Alpinismo

Fay Manners e Solenne Piret aprono Win Oumalou, in Marocco

Le due scalatrici hanno aperto questa interessante via sullo Jebel Inslif. Per la Piret, nata senza entrambe le mani e cinque volte campionessa del mondo di para-climbing, si tratta di un consistente balzo in avanti sulle grandi pareti

Una coppia inedita ma subito capace di fare scintille. Fay Manners e Solenne Piret, campionessa di paraclimbing, si sono incontrate per la prima volta durante un meeting degli atleti The North Face, dove hanno scoperto un’affinità naturale. Da lì l’idea di aprire insieme una via a più tiri, che si è poi concretizzata nelle scorse settimane.

Entrambe sognavano da tempo di scalare a Taghia, in Marocco, così la Manners si è recata sul posto per una prima ricognizione delle pareti. Nell’occasione ha incontrato Kris Erickson, che l’ha aiutata a individuare un versante esposto a ovest che avrebbe beneficiato del sole pomeridiano. All’arrivo di Solenne, si sono dirette verso quella parete in gran parte vergine sopra il piccolo villaggio di Zaouia, dove la roccia liscia ha dato loro la libertà di scegliere una linea che unisse bellezza e creatività. In sei giorni, hanno aperto Win Oumalou, una via multi-tiro di 185 metri, completamente spittata, sul Jebel Inslif.

La preparazione della via

La Piret, cinque volte campionessa del mondo di para-climbing, si è costantemente spinta oltre l’arrampicata agonistica puntando a obiettivi alpinistici. Dopo aver scalato in libera la Via degli Svizzeri sul Grand Capucin l’anno scorso, è arrivata in Marocco immaginando di chiodare la sua prima via dall’alto verso il basso. Ma Fay, con esperienza nell’apertura di nuove vie su diverse catene montuose e tipi di roccia, aveva altri piani. L’idea era di aprire la linea in vero stile bottom-up: scalare tutto tra gli spit, usando solo un hook o un friend per sedersi brevemente mentre si piazza ogni spit, e senza mai usare protezioni artificiali per salire la via. Per Solenne, è stato un enorme passo verso l’ignoto. Con soli due giorni di pratica su un tiro corto, la Piret ha continuato ad aprire vere e proprie sezioni della via dal basso, adattandosi e scoprendo cosa significasse costruire una via un movimento e uno spit alla volta. Fay, a sua volta, si è trovata benissimo in questo ambiente esplorativo. Ha scalato da capocordata il lungo tiro di 7a sul pilastro, agganciando e spittando da posizioni precarie che richiedevano la massima compostezza. Sebbene l’arrampicata fosse alla sua portata fisica, l’intensità mentale di bilanciare prestazione e spit, ha messo anche lei a dura prova.

La salita

Win Oumalou intreccia un ampio spettro di stili: una delicata placca tecnica, una traversata in fessura sotto un tetto, un sorprendente tiro verticale su un sottile pilastro e un’ultima fessura in diedro che porta in cima alla via. Le due alpiniste lavoravano in modo efficiente ogni pomeriggio quando la parete veniva raggiunta dal sole: iniziavano la giornata al freddo, con piumini e guanti, prima di riscaldarsi con la luce man mano che salivano più in alto. Dopo aver attrezzato la linea per le calate in corda doppia e aver segnato una discesa percorribile con degli ometti di pietra, sono tornati l’ultimo giorno per scalare in libera l’intera via, confermandone il grado e godendosi appieno il flusso di ciò che avevano creato.

“Win Oumalou”, ovvero Dalle Ombre: un nome che racconta tante storie

Il nome Win Oumalou, che significa “Dalle Ombre” nella lingua locale Tamazight, riflette sia il ritmo quotidiano del loro lavoro sia la storia più profonda dietro la loro collaborazione. Iniziavano ogni giornata tremando all’ombra, arrampicandosi alla luce del sole mentre aprivano nuovi orizzonti. Ma il nome sottolinea anche come né Fay né Solenne provenissero dai soliti percorsi che portano a diventare scalatrici professioniste. Fay è cresciuta nelle pianure del Bedfordshire, lontano dalle montagne. Solenne è nata senza due mani, il che rendeva l’arrampicata un futuro improbabile. La loro collaborazione in Marocco ricorda che gli inizi non determinano i risultati e che la luce spesso arriva dopo essersi impegnati nella scalata.

 

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