Piolets d’Or 2025: al via l’evento alpinistico dell’anno
La crème mondiale delle terre alte è già radunata a San Martino di Castrozza. Attesa per Benjamin Védrines


È iniziato ieri, martedì 9 dicembre, il conto alla rovescia per la serata di premiazione dei Piolets d’Or 2025, nell’ormai consolidata cornice di San Martino di Castrozza (TN). All’ombra delle Pale, la crème dell’alpinismo internazionale si è data appuntamento anche quest’anno per una tre giorni di montagna, serate, eventi ed esperienze nata grazie al connubio fra il Groupe de haute montagne (GHM) e l’Azienda per il Turismo San Martino di Castrozza. Un appuntamento che culminerà nel gala di premiazione previsto domani sera.
Giunti da poche ore nella località trentina, ci accorgiamo subito di quanto una strana quiete sembri ammantarne le strade. La prima persona che incontriamo, seduta in un bar del centro, è niente meno che Victor Saunders. L’alpinista britannico, presidente dell’Alpine Club inglese dal 2020 al 2022, è stato autore nel 1987 del celebre Golden Pillar sulla parete nord-ovest dello Spantik, nella valle dell’Hunza in Karakorum: cima salita insieme all’inseparabile compagno di cordata Mick Fowler, che fu per ben tre volte Piolet d’Or. Una carriera strepitosa quella del duo britannico, arrestatasi bruscamente con la malattia di Fowler. Ma mai realmente fermatasi, anche ora che entrambi stanno superando la soglia dei settant’anni.
Quello di riuscire a mantenersi in attività tanto a lungo è forse il sogno di tutti gli alpinisti premiati quest’anno, la maggior parte dei quali è giovanissima, nondimeno capace di exploit già molto notevoli. Ci sono le slovene Anja Petek e Patricija Verdev, che con la loro prima ascensione del Lalung I, nella remota regione dell’Himalaya indiano, hanno conquistato la menzione speciale per l’alpinismo femminile. Ci sono gli statunitensi Spencer Gray, Ryan Griffiths e Matt Zia, forse i personaggi dal profilo più basso di quest’edizione ma capaci di portare a compimento l’ascesa alla cresta sud-ovest del Kaqur Kangri, nell’Himalaya nepalese, scalata lungo una via elegantissima, aperta in uno stile pulito e che include un alto livello di esplorazione, «dimostrando così – a detta della giuria – che esistono ancora molte mete inviolate ed impegnative in regioni poco frequentate dell’Himalaya». Ci sono poi Aleš Česen e Tom Livingstone, in grado di spingersi fino alla soglia di quota Ottomila su una cima poco frequentata come il Gasherbrum III, aprendovi una via lunga, difficile e di grande impegno, optando per uno stile alpino leggero. Ci sono gli americani August Franzen, Dane Steadman e Cody Winckler, che verranno premiati per la loro salita allo Yashkuk Sar nel Karakorum pakistano, estremamente complessa per la penuria di informazioni che i tre avevano a disposizione. Infine, ma non da ultimo, la leggenda russa Alexander Odintsov, che riceverà il premio alla sua brillante carriera, durante la quale ha ridefinito l’alpinismo post-sovietico, portando l’arrampicata russa su big wall in nuovi continenti. Sua, ad esempio, la paternità della direttissima alla parete nord dello Jannu, via che gli è valsa il Piolet d’Or nel 2004 e che ha ispirato la successiva generazione di alpinisti, inclusi gli statunitensi Cornell, Marvell e Rousseau, vincitori anch’essi di un Piolet d’Or, lo scorso anno, per aver scalato nel 2023 la stessa parete in stile alpino. «Ma la nostra via, la Direttissima dei russi, resta comunque, in stile alpino, qualcosa di irripetibile» commenta oggi Odintsov.
C’è poi grande attesa per un ospite che ancora non si è palesato in quel di San Martino: Benjamin Védrines, polivalente fuoriclasse francese, vincitore di una menzione speciale per gli strabilianti exploit degli ultimi anni. Dalla trilogia delle grandi pareti nord alpine (Eiger, Grandes Jorasses e Cervino), scalate lungo le loro direttissime e portata avanti nel 2022 con Leo Billon e Seb Ratel, al nuovo record di velocità sul K2 siglato lo scorso anno, senza ossigeno supplementare e con tanto di prima discesa in parapendio dalla vetta.
Tutte performance al contempo diverse e analoghe da quella cui era dedicata la prima serata di questi Piolets, focalizzata sull’alpinismo in Dolomiti, con la proiezione del nuovo film documentario firmato da Emanuele Confortin, dal titolo 100 Solleder-Lettenbauer. Il tema è facilmente intuibile: i cent’anni della storica via al Civetta, primo sesto grado delle Dolomiti, aperta dai due alpinisti tedeschi il 7 agosto del 1925. Di certo è risultato ancora più commovente ricordare questa via a pochi giorni dalla scomparsa di Roberto Sorgato, arrampicatore bellunese capace nel 1963 di siglare la prima ripetizione invernale dell’itinerario. La Solleder-Lettenbauer è stata all’epoca una realizzazione senza precedenti: caratterizzata da uno sviluppo di più di 1.100 metri, su una roccia costantemente verticale, esposta a nord e ricca di notevoli difficoltà tecniche. Il tutto poi risolto in giornata, con una “corsa” dall’attacco alla cima senza ricorrere al bivacco, soluzione inevitabile per molti dei successivi ripetitori. Insomma, una salita che il Piolet d’Or l’avrebbe decisamente meritato, se solo gli “Oscar” dell’alpinismo fossero già esistiti allora.



