Le “autostrade” dimenticate della Val d’Ossola. Dove si cammina nella storia
Da frequentate vie per merci e genti di ogni tipo a semplici, quanto interessanti, mete per escursionisti. I valichi delle valli Formazza e Antigorio sono stati testimoni di vicende importanti. Ve le raccontiamo noi
Incastonata fra Vallese e Canton Ticino, la Val Formazza è l’estremo lembo settentrionale del Piemonte. I laghi artificiali e le dighe per la produzione di energia idroelettrica, realizzati nel Novecento, fanno parte del paesaggio montano familiare a chi frequenta questa zona. La Val Formazza è anche la prima area in Italia in cui nel XIII secolo si insediarono i Walser, popolazione germanofona proveniente dal Vallese. Nessuno meglio di loro, gente abituata a sopravvivere in alta montagna, poteva colonizzare una valle circondata da cime oltre i tremila metri, trovando i punti di passaggio adatti per mantenere le comunicazioni e gli scambi commerciali con le terre elvetiche. Oggi la strada carrozzabile giunge fino a Riale (1718 m). Per andare in Vallese, più a sud c’è il Sempione. In Canton Ticino, si giunge comodamente con la strada che passa dalla Val Vigezzo e dalle Centovalli. Non si passa più dalla Val Formazza, che è diventata una valle a fondo cieco. Ma fin dal Medioevo mercanti, soldati, viandanti e contrabbandieri utilizzavano altri passi, percorsi oggi quasi dimenticati perché non accessibili alle auto e soppiantati da altri valichi dove è stato più facile costruire strade per le carrozze e i veicoli a motore.
Per certi versi, è stata la loro salvezza: i paesaggi montani si sono preservati e oggi sono un paradiso per chi ama il trekking o la mountain bike.
Passo San Giacomo (2313 m)
Il valico del San Giacomo consente l’accesso dalla Val Formazza alla Val Bedretto, la quale a ovest conduce al passo della Novena e al Vallese, a est ad Airolo e al Gottardo, o in direzione sud verso Milano. Era un passo noto ai viaggiatori medievali, ma a utilizzarlo erano soprattutto i formazzini. A partire dal Trecento la piccola era glaciale rende sempre più complicata la vita dei valligiani che vivono di allevamento e agricoltura. Il freddo in graduale aumento diminuisce le rese, rendendo necessario escogitare altre attività. Molti abitanti della Val Formazza diventano someggiatori: trasportano le merci a dorso di mulo al servizio di mercanti, oppure lo fanno in proprio. Come spiegato nell’Inventario del patrimonio immateriale delle regioni alpine, i formazzini acquistano a sud vino, grappa, granaglie, tessuti, sale e l’apprezzato vino piemontese e li portano al mercato di Meiringen, dove vengono venduti o scambiati con formaggi, coltelli, cuoio e altre merci poi proposte al mercato di Domodossola. Il commercio portava denaro, ma gli stati da sempre sono assetati anche di potere. Attraverso il passo San Giacomo, transitano ladri di bestiame provenienti dall’Ossola ma anche le truppe di Uri e Obvaldo, che sconfinano nel Quattrocento in territorio ossolano, tentando per tre volte di occupare Domodossola, parte del ducato di Milano. Soldati svizzeri passano anche dal San Giacomo anche per raggiungere il campo di battaglia di Marignano (1515), che segna la fine del sogno elvetico di allargare i confini a sud.
Il passo San Giacomo torna sotto i riflettori ai tempi di Mussolini. Nel 1925 viene completata l’autostrada che da Milano porta fino a Como, confine con quel Canton Ticino che il Duce aveva adocchiato come possibile zona d’espansione. Benché svizzeri dal 1515, i ticinesi erano di lingua e cultura italiana. Con la scusa della costruzione delle nuove dighe, nel 1928 viene avviata la realizzazione di una strada dalla cascata del Toce verso Riale. Oltrepassata questa frazione di Formazza, procedeva lungo il lago Toggia verso il passo, fermandosi a un paio di chilometri dal confine. Per non destare sospetti, reclutano il celebre architetto Piero Portaluppi che progetta lungo il percorso il Wagristoratore a quota 2318 m, un bizzarro rifugio per i turisti composto da due vagoni ferroviari – uno adibito a ristorante, l’altro ad alloggio – appoggiati su piloni. La struttura apre nel 1930 e prevede l’aggiunta di uno chalet, che non è stato mai realizzato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Wagristoratore viene distrutto dai fascisti per evitare che diventi un punto d’appoggio per i partigiani. Oggi rimangono solo i piloni. Nel frattempo, gli svizzeri non erano rimasti a guardare. I vertici militari sospettano che Mussolini voglia usare la nuova strada per entrare in Svizzera e spingersi verso Airolo e il Gottardo. Ai rifugi già costruiti durante la Prima Guerra Mondiale vengono aggiunte nuove fortificazioni, fortini, bunker per ospitare armi e soldati. Nel 1944, quando cade la Repubblica dell’Ossola, i militari svizzeri aiuteranno i profughi ossolani che tentano di raggiungere a piedi la Confederazione proprio attraverso il passo San Giacomo. La carrozzabile non viene mai realizzata, neppure nel dopoguerra. La parte italiana rimane incompleta, quella svizzera è inesistente. Meglio così: nessun rombo di motori con gas di scarico turba il piacere di sceglie di affrontare il passo, sulle proprie gambe.
