o entusiasti dalle scelte fatte in questo nuovo Piolet d’or? Aspettiamo le vostre opinioni.

 

Links: http://www.pioletsdor.org

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