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Manovra di Ferragosto, i comuni: gravi tagli alla montagna

Valle Maira (Photo vallidicuneo.net)
Valle Maira (Photo vallidicuneo.net)

ROMA — “I piccoli comuni saranno ridotti ad alpeggi: potete dire addio alla montagna”. Sono le amministrazioni locali e le Comunità montane ad alzare la voce contro la manovra di Ferragosto messa in campo dal governo per combattere la crisi e ridurre il debito pubblico.

In Italia il territorio dev’essere libero di governarsi, con le sue risorse e le sue potenzialità. Eliminare le piccole realtà equivale ad ucciderle, bloccando lo sviluppo locale. Questo, in sostanza, il discorso dei sindaci dei piccoli comuni montani e delle realtà locali che, grazie alla manovra d’emergenza approvata in questi giorni dal Governo, saranno probabilmente eliminati per risparmiare sulla spesa pubblica: verranno infatti azzerate – o meglio accorpate – tutte le municipalità con meno di 1000 abitanti. Secondo calcoli sommari, due terzi di queste località si troverebbero sulle Alpi.

“Questo provvedimento vorrebbe colpire le poltrone – ha detto all’agenzia Asca Enrico Borghi, vicepresidente dell’Anci e presidente dell’Uncem – ma in realtà mortificherà il prezioso lavoro volontario che, nei piccoli comuni, senza compenso, gli amministratori locali eletti dalla popolazione compiono per la manutenzione del territorio e la coesione sociale. L’unico risultato sarà uno Stato ancora più lontano dai cittadini”.

“Siamo noi a subire i danni più grandi di questa manovra – dice Pierangelo Carrara, presidente della Comunità montana Valsesia -.. I nostri Comuni saranno ridotti ad alpeggi. Voglio sperare che ci sia un vero coordinamento di servizi per tutelare la montagna dallo spopolamento. Sono molto preoccupato”.

“54mila poltrone eliminate? – dice il presidente della Comunità montana Terre del Giarolo Vincenzo Caprile – Forse il Governo non sa che i nostri consiglieri e i nostri assessori prestano gratuitamente la loro opera. Se viene meno questo volontariato amministrativo, viene meno la difesa del territorio. Bastava tenere le municipalità e accorpare obbligatoriamente i servizi, come è avvenuto in Francia. Non serviva altro al nostro Paese, al Piemonte. Invece si è fatto un pasticcio”.

“Ci togliete i servizi – dice il presidente della Comunità montana Valli Grana e Maira Roberto Colombero, sindaco di Canosio -, non vediamo la tv, non abbiamo le poste, non abbiamo le strade… ora ci togliete i municipi? Allora non chiedeteci più 1 euro. Diciamo ai nostri governanti: che ne direste se l’oro blu non ve lo regalassimo più? Che ne direste se ci fosse un black out al giorno perché qualche traliccio improvvisamente cade? Provate a venire a vivere quassù, vengano a vedere gli ex Comuni accorpati che fine hanno fatto: deserto. Fine di tutto. In Valle Maria si passa da 14 a 5 Comuni. Ma la verità è che le amministrazioni che costano non si toccano, quelle che vivono di volontariato civile vengono azzerate”.

La paura è tanta, insomma. Ma d’altro canto vien da chiedersi se un cambiamento radicale non possa anche per certi versi rivelarsi positivo per la montagna italiana, la cui realtà economica e sociale, al momento, non si può dire fiorente se non per le regioni autonome. Localismi eccessivi, conflitti di interesse latenti, personalismi e mancanza di apertura agli investimenti e allo sviluppo sono ferite aperte nei paesi di montagna, che spesso “sopravvivono” anzichè svilupparsi. Che cosa accadrà è difficile prevederlo. Ma il dibattito è aperto.

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