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Moro e compagni a campo 3: dalla cima ho chiamato Wielicki

Simone Moro, Cory Richards e Denis Urubko (Photo courtesy www.gazzetta.it)
Simone Moro, Cory Richards e Denis Urubko (Photo courtesy www.gazzetta.it)

ISLAMABAD, Pakistan — “Siamo a campo 3, è stata durissima: a mezzogiorno è cambiato il tempo e non si vedeva a un metro. Ma stiamo bene… e sono così contento!”. E’ arrivata a sorpresa, qualche minuto fa in redazione, la telefonata di Simone Moro dai 6.900 metri di campo 3 sulle pendici del Gasherbrum II: la montagna che lui, Denis Urubko e Cory Richards hanno appena salito, siglando la prima invernale di tutti gli ottomila del Karakorum.

“Che sfacchinata ragazzi – dice Moro, ancora con il fiatone, finalmente dentro la tenda di campo 3 -. Non arrivavamo più su: siamo partiti molto bassi, da 6.900 metri, e ci sono volute quasi nove ore di salita. Ma siamo qui tutti e tre ora, stiamo bene, nessuno ha congelamenti e ce l’abbiamo fatta. Sono davvero felice”.

“Un ringraziamento particolare va a Karl Gabl – prosegue Moro -. Solo per lui siamo partiti nel mezzo della tormenta e abbiamo continuato a salire per due giorni con condizioni brutte. Aveva previsto una finestra di un giorno e mezzo, noi ci siamo proprio fidati… e ci siamo riusciti”.

Il prezioso aiuto del meteorologo è stato fondamentale, ma il gruppo è stato capace di rispettare alla lettera i tempi prefissati. “E’ vero – risponde l’alpinista -. E’ una grande soddisfazione questa vetta, dopo 25 anni di tentativi in Karakorum andati a vuoto. Quando siamo arrivati in vetta non ne avevamo quasi più. Adesso è la quarta notte in quota, domani scendiamo verso il base, dovremmo farcela anche se il tempo sarà brutto”.

Tanta fatica, dunque, ma anche una gioia incredibile. Tre invernali, come Jerzy Kukuzcka eKrzysztof Wielicki. “Sì, è vero – ammette Moro sorridendo – e per tutte e tre le spedizioni ho sempre voluto partire dopo il 21 dicembre per evitare ogni sorta di appunto. Ho chiamato Wielicki, gli ho detto che era in cima insieme a noi. Ho apprezzato tanto quando a Bressanone ci ha indicati come il futuro dell’alpinismo”.

Ma questa, in fondo, è soltanto la realtà. Ora per Moro e compagni è tempo di riposare, ancora per una notte al freddo e in quota. Domani, dal campo base in poi, li attendono i festeggiamenti.

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