Arrampicata

Capolaterra: la nuova vita di una falesia dimenticata del Lazio

Nel Vallone di Lisciano, ai 750 metri delle pendici del Terminillo, si trova una palestra di roccia completamente rinnovata, con 102 tiri adatti a famiglie, principianti e scalatori che vogliono allenarsi in sicurezza

Immersa nel verde fitto del Vallone di Lisciano – o Fosso dell’Acqua Santa, come ancora lo chiamano i locali- e ai piedi del Monte Terminillo, si trova la falesia di Capolaterra. A quota 750 metri, tra i comuni di Cantalice e Rieti, questo è un luogo fermo nel tempo, con ancora addosso un’aura di storia e tradizione pur essendo stato completamente rinnovato. Si raggiunge a piedi seguendo il sentiero CAI 413, partendo dall’abitato di Santa Croce.

Camminando per circa un chilometro lungo il letto asciutto di un fiume si giunge all’Arzu de Jarone, il monolite più famoso, l’unico a fondo valle. Gli altri – scolpiti nel calcare grigio, massicci e silenziosi – sono sparpagliati tra i due versanti della forra, nascosti in un bosco di cerro, carpino nero, orniello, acero e leccio. Ombra al mattino da un lato, ombra al pomeriggio dall’altro: una falesia scalabile per l’intera giornata estiva. In inverno queste pareti restano spesso umide, soprattutto nei giorni di pioggia, mentre nelle mezze stagioni è consigliabile scegliere una giornata calda e soleggiata per scalare a Capolaterra.

La falesia dimenticata

Il Gruppo Alpinisti Reatini ha scoperto questi monoliti negli anni ‘70. “I massi che punteggiano il fondo del Vallone di Lisciano hanno nomi suggestivi come Lardo del Diavolo, Fila di Pane del Diavolo, Botte del Diavolo. Questi si riallacciano alla tradizionale soggezione che questi luoghi incutevano in passato a coloro che risalivano la valle verso l’alta montagna” scrive negli anni ’80 Roberto Marinelli, frequentatore della prima ora di questa falesia. A partire dalla metà degli anni Settanta, questi massi sono divenuti la naturale palestra degli alpinisti reatini. Negli anni ’80 Enrico Ferri e Alfredo Smargiassi hanno cominciato ad aprire alcune vie, e all’inizio degli anni ’90 la palestra è stata riattrezzata grazie ad un finanziamento del CAI, ottenuto dalla Sezione di Rieti. Alla fine del decennio Capolaterra viene progressivamente abbandonata e dimenticata, mentre si afferma un nuovo tipo di falesia, con gradi più alti e vie consecutive, come le vicine Grotti e Ferentillo.

Nel 2020 qualcosa si muove: Alvaro De Livio – alpinista con una lunga esperienza come istruttore CAI e socio della Sezione di Rieti – si mette in testa il ripristino di questa falesia, con l’idea di renderla adatta alla didattica. Manutenzione della chiodatura, ma anche pulizia dei sentieri e della segnaletica, cura degli accessi alle pareti e molti altri ‘ingrati compiti’, svolti anche insieme a Matteo Santoprete e Paolo Giordani. Nel 2023il CAI di Rieti decide di investire su questa falesia, provvedendo alla verifica, manutenzione e chiodatura di nuovi itinerari con la guida alpina Luca Bucciarelli, che ha anche attribuito i gradi alle vie. “Nel 2020, erano fruibili solamente 4 vie storiche. Altre erano state aperte in precedenza, ma ormai erano quasi tutte ricoperte dalla vegetazione e per lo più dimenticate. Inoltre erano protette con pochi vecchi chiodi da alpinismo, ormai non più affidabili. E’ stato pertanto condotto un lavoro di pulizia e messa in sicurezza di queste vie preesistenti: ho dovuto rimettere mano a tutto e così facendo ho reso nuovamente scalabili una ventina di vie storiche. Le restanti (una ottantina) le ho aperte io tra il 2020 e il 2024”, ha riferito De Livio a Carmela Malomo, scalatrice e amministratrice della piattaforma Climbing Spot Factory.

Capolaterra oggi

Oggi Capolaterra è una falesia completamente rinnovata: 102 vie certificate, suddivise in 16 settori. Ci sono monotiri per bambini, vie per chi inizia a scalare, itinerari per chi vuole esercitarsi su stili “alpini” – diedri, fessure, camini, lame – in un contesto naturale e selvaggio. E non mancano i gradi più impegnativi: si arriva fino al 7b+. Una delle chicche è la via di tre tiri “Via dello Spigolo” (max 5a), sul Pilastro Gabriele Munzi: un’occasione perfetta per un primo approccio al multipitch.

La vera forza di Capolaterra è proprio questa anima didattica. Non solo per i gradi “facili”, ma per la varietà tecnica delle vie, che costringe a usare i piedi, a leggere la roccia, a mantenere equilibrio e precisione. Si scala in aderenza, su liste, su piccoli buchi, raramente su prese generose: perfetto per chi vuole crescere e migliorare. Un settore è attrezzato appositamente per esercitazioni su manovre di corda, e l’intera falesia è segnalata con cura: frecce, cartelli, tabelle tecniche con foto, etichette alla base di ogni via.

Il calcare di Capolaterra è solido, compatto, con zone più pulite e altre più lichenose. Il casco è d’obbligo, come sempre nei luoghi ombreggiati, e il sito invita gli scalatori alla cura condivisa: ai piedi di molte vie si trovano spazzole di ferro e cesoie, con l’invito a contribuire alla manutenzione del luogo.

Oltre la falesia: trekking e montagne

La zona del Terminillo è un piccolo paradiso escursionistico. Dal fondo valle di Lisciano si può salire al Rifugio La Fossa, e da lì scegliere se proseguire verso la Sella Val d’Organo, la Valle degli Angeli, la Cresta Sassetelli, fino alla vetta del Terminillo (2217 m). O, in alternativa, deviare per il nuovo sentiero che porta al Passo del Cavallo.

La zona attorno a Santa Croce è tradizionalmente luogo di villeggiatura per chi viene da Rieti. Ci sono piccoli B&B, trattorie genuine, e in estate le serate sono fresche e silenziose. Un contesto perfetto per abbinare l’arrampicata a una vacanza rilassata, fatta di boschi, roccia, e piccole scoperte.

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