Alpinismo

Natalia Nagovitsyna: soccorritori bloccati dal meteo, fine delle speranze

La scalatrice russa era bloccata dal 12 agosto a 7.150 metri di quota sul Pobeda Peak. Non appena il meteo lo consentirà si cercherà di recuperare anche la salma di Luca Sinigaglia

Natalia Nagovitsyna non tornerà a casa viva. Anche se nessuno ha annunciato ufficialmente la fine delle operazioni di soccorso, le notizie che arrivano dal campo-base del Pobeda Peak non lasciano spazio alla speranza. Il nuovo peggioramento del tempo rende infatti impossibile ogni tentativo di avvicinamento alla sfortunata alpinista russa che dal 12 agosto si trova in una tendina a 7150 metri di quota con una gamba fratturata. Per tentare l’impossibile erano arrivati in loco anche Manuel Munari, Michele Cucchi e Marco Sottile che nei programmi avrebbero cercato di raggiungere l’alpinista bloccata avvicinandosi il più possibile con l’elicottero pilotato da Munari. Il meteo però ha impedito i sorvoli.
Anche una squadra di quattro alpinisti russi – Vitaly Akimov, Andrey Alipov, Sergey Krasovsky e Andrey Novikov – era partita due giorni fa per un ulteriore tentativo di soccorso via terra, ma le condizioni della montagna li avevano costretti a rientrare.

In precedenza si era concluso in tragedia anche il tentativo di Luca Sinigaglia, che pure era riuscito a raggiungere la Nagovitsyna e lasciarle il materiale di cui disponeva per consentirle di sopravvivere fino all’arrivo dei soccorsi. Sinigaglia, come la stessa Nagovitsyna aveva già raggiunto la vetta e si trovava in discesa circa 300 metri a valle della russa. Una volta saputo dell’incidente era risalito per fornirle tutta l’assistenza possibile. Purtroppo, rimase poi bloccato da una bufera e morì il 15 agosto pare a causa di un edema cerebrale, pagando così con la vita il suo generoso gesto.
I soccorritori sono comunque rimasti al campo-base in attesa di un miglioramento del tempo che consenta almeno il recupero delle salme.

Per gli scalatori impegnati sul Pobeda Peak è stata un’estate tragica. Nella prima metà di agosto sulla montagna del Kirghizistan avevano infatti già perso la vita in due distinti incidenti Mehri Jafari e Reza Adineh entrambi di nazionalità iraniana.

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