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Invernale al Nanga Parbat, Simone Moro e Denis Urubko al campo base

Campo base Nanga Parbat (Photo Matteo Zanga  - simonemoro.gazzetta.it)
Campo base Nanga Parbat (Photo Matteo Zanga - simonemoro.gazzetta.it)

SKARDU, Pakistan — “Dalla valle Diamir abbiamo visto bene il versante del Nanga Parbat che intendiamo salire. Le condizioni della parete sembrano maledettamente asciutte, secche, senza neve. Ghiaccio verde lungo tutta la via Kinshofer…Questa non è una bella cosa”. Queste le parole si Simone Moro, che insieme al compagno di spedizione Denis urubko, è arrivato il 3 gennaio al campo base del colosso himalayano posto a 4230 metri di quota. I due alpinisti, che tra poche settimane tenteranno di compiere la prima salita invernale della montagna, esamineranno le condizioni della parete e se dovessero confermare le prime osservazioni, potrebbero scegliere di cambiare la via di salita.

Moro e Urubko sono partiti dall’Italia il 26 dicembre. Il 29 hanno raggiunto Skardu, poi la cittadina di Chilas e infine Halala, da dove hanno cominciato il primo giorno dell’anno nuovo il trekking verso il campo base del Nanga Parbat, aiutati da una carovana di 61 portatori. Lungo il cammino hanno avuto modo di ammirare il colosso, con i suoi 8125 metri, la nona montagna più alta della terra. Dapprima hanno visto la parete Rakiot, poi hanno girato fino al versante Diamir, il nord ovest, lungo cui sale la via Kinshofer, che è considerata la via classica di salita.

La carovana dei portatori (Photo Matteo Zanga - simonemoro.gazzetta.it)

Proprio lungo la normale avevano in programma di arrivare in vetta Moro e Urubko, ma le condizioni della montagna, dalle prime osservazioni, non sembrerebbero le migliori. Secondo quanto scrive sul blog della spedizione l’alpinista bergamasco infatti, la parete presenta ghiaccio verde e poca neve, il che vorrebbe dire maggiori difficoltà nella salita. I due scalatori nei prossimi giorni si acclimateranno su una cima vicina, Ganalo Peak, da cui contano di valutare meglio la via migliore di salita al Nanga.

“Sono molto soddisfatto di come sono andate sin quà le cose e dell’organizzazione del campo base – ci dice Simone Moro in un breve contatto -. Proprio come avevo preparato che fosse”. L’alpinista italiano infatti, prima di partire aveva pagato dei portatori affinché costruissero un rettangolo di muri in pietra che fungessero da pareti protettive intorno alla loro tenda.

 

Info: http://simonemoro.gazzetta.it

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