Alpinismo

Il caso Confortola? “Uno scandaluccio estivo”, afferma Da Polenza

Dal silenzio assordante di tantissimi protagonisti di punta dell’alpinismo himalaiano si fa largo la voce di Agostino Da Polenza, che minimizza la querelle dell’estate. E rilancia

“Ma cosa vuoi che sia, è uno scandaluccio estivo. È roba al pari dei gossip su Raul Bova o su Fedez”. Se Agostino Da Polenza voleva sorprenderci, c’è riuscito. Benissimo. Vero è che il caso Confortola che sta scuotendo il mondo dell’alpinismo in queste settimane sembra essere affare più dei giornalisti e del popolo dei social piuttosto che degli alpinisti. Pochissimi – tra i quali Camadona, Mondinelli e Moro – sono tra coloro abituati a dare del tu agli “ottomila” che hanno espresso pubbliche considerazioni in merito. Ma da qui a derubricare la faccenda a un gossip da ombrellone ce ne passa. Anche perché a Da Polenza non sfugge certamente l’importanza della questione.

Perché se ne parla in questi termini solo adesso?
“Le voci giravano da anni e Marco (ogni volta che nella telefonata ha citato un alpinista ha utilizzato il nome di battesimo) era da tempo semplicemente “sopportato” dai grandi. Questa volta si è spinto troppo in là ed è bastato stuzzicare qualcuno dei più disposti a parlare per scatenare la polemica globale”. Da Polenza si guarda bene dall’entrare nel merito dello scandaluccio e dal commentare le dichiarazioni dell’uno o dell’altro, ha altro per la testa in questo momento.

Si potranno ripetere casi del genere?
“Certo. Da sempre, e anche in questi anni, ognuno racconta quello che vuole, aggiungendo od omettendo di volta in volta dettagli significativi. È sempre successo e accadrà ancora. Anche se con le tecnologie attuali tutto potrebbe essere più chiaro. Oggi in molte occasioni fanno fede i certificati di vetta rilasciati dalle agenzie. Ma si tratta pur sempre di commercianti che potrebbero, uso il condizionale, guardare con occhio troppo benevolo i propri clienti.

Come evitarlo?
“La proposta, non nuova, è quella di darsi delle regole. Non molte, ma chiare e che contribuirebbero a rendere più semplice ogni valutazione e a far diventare più comprensibile l’alpinismo al grande pubblico. Solo l’UIAA – in cui il CAI è da poco rientrata – potrebbe portare avanti e, soprattutto, gestire questa idea. Quali e quante regole? Poche, ma parliamone, così come per individuare le persone a cui spetterebbe la validazione delle salite”.

Una proposta che sembra non piacere per niente.
“Ovvio. La situazione attuale fa comodo quasi a tutti, perché cambiarla? Ma continuo a ritenere che questo sia un passo necessario. Non occorrerebbe ingabbiare o schematizzare alcunché. Sarebbe sufficienti fissare alcuni parametri ben definiti e stabilire che la validazione possa essere effettuata da persone competenti e a prova di dubbi. Perché, mi domando, il CAI non si fa portatore verso l’UIAA della necessità di introdurre alcuni meccanismi in chiesto senso?”

Ma così facendo l’alpinismo non diventerebbe uno sport?
“A me in fondo piacerebbe, questo tema non deve essere un tabù. E, se ci pensi bene, perfino Bonatti era per prima cosa uno sportivo”.

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2 Commenti

  1. Sono contento che – finalmente – contro l’ennesima, stucchevole, polemica alimentata da un protagonismo “fuori tempo, fuori luogo e fuori misura”, che suscita come una unica conseguenza solo perplessità, sconcerto e molto fastidio, si sia levata la voce autorevole di Agostino Da Polenza che coniuga il buonsenso con il realismo. Se occorre mettere ordine e regole precise nel mondo di un alpinismo ormai evidentemente modificatosi nel tempo è giusto che a farlo siano le Organizzazioni che a livello internazionale ne governano le sorti gestionali e la loro narrazione. Certamente il Club Alpino Italiano ha le carte in regola per operare in questa direzione. Bravo Agostino!

  2. Buon giorno, mi pare che questa storia o polemica abbia oramai stufato e superato ogni limite, per quanto mi riguarda a me personalmente non mi interessa niente se hai fatto tutti i 14 ottomila o ne ha saltato qualcuno, io non ero presente sul posto per verificare la certezza della vetta e non mi permetto di criticare o accusare il soggetto in causa, anche tutti gli altri non presenti dovrebbero fare altrettanto. Si critica e si accusa solo per sentito dire e questo non è giusto. Mentre quello che mi sta più a cuore, che mi dispiace e mi rende triste, è notare che il mondo dell’alpinismo che dovrebbe essere una scuola di vita fondato sull’etica, sulla onestà, sulla fiducia, sui principi, sui valori e soprattutto sulla verità, venga sporcato da queste cose. Concludendo, penso che il vero alpinista sia quello che persegue questi valori e che dica sempre la verità su quello che ha fatto o non ha fatto perché alla fine non cambia niente, e poi comunque prima o poi la verità verrà fuori, io non oserei neppure pensare come ci si senta avere il peso della menzogna sul groppone e guardare in faccia i colleghi e coloro che di alpinismo hanno fatto uno stile di vita, quindi caro Marco se hai fatto tutti i 14 ottomila ti faccio i miei più sincere complimenti, se invece hai barato e raccontato bugie, dovresti dirlo con onestà e sincerità scusandoti verso coloro che veramente hanno raggiunto queto pregevole obbiettivo, verso i colleghi guide alpine, e verso il mondo, quello sincero dell’alpinismo il quale ha sempre perdonato tutti. Con sincera amicizia,
    Paolo Bellodis Guida alpina e maestro d’alpinismo di Cortina D’Ampezzo

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