Alpinismo

Muore sul Pobeda Peak mentre soccorre Natalia Nagovitsyna: la generosità fatale a Luca Sinigaglia

L’alpinista milanese stroncato da un edema cerebrale durante un tentativo di soccorso alla scalatrice russa bloccata in parete dal 12 agosto. Era ripartito dal campo-base dopo avere già raggiunto la vetta

Si chiamava Luca Sinigaglia l’alpinista morto nei giorni scorsi sul Pobeda Peak. La notizia che uno scalatore italiano fosse deceduto sulla vetta più alta del Kirghizistan circolava da giorni, senza però che si conoscessero il nome della vittima e le modalità della tragedia.
Il quarantanovenne milanese, secondo le notizie che arrivano dal paese asiatico, è morto durante un tentativo di soccorso a Natalia Nagovitsyna, l’alpinista russa bloccata dal 12 agosto con una gamba fratturata a 7150 metri di quota.
Sinigaglia, dopo aver raggiunto la vetta ed essere rientrato al campo-base, era partito in aiuto della Nagovitsyna con un alpinista tedesco. Raggiuntala, le aveva lasciato il materiale occorrente per resistere fino all’arrivo (eventuale) degli elicotteri. Una volta in discesa Luca e il compagno sono stati sorpresi da una violenta bufera che li ha bloccati a loro volta a circa 6.900 metri. Qui il Sinigaglia è stato colpito da un edema cerebrale, aggravato dall’ipotermia, che non gli ha lasciato scampo. Il suo corpo è stato collocato al riparo in una grotta, ma le possibilità di un recupero della salma sono quasi inesistenti. In ogni caso in queste ore tutti gli sforzi sono concentrati sul possibile salvataggio di Natalia Nagovitsyna, per la quale è ancora accesa un’esile fiammella di speranza.

La morte di Luca Sinigaglia fa male. Malissimo. Ma il dolore non ci impedisce di alzarci in piedi e rendere onore a un uomo generoso, che è morto da eroe.

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