In cordata

San Vigilio di Marebbe, esempio di sostenibilità secondo il GSTC

Il Global Sustainable Tourism Council ha incluso la località altoatesina nello striminzito elenco dei paesi delle montagne italiane che vantano un corretto equilibrio tra sviluppo, protezione della natura ed esigenze delle persone (turisti inclusi)

Non sono un fan degli acronimi, che ormai stanno davvero infestando la nostra vita (parlo del MAGA e di robe simili), ma ce n’è uno che in tempi di overtourism dovremmo imparare a memoria, anche se è un po’ meno facile: il GSTC, che sta per Global Sustainable Tourism Council. Si tratta di una no-profit americana, che ha iniziato a vedere la luce nel 2007 come organismo delle Nazioni Unite e si è via via arricchita di contenuti e soci: se volete approfondirne la storia e gli scopi andate sul suo sito gstc.org. Ben conosciuta in Turchia, Singapore, Kenya e mille altri posti del mondo, in Italia ha per ora pochi associati, primo tra tutti Legambiente, mentre tra le destinazioni turistiche per ora conta solo territori del nord-est, soprattutto dolomitici.

La solita certificazione di qualità, magari a pagamento? Non proprio. Il GSTC funziona un po’ al contrario rispetto al Patrimonio Unesco. Mentre quest’ultimo ha attirato indiscriminatamente milioni di visitatori in territori fragili (basti pensare alle Tre Cime di Lavaredo o al lago di Braies, dove nemmeno i salatissimi ticket di parcheggio hanno scoraggiato l’invasione), le regole del Global Sustainable Tourism Council sono tutte a favore della sostenibilità, che è l’esatto contrario dell’overtourism. Nelle linee guida della no-profit, la sostenibilità si traduce nell’equilibrio tra sviluppo, protezione della natura e le esigenze delle persone, sia visitatori sia residenti. Economia, società e ambiente sono i tre capisaldi che devono arricchirsi e limitarsi a vicenda, e se il primo, inteso come profitto, prevale sugli altri due, allora non si può fare parte del club.

Mi è capitato, nei giorni più torