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Allarme ghiaccio in Appennino

Viglio, bufera sul Crestone ovest
Viglio, bufera sul Crestone ovest (Photo Stefano Ardito)

ROMA — Allarme ghiaccio sull’Appennino centrale. Accade ogni anno, all’inizio dell’inverno, quando sul Gran Sasso, sui Sibillini, sul Velino e sui massicci vicini la neve è poca e dura, lascia a volte il posto al ghiaccio vivo, e gli incidenti a escursionisti impreparati si moltiplicano. L’incidente più grave avviene il 28 dicembre sul Pizzo Deta, sui Monti Ernici, sul confine tra Lazio e Abruzzo. Francesco Cicchinelli, 25 anni, di San Vincenzo Valle Roveto, sale per il Vallone del Rio, poi affronta la cresta di neve del Pratillo, scivola e muore.

Qualche giorno prima, un gruppo di camminatori romani e abruzzesi rischia la pelle a causa della bufera, della nebbia e del ghiaccio tra il Costognillo e il Monte Sevice, sul massiccio del Velino. La stampa locale scrive di un massiccio intervento del Soccorso Alpino, ma in realtà i “dispersi” riescono da soli a individuare la Capanna di Sevice, a raggiungerla, e a proseguire nel sottostante canalone fino alla base della montagna.

Poi gli incidenti si concentrano sul Terminillo, i cui brevi ma ripidi canali a portata di mano dal rifugio Sebastiani sono delle ideali palestre di alpinismo invernale. Il 29 dicembre, sul misto della Cresta Sassetelli, un elicottero recupera due escursionisti privi di piccozza e ramponi. Nei giorni successivi, anche persone ben equipaggiate compiono scivoloni pericolosi su itinerari diventati molto più impegnativi del solito. Il 15 gennaio, una cordata scivola nel Canalone centrale, la ripida via normale invernale della montagna, e ne travolge un’altra. Uno dei feriti è in condizioni serie.

Gran Sasso, salita invernale al Corno Grande (Photo Stefano Ardito)
Gran Sasso, salita invernale al Corno Grande (Photo Stefano Ardito)

La sezione di Rieti del CAI, sul suo sito, lancia un appello accorato. “A causa delle condizioni dei canali … del Monte Terminillo, e della presenza di GHIACCIO su tutta la lunghezza degli stessi, con conseguenza di un aumento notevole degli incidenti … si prega di prestare molta attenzione e di effettuare la salita SOLO se ALPINISTI MOLTO ESPERTI”.

Ci associamo all’invito, ma c’è qualche considerazione da fare. La prima, forse scontata, è che in Abruzzo e nelle regioni vicine solo pochi si rendono conto che l’Appennino d’inverno è ben diverso che in estate. Le parole “ghiacciaio” e “crepaccio” che compaiono anche su un giornale serio come Il Centro, quotidiano di Pescara, non sono solo un infortunio professionale, ma il segno di una incultura pericolosa. Fuori dal mondo del CAI e dei suoi corsi, molti escursionisti pensano di poter compiere ascensioni d’inverno con la stessa attrezzatura dell’estate, o di potersela cavare con le racchette da neve anche sul ghiaccio.

A chi spetta di informare correttamente su queste cose? Il CAI fa il suo lavoro, le guide alpine anche, gli autori di guide e servizi (e tra loro chi scrive) cercano di dare un contributo. I media locali, purtroppo, riescono a fare poco o nulla. Per aiutare “cani sciolti” e inesperti, però, l’unica è essere sul posto, e prevenire. Ai Prati di Tivo e a Campo Imperatore sul Gran Sasso, a Forca di Presta sui Sibillini, al rifugio Sebastiani al Terminillo, nei weekend, guide, istruttori e componenti del Soccorso Alpino potrebbero dare consigli a chi si incammina.

Qualche anno fa, un’iniziativa analoga del CAI e del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico lombardo sulle Grigne ha dato ottimi risultati. Tre anni fa, quando ho proposto un intervento del genere al direttore del Parco Nazionale dei Sibillini, l’idea è stata accolta con un sorrisetto e archiviata. Brutto errore.

Terminillo, canale Pietrostefani
Terminillo, canale Pietrostefani (Photo Stefano Ardito)

Le aree protette, in qualche caso, hanno anche una responsabilità più diretta. L’idea del Parco  Nazionale Gran Sasso-Laga di togliere le corde fisse dalla normale della Vetta Orientale del Corno Grande rischia di fare danni solo in estate. La Riserva Naturale del Velino, invece, ha vietato di percorrere il Canalone Sud del Velino, per decenni la via normale invernale della montagna, per evitare danni alla vegetazione pioniera dei ghiaioni. Una motivazione discutibile in estate, quando per tutelare le piantine basterebbe un divieto di uscire dal sentiero segnato. E assurda d’inverno, quando sui ghiaioni c’è la neve.

Personalmente, d’inverno, passo quasi ogni anno per il Canalone. Come autore di guide, continuo a suggerire, se necessario, di salire e soprattutto di scendere da lì. Invece, dopo vent’anni di divieto, il Canalone è stato dimenticato da molti escursionisti, e in particolare dai giovani. Con la bufera che arrivava da nord, Pierfancesco Fremiotti e i suoi occasionali compagni non avrebbero dovuto dirigersi nella nebbia verso il Monte Sevice, ma abbassarsi a sud per la via più facile e riparata. La Forestale, in Abruzzo, ha un Soccorso Alpino che lavora benissimo. Ma gestisce anche la Riserva del Velino, e se qualcuno scende per un itinerario troppo difficile ha anche un po’ di responsabilità. Non è meglio cambiare le regole prima che accada qualcosa di grave?

 

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