Passo del Gries (2469 m)
È il 12 agosto 1397, un giorno destinato a entrare nella storia. Nel piccolo borgo di Münster, in Alto Vallese – vicino a dove sbuca l’odierna strada del passo della Novena – si riuniscono i rappresentanti della Val Formazza e dell’Ossola, di Berna e della valle del Hasli, nonché dell’Alto Vallese, e firmano un accordo. Si impegnano a costruire e mantenere una mulattiera fra Milano e Berna attraverso i passi del Gries e del Grimsel. Il primo, probabilmente già noto in epoca romana, era un valico molto frequentato durante il Medioevo. Dal sud delle Alpi, i mercanti trasportavano armi, vino, riso, tessuti, sale e metalli, mentre dall’Oberland bernese venivano esportati bestiame, formaggi come lo Sbrinz, pelli e i rinomati cristalli dell’Abbazia benedettina di Engelberg, che avevano estimatori fra i nobili e i reali. Il trattato stabilisce dazi e gabelle, ma anche i compiti di ogni firmatario, che si impegna a curare il tratto di percorso di sua competenza. Pur non essendo una delle arterie primarie delle Alpi, il Gries mantiene a livello locale una sua importanza. Fra in personaggi che vi transitano, il ginevrino Horace-Bénédict de Saussure, scienziato e alpinista, che percorre il valico nel 1777 e nel 1783, e il musicista Richard Wagner, che nel 1852 ammira la natura selvaggia e pericolosa del passo, percorso da montanari. Qualche anno dopo, nel 1882, l’antica mulattiera giunge al capolinea. I viaggiatori smettono di utilizzarla e il passo con il suo allora maestoso ghiacciaio viene dimenticato. Sul banco degli imputati, la Compagnia Ferroviaria del Gottardo, che in quell’anno completa la Ferrovia del Gottardo, che congiunge Lucerna a Chiasso, rivoluzionando i trasporti attraverso le Alpi. Il paesaggio che Wagner aveva ammirato muta per sempre nel 1965, quando viene realizzata una diga che ha creato il lago artificiale dove vengono convogliate le acque del ghiacciaio, ormai sempre più ridotto, per produrre energia idroelettrica. I lavori hanno distrutto parte dell’antica mulattiera, che si è tentato di ripristinare nel 2000.
Bocchetta d’Arbola (2409 m)
Questo passo, che si trova più o meno alla stessa latitudine di Valdo in Val Formazza, si raggiunge con un giro più lungo, dalla Val Antigorio. Si parte da Baceno, si giunge all’Alpe Devero (1631 m) poi si costeggia il lago Devero fino a imboccare il sentiero che porta alla Bocchetta d’Arbola, o Albrunpass. Da qui si scende lungo la Binntal fino a Binn e poi a Ernen, in Vallese. Anche questo passo fa parte delle arterie di comunicazione medievali, che oggi sopravvive come via storica per gli amanti del trekking. Perché sia caduta nell’oblio, è presto detto: il colpo finale le è stato dato dal Sempione, dove nel 1805 per volere di Napoleone è stata realizzata e aperta la prima carrozzabile delle Alpi. Un prodigio tecnologico con otto grandi ponti e sette gallerie. Per secoli, dalla Bocchetta d’Arbola sono transitate le stesse merci che passavano per il Gries e il San Giacomo. Tant’è che questa carovaniera era definita la “porta della Lombardia”, ed era più facile da percorrere rispetto al Gries. Ma il passo è stato utilizzato anche a fini militari. Come ricorda il Dizionario Storico della Svizzera, nel novembre del 1425 un gruppo di 2500 di soldati provenienti da Berna e Soletta valica il Grimsel e poi la Bocchetta d’Arbola, evitando il passo di Gries, e giunge a Domodossola per liberare un corpo di militari di Svitto tenuti sotto assedio. Tra il 1484 e il 1515 i confederati e i vallesani tentano a più riprese di conquistare la Val d’Ossola, una vicenda che mette in crisi l’uso commerciale del valico, il cui ruolo viene ridimensionato. Il contrabbando, presente in buona parte dell’area prealpina confinante con la Svizzera, sarà transitato anche dalla Bocchetta d’Arbola. Sicuramente al passo erano diretti i partigiani che il 17 ottobre 1944 salgono sulla funivia che da Goglio porta all’Alpe Devero. Vogliono sfuggire al nemico rifugiandosi in Svizzera attraverso la Bocchetta d’Arbola. Ma la funivia ha un guasto e quando la cabina è costretta a scendere di nuovo al punto di partenza, i partigiani sono accolti dai nazisti, che ne uccidono quattro e fanno prigionieri i sopravvissuti. Uno dei tanti eccidi che hanno segnato la resistenza nelle valli ossolane.