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Così i primi sci arrivarono a Cortina e nelle Dolomiti

A poche settimane dall’inizio delle Olimpiadi ripercorriamo gli anni della scoperta dello sci come attrezzo sportivo alle nostre latitudini

Lo sci ha cambiato radicalmente l’approccio alla montagna d’inverno. Quei mesi che dai valligiani erano accolti con la pazienza di chi sapeva affrontare con dignità e orgoglio la fatica del vivere, vedevano una nuova luce. Con l’avvento dello sci nelle località più fortunate che per prime vennero in contatto con quelle due assi di legno strette e lunghe con le punte all’insù, la stagione invernale si rivelò progressivamente una nuova fonte di reddito.

Non che gli sci fossero una novità in assoluto, se è vero che gli sci, utilizzati per gli spostamenti nelle terre piatte del Nord, precedettero addirittura di circa 3000 anni l’invenzione della ruota.  Infatti il più antico reperto archeologico finora venuto alla luce è uno sci di legno risalente a circa 8000 anni fa, trovato in una torbiera in Russia, vicino al lago Sindor. Ma nelle vallate alpine non si venne sostanzialmente a sapere nulla degli sci finché non si arrivò a una loro conoscenza diretta, toccandoli con mano.

E se parliamo dello sci moderno (che ebbe i suoi natali in Norvegia già nella prima metà dell’Ottocento) bisognerà attendere la fine del XIX secolo per il suo approdo sulle Alpi.

Il fotografo e il maestro di scuola

Se poi parliamo delle Dolomiti, fu la Val Gardena ad avere la primogenitura nel veder scivolare sulla neve un paio di sci.  Merito di Emil Terschak, nato a Vienna nel 1858, figlio di Adolf, un direttore d’orchestra della Moravia. La professione del padre lo porta a seguirlo nei suoi viaggi in Europa. Lui ama dipingere e fotografare. Ma ama soprattutto la montagna. Dopo il matrimonio a Monaco di Baviera con Henriette Friederike Stemmel nel 1892 scopre lo sci durante un viaggio in Norvegia. Lo colpiscono gli sciatori che scendono dai pendii innevati con ai piedi quegli attrezzi di legno e con gli stessi si muovono disinvoltamente in lunghe escursioni. Impara a sciare, il telemark e il cristiania.   Decide di lasciare Monaco e di trasferirsi sulle Alpi. Approda in Val Gardena nel 1893 portando con sé gli sci e, divenuto fotografo di professione, scatta le fotografie delle prime escursioni con gli sci sull’Alpe di Siusi. «In quegli anni Terschak è già un provetto sciatore – come scrive Riccardo Decarli- tra l’altro è membro del direttivo del Münchner Schneeschuhverein. Nel 1896 è tra i fondatori del “Club degli slittini” con sede nell’Albergo Posta di Ortisei.» Ai primi del Novecento poi si trasferisce con la famiglia a Cortina dove suo figlio Friederik diverrà uno dei principali artefici del successo sportivo e turistico della Regina delle Dolomiti.

Nel frattempo però nel 1894 gli sci erano giunti nella valle d’Ampezzo, per la prima volta, seguendo un’altra via. Accadde quasi per caso.  Fu un insegnante assunto dall’Imperial Regia Scuola d’Arte (oggi Liceo artistico) a portarne un paio dalla regione di cui era originario: i monti Sudeti in Moravia (attuale Repubblica Ceca), all’estremità dell’Impero asburgico di cui anche Cortina al tempo faceva parte.  Il suo nome è Agostino Kolitsch (ma lo si trova anche in alcune cronache come Kolich o italianizzato Colic). La scuola era molto rinomata, conosciuta nell’impero soprattutto per i lavori in legno e per quelli in filigrana d’argento. Kolitsch venne assunto nel 1883. Dieci anni dopo, nel maggio del 1893 il maestro venne incaricato “per il collocamento a posto” degli oggetti destinati all’Esposizione di Innsbruck dove la partecipazione ampezzana ebbe così grande successo che persino l’imperatore Francesco Giuseppe lodò i lavori esposti, come si legge nel bel libro su L’istituto d’Arte di Cortina d’Ampezzo di Roberto Pappacena (Edizioni Dolomiti, 1988). E nel Natale successivo un ulteriore diploma d’onore venne conferito alla scuola dal Kunst-gewerbe-Verein di Vienna, il museo per l’arte e per l’industria, per i lavori esposti nella capitale austriaca. Questo per dire della rinomanza di quella scuola che accolse il baffuto maestro di disegno industriale e falegnameria con i suoi sci. Era il 1894, secondo quanto viene tramandato, quando Kolitsch di ritorno da un viaggio nella sua terra natale, ne portò con sé un paio.

Degno di nota è anche il fatto che nel 1887 uno studente di Praga si fece spedire dalla Norvegia un paio di ski, non senza incontrare difficoltà per sdoganali e facendoli passare per un paio di remi, visto che i doganieri austriaci non conoscevano la parola ski. Fatto sta che sette anni dopo quell’episodio, quelli strani attrezzi dalle punte all’insù, provenienti dalla Moravia, e indirettamente dalla Norvegia, fecero la loro prima apparizione in Ampezzo (diciamo Ampezzo perché Cortina d’Ampezzo è un toponimo nato solo nel 1923).

La tecnica della _raspa_ (da Guido Oddo, Il libro dello sci , Arnoldo Mondadori, 1975)

Per Cortina è l’inizio di una nuova era

Non ci volle molto perché gli abili falegnami ampezzani si ingegnassero nel riprodurre e nel migliorare gli sci. Sperimentarono modelli costruiti con vari tipi di legno passando dall’abete, al faggio, al frassino, per capire quale fosse il più resistente ed elastico. Un certo Cesare Menardi Malto, che aveva fama di essere un abile costruttore di carrozze, si distinse anche nella costruzione degli sci, con ordinativi che gli giunsero anche da altre località del Tirolo. I primi attacchi erano vecchie scarpe, lasciando della tomaia un pezzo in punta che veniva fissata allo sci, dove si infilava il piede, e un pezzo di tallone che veniva legato al piede con cinghie e cordicelle. Col tempo si montò una molla di filo d’acciaio come puntale e un pezzo di una vecchia falce sotto la suola come talloniera, che veniva legata alla scarpa. Principio da cui poi si sviluppò il famoso modello di attacchi del colonnello “Bilgeri”, adottato dall’esercito austriaco e da tutti gli sciatori per decenni.

In breve tempo il nuovo sport prese piede e venne il momento di disputare la prima gara. L’esordio agonistico, ma anche scherzoso delle competizioni sciistiche in Ampezzo avvenne probabilmente l’ultima domenica di carnevale del 1901. A sfidarsi un gruppo di ragazzi, una ragazza e due giovani donne, l’inglese May Peyton Norman Neruda e Heuriette Stremmel Terschak (la moglie di Emil). La ragazza era Wilma Neruda, sorella di May. Il breve percorso di gara si sviluppava sui prati a monte dell’attuale Hotel Majoni. Si iniziava con una breve salita, in cima si girava attorno a un paletto e quindi si tornava in discesa verso il traguardo. Si conosce anche il nome del vincitore: un ragazzo, Angelo Alverà Dipol, che si fece prestare gli sci in dotazione alla sezione Ampezzo del Club alpino tedesco-austriaco dalla guida alpina Simone Ghedina Frajo, detto Simonuco, di professione guardaboschi. L’intero paese partecipò a quell’evento. L’abbigliamento era quello di tutti i giorni, ma più curato per le signore in gonna. Tutti indossavano il cappello. All’inizio si sciava aiutandosi con un lungo bastone, l’Alpenstock, con il puntale di ferro, adottando per curvare e frenare la tecnica della “raspa”.

Il Club Sportivo-Sportclub Ampezzo

Nel 1903, venne fondato quello che molti anni dopo, nel 1930, si sarebbe chiamato Sci Club Cortina, e che sarebbe diventato uno dei più titolati della nostra nazione. Il nome originario era Club Sportivo-Sportclub Ampezzo, nella doppia dizione in italiano e tedesco. Non si limitava solo allo sci ma comprendeva tutte le discipline sportive che allora si praticavano d’inverno, quindi anche lo slittino e il pattinaggio su ghiaccio. Lo stemma ovale di metallo smaltato riportava oltre alla data e alle diciture sopra indicate, al centro il simbolo della Magnifica comunità d’Ampezzo: una torre tra due abeti uniti da una catena. I soci all’inizio erano 40, loro scopo era quello di promuovere gli sport bianchi. Solo nel 1908 le due sorelle inglesi portarono in Ampezzo i due bastoncini che sostituirono l’Alpenstock, introducendo così una nuova tecnica dello sci. Nel frattempo iniziarono anche le gare di salto sulla collina di Zuel, da modesti trampolini realizzati con la neve. Seguirono fino allo scoppio della Prima guerra mondiale altre competizioni, alcune persino di carattere internazionale per la partecipazione di sciatori bavaresi.

Questi sono i primi passi nelle Dolomiti di quello che diverrà il fattore trainante del turismo invernale, portando lo sci a diventare progressivamente lo sport di massa che conosciamo. Un percorso che ha vissuto tante altre tappe affascinanti e che solo nel tempo ha visto differenziarsi le varie discipline dello sci nordico e alpino. Gli sci dei pionieri erano più o meno sempre gli stessi, utilizzati per le discese, per muoversi su terreni pianeggianti, per salire e per saltare. Le piste, come le conosciamo oggi, non esistevano.  Si sciava sulla neve fresca e i tracciati si formavano spontaneamente dal ripetuto passaggio degli sciatori. Decisamente un altro mondo.

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