Estate 1884: Michl Innerkofler e Von Eötvös conquistano la Croda da Lago
L’ultima grande cima inviolata delle Dolomiti d’Ampezzo fu raggiunta il 19 luglio 1884 dal nobile ungherese e dalla guida altoatesina

Nella seconda metà del 1800 l’arrivo di Paul Grohmann a Cortina alimenterà anche in Dolomiti la “corsa” alle vette che vedrà protagoniste soprattutto le guide alpine di Cortina e Sesto. I facoltosi clienti, soprattutto viennesi, che raggiungevano Cortina da Dobbiaco potevano permettersi di pagare le migliori guide alpine. Grazie alla presenza costante di clienti importanti come Grohmann, Grünwald, il Barone Von Eötvös e altri, da accompagnatore la guida alpina diventerà un professionista a tutti gli effetti.
In quegli stessi anni si era affacciata nel mondo dell’alpinismo una coppia di viennesi particolarmente dotati e soprattutto spericolati. Erano due giovani fratelli che di lì a poco avrebbero dato inizio a una nuova era: quella delle salite senza guida alpina. Emil e Otto Zsigmondy erano noti non solo per la loro forza e ottima tecnica alpinistica, ma soprattutto perché sembravano sprezzanti del pericolo provando a scalare pareti dove fino a quel momento nessuno aveva pensato di salire. Furono molto criticati per il loro modo di interpretare l’alpinismo da alcuni definita come incoscienza, tuttavia, il loro arrivo nel panorama alpinistico stava alzando non poco l’asticella delle difficoltà. Purtroppo fu proprio “lo sprezzo del pericolo” a esser fatale al più piccolo dei due, Emil infatti perse la vita a soli 24 anni tentando di salire il Monte Meije nel massiccio del Pelvoux in Francia.
Nelle Dolomiti d’Ampezzo una montagna sembrava non volersi concedere alla conquista, la Croda da Lago. In molti avevano tentato la salita sia dal versante occidentale sia da quello orientale, erano nomi importanti e ben noti supportati dalle migliori guide di Cortina: Unterson-Kelso, J. Stafford Anderson e anche i viennesi August Böhm e C. Diener si erano dovuti devono arrendere. La Croda da Lago resisteva a ogni tentativo e anche i cortinesi sembravano aver abbandonato l’idea di salire sulla sua vetta.
Le cime importanti intorno a Cortina avevano ormai tutte un conquistatore, ma le ripide pareti di questa slanciata vetta dalla cresta frastagliata sembravano insuperabili.
A Carbonin c’è una guida di Sesto che era già stato più volte a Cortina per cercare di individuare la linea di minor forza di quelle pareti. Michl Innerkofler non cercava solamente la conquista di un’altra vetta inviolata, ma era affascinato dalla particolarità delle pareti di Croda da Lago. Michl aveva gia dimostrato di essere un forte alpinista raggiungendo per primo diverse vette e il suo nome era legato soprattutto a due cime considerate inviolabili. Le salì entrambe con il fratello Hans: Croda dei Toni (1874) e Cima Piccola di Lavaredo (1881).
La guida di Sesto aveva accompagnato nel 1879 i giovani fratelli Zsigmondy e Julius Kugy sulla Grande di Lavaredo e dall’alto della vetta rispose a Emil, che gli chiedeva informazioni sulla Cima Piccola: “per quella ci vorrebbero le ali”. Ma Michl le ali dimostrò di averle. Emil e Otto Zsigmondy nel1881 dimostrarono le loro grandi capacità alpinistiche, un mese esatto dopo che i fratelli Innerkofler raggiunsero la vetta di Cima Piccola di Lavaredo, furono i primi a salire su Rocca dei Baranci. Al loro rientro alla locanda Zur Post i locali non credevano che ci fossero riusciti davvero, tuttavia, da quel giorno per gli abitanti di Sesto i due giovani diventarono “i Ragazzi dei Baranci – die Haunoldbuben”.
Cinque anni anni dopo Michl Innerkofler si trovava a Carbonin e mentre stava lavorando alla locanda di Georg Ploner, gli giunse la notizia che i fratelli Zsigmondy si stavano recando a Cortina con la determinata volontà di salire per primi sulla cima di Croda da Lago. Ben conosceva le capacità alpinistiche dei “Ragazzi dei Baranci” e il 19 luglio1884, insieme al Barone Roland Von Eötvös suo affezionato cliente e ottimo alpinista, raggiunse di buon mattino le pendici delle pareti di Croda da Lago. Le aveva viste e studiate a lungo sapendo esattamente dove salire.
Traversarono lungamente i ghiaioni sulle pendici della montagna, fino a raggiungere un canale che scendeva da una evidente forcella sulla cresta. Da quel punto i due si legarono e iniziarono a salire i 250 metri di dislivello che li separavano dal punto di riferimento che Michl aveva impresso nella mente, raggiunta quella forcella si arrivava facilmente alla vetta bifida della croda. Probabilmente evitarono la parete scura che si affronta lungo l’attuale Via Normale, tuttavia il dubbio che Michl e Von Eötvös abbiano affrontato quello che ora è il passaggio chiave della via (V-) rimane. Risalito il lungo diedro finale raggiunsero quella che ora è chiamata Forcella Eötvös e da lì arrivarono in vetta al primo tentativo.