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Centrali idroelettriche, la polemica non è solo italiana: i casi di Austria e Francia

Centrale idroelettrica La Clusaz ad Allion (Photo courtesy www.ceg-energia.it)
Centrale idroelettrica La Clusaz ad Allion (Photo courtesy www.ceg-energia.it)

VIENNA, Austria — Lo sviluppo delle centrali idroelettriche è di interesse pubblico prioritario. Questa la decisione del parlamento austriaco, che nei giorni scorsi ha modificato la legge esistente sulla gestione e l’organizzazione del mercato elettrico favorendo l’espansione dell’energia idroelettrica, considerata tra le fonti “rinnovabili”. La polemica è scoppiata immediatamente e gli ambientalisti si appelleranno alla Commissione europea.

Gli ambientalisti dell’Umweltdachverband temono che questa decisione permetta di realizzare centrali e derivazioni senza controllo, con danni alla natura, all’ambiente e ai cittadini. Sostengono che sia precipitosa e anche in contrasto con la normativa europea sulle acque. Da qui la decisione di appellarsi alla Commissione Ue, perchè intervenga sulla questione.

Secondo dati del Dachverband diffusi dalla Cipra, in Sudtirolo “il 97,26% dell’energia idroelettrica viene prodotta da 27 grandi e 77 medie centrali. Le 641 piccole centrali idroelettriche contribuiscono solo al 2,74% della produzione di energia elettrica, e quindi in pari misura alla riduzione delle emissioni di CO2. Poiché la produzione di energia del Sudtirolo ammonta già a parecchie volte il proprio fabbisogno energetico, ogni nuova centrale serve solo ad aumentare i profitti dei proprietari”.

La polemica, in realtà, ha radici profonde nel passato. E’ di qualche mese fa la campagna con il Wwf per fermare lo sfruttamento degli ultimi corsi d’acqua austriaci rimasti in condizioni naturali o quasi naturali, e per dichiarare le aree protette off limits per il settore energetico ed edile. “Le piccole centrali idroelettriche producono poca energia elettrica ma danneggiano massicciamente la vita nei corsi d’acqua – dicono gli ambientalisti -. Si può ottenere di più puntando sull’obiettivo essenziale del risparmio energetico, modernizzando e migliorando l’efficienza delle centrali esistenti e attraverso una rigorosa valutazione del potenziale idroelettrico realmente disponibile”.

Diverso il caso francese, dove sono state definite delle percentuali molto chiare sulla quantità di energia da produrre per via idroelettrica, in accordo con tutti gli stakeholders, che hanno firmato una “Convenzione sullo sviluppo sostenibile dell’energia idroelettrica collegato alla rinaturalizzazione degli ambienti acquatici”. La convenzione obbliga a rinnovare le centrali esistenti portandole a standard attuali e a smantellare quelle inefficienti. Anche qui, però, c’è chi non è d’accordo: France Nature Environment sostiene che ci siano già abbastanza centrali e che sia assurdo voler raggiungere un 23% di produzione di energia idroelettrica entro il 2020 sia troppo alta, quando oggi siamo sul 12 per cento.

D’altro canto, molti ricercatori non vedono un futuro roseo per la produzione idroelettrica. Secondo i dati presentati al convegno di Megève qualche anno fa, le montagne perderanno progressivamente la capacità di accumulare acqua a causa del cambiamento climatico, la diminuzione delle precipitazioni nevose e l’aumento delle piogge. D’inverno, già ora, aumentano le portate dei fiumi, mentre d’estate si riducono a un livello insufficiente: entro 40-50 anni la produzione di energia idroelettrica potrebbe diminuire del 15 per cento.

La Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi CIPRA ha elaborato un dossier con una relazione di approfondimento e diverse informazioni addizionali in tema di energia idroelettrica nelle Alpi, che può essere consultato al sito http://www.cipra.com (de/fr/it/sl/en).

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