Ci sono ruderi, in verità col tempo sempre più degradati, localizzati su un belvedere dolomitico con uno straordinario panorama. Si notano salendo lungo un sentiero che scavalla una larga insellatura posta su un costone che mette in comunicazione la selvaggia Val Popena Alta con il Passo Tre Croci e Misurina. Siamo a 2214 metri di altitudine e quei ruderi hanno qualcosa di enigmatico. Cosa mai saranno stati? L’idea più immediata è che fossero un vecchio rifugio o un rudere di guerra. Ma quanto vecchi? E perché ridotti così? In realtà si tratta di quello che rimane dell’ex Rifugio Popena, che ha una storia davvero interessante, con momenti che esaltano la perseveranza umana e altri di una grande tristezza. Una storia che potrebbe arricchirsi di nuovi capitoli.
Ma andiamo con ordine. Il panorama da lassù è davvero da lasciare senza fiato. Siamo nella porzione orientale del gruppo del Cristallo, sul versante sud-est della Val Popena Alta. Sull’altro versante si impone la mole del Piz Popena (3152 m) uno dei “tremila” più massicci e meno frequentati delle Dolomiti. Giunsero per primi sulla sua cima il 16 giugno 1870 le guide Santo Siorpaes e Christian Lauener con Edward R. Whitwell. Lo affianca la più frastagliata sagoma del Cristallino di Misurina, teatro di sanguinosi combattimenti nella Grande Guerra. Altre cime minori completano la coreografia del luogo, con il Corno d’Angolo, la Croda di Pausa Marza, le Torri Sud-Ovest e Nord-Est di Popena e poi la Punta Michele. E ancora il trittico formato dal Campanile Dibona, la Guglia di Val Popena Alta e la Terza Punta di Val Popena oltre alle Pale Sud-Ovest e Nord-Est di Misurina. Volgendo lo sguardo sul versante rivolto alla Val d’Ansiei, ecco i Cadini di Misurina, le Marmarole, uno scorcio dell’Antelao e l’anfiteatro glaciale del Sorapiss. Insomma un posto dove un rifugio ci sarebbe stato proprio bene.
Un sogno che si realizza
Così la pensava Lino Conti, nato il primo luglio 1908 a Bolognano d’Arco in provincia di Trento, che lo ha costruito. Papà Angelo era stato scelto fin dal 1905 dalla SAT di Arco come guida portatore per il Monte Stivo. La storia la raccontò nei dettagli la figlia di Lino, Mirella Conti a Enrico Maioni, pubblicata in guidedolomiti.com, da cui traiamo queste notizie. Dopo la Grande guerra Angelo con i figli si dedicò alla gestione del rifugio Marchetti sul Monte Stivo. È qui che Lino impara a conoscere e ad amare la montagna e impara anche a sciare. L’occasione per una svolta della sua vita gliela offre un suo compaesano. A quell’epoca era proprietario del Rifugio Monte Piana Agostino Martinelli, anche lui di Bolognano, al quale non sfuggono le doti del ragazzo che ingaggia nel suo rifugio come aiutante per le incombenze quotidiane. Va a fare la spesa a Misurina, scende e sale a ritirare la posta e accompagna i turisti.
In mezzo ci si mette anche l’amore. A Misurina Lino conosce una ragazza di nome Giulia che fa l’economa in un albergo. Lino oltre che di Giulia ormai è innamorato di quel panorama a 360 gradi che si ammira dal Monte Piana e sogna di avere un rifugio tutto per lui da gestire con Giulia. A 26 anni nel 1934, con un gran coraggio, individua quella sella in Val Popena Alta e inizia a costruire il suo rifugio. Lavora alacremente, sobbarcandosi immani fatiche per portare fin lassù, dove ci sono solo sassi e manca anche l’acqua, tutto il materiale per realizzare la sua opera. In due anni la costruzione è finita. Nel 1937 il coronamento dei suoi sogni: il matrimonio con Giulia e l’apertura del rifugio. I primi anni si lavora bene. Il rifugio Popena diventa il punto di appoggio per alpinisti ed escursionisti. Persino durante la Seconda guerra mondiale resta aperto. Intanto la famiglia si allarga con la nascita di quattro figlie, Mirella, Vilma e poi Carla e Mara.
La fine del sogno
Il sogno, però, dura poco. Nel 1948, lassù a 2214 metri è un momento in cui non ci sono i proprietari. Il fuoco lo accendono alcuni delinquenti. Si rifocillano, portano via tutto quello che possono e poi incendiano il rifugio. Allertati giungono sul posto i pompieri di Cortina e di Auronzo ma quando arrivano trovano solo macerie fumanti. I malviventi restano ignoti. Il racconto di Mirella Conti precisa che lungo il sentiero trovarono persino le reti dei letti abbandonate, troppo difficili da portare a valle, suppone.
Per Lino e la sua famiglia è uno strazio. Ma non è ancora il momento della parola fine. I muri maestri erano rimasti in parte su. Le travi del tetto bruciate furono recuperare per consolidare il sentiero. Il nuovo progetto di Lino prevedeva un rifugio di dimensioni ridotte. Si armò ancora una volta di forza e coraggio. Tornò ad andare avanti e indietro per portare lassù a spalle i materiali per la ricostruzione. Giunse fino alla base del tetto, poi i soldi finirono. Questa volta la rinuncia fu davvero dolorosa.
Racconta la figlia che l’ultima volta in cui Lino volle vedere i ruderi del suo rifugio fu nel 1984. Salì a forcella Popena con grande fatica e pianse. Due anni dopo, a 78 anni, si spense serenamente.
Rinascerà? Qualcosa si muove, ma molto lentamente
Perché scriviamo che alla storia del rifugio Popena potrebbero aggiungersi altri capitoli? Nel 2017 il CAI Auronzo anche supportato dall’interesse dell’Amministrazione comunale che si rivolse alla Regione del Veneto per un possibile contributo, propose di ricostruire il rifugio. “Il progetto – spiega l’architetto Massimo Casagrande – era semplicemente una proposta di massima funzionale a suscitare il necessario interesse e utile a fornire un inquadramento tecnico della vicenda, senza essere necessariamente la proposta progettuale definitiva. La proposta – continua Casagrande – suscitò interesse con vari articoli sui giornali e alcune inevitabili polemiche (da parte soprattutto di chi era ancorato al romanticismo dei ruderi); lo IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia) promosse un corso di progettazione con tema la ricostruzione del Rifugio Popena. E ancora poche settimane fa sono stato contattato da una laureanda che intende fare la tesi di laurea sulla ricostruzione del rifugio. Ad oggi però, a causa principalmente della mancanza di fondi, non sono stati fatti ulteriori passi in previsione dell’effettiva sua ricostruzione, inoltre il Consiglio CAI Auronzo è stato recentemente quasi totalmente rinnovato e non sono a conoscenza delle intenzioni del nuovo direttivo”.
L’eventuale nuovo rifugio non avrebbe certo le forme di quello costruito da Lino Conti ma sarebbe un nuovo fabbricato che si affianchi al recupero dei ruderi esistenti. Le voci di protesta sono di chi vorrebbe che quell’area rimanesse com’è, in solitudine, in un ambiente frequentato ma non ancora toccato dalle masse di escursionisti (forse proprio perché da quelle parti non c’è alcun rifugio). Si è anche ipotizzato di salvare il salvabile e iniziare con la realizzazione di un bivacco, ma anche questa ipotesi vede la contrarietà degli oppositori che non lo ritengono necessario in un luogo poco distante da Misurina. Vedremo. Comunque andrà, almeno dalla memoria storica l’ex Rifugio Popena non verrà cancellato.
Come raggiungere i ruderi
Ci sono tre vie d’accesso a forcella Popena.
1-Da Misurina, partendo dietro Malga Misurina (1795 m) lungo il sentiero n. 224b che sale a tornanti. Giunti a un incrocio si volta a sinistra camminando in quota sotto le Pale di Misurina fino a intersecare il sentiero n. 222 che sale a Forcella Popena (2114 m). Facile ma con ultimo tratto di salita su ghiaione ripido e friabile, e un tratto attrezzato con scale e passerelle di legno. Dislivello + 319 m. Tempo di andata 1 ora e mezza.
2- Dal Ponte sul Rudavoi (1700 m) lungo il sentiero n 222 o dalla diroccata casa cantoniera di Ruvieta (1665 m) lungo il sentiero n. 224, salendo lungo la strada 48bis delle Dolomiti fra il Passo Tre Croci e Misurina. I due sentieri si incontrano a monte delle Crepe de Rudavoi sotto il Corno d’Angolo. Dall’incrocio si prosegue lungo il sentiero n.222 fino a Forcella Popena. Dislivello circa +500 m. Facili con l’ultimo tratto come indicato sopra. Tempo di andata circa 2 ore.
3 – Si parte dal tornante della strada fra Carbonin e Misurina (1659 m) poco più avanti di Malga Popena. Si prende il sentiero n. 222 che parte dal ponte sul rio Popena seguendo il suo percorso e poi si gira a sinistra fino a Forcella Popena dove si trovano i ruderi. Sentiero facile non molto faticoso. Dislivello +545 m. Tempo di andata 2 ore circa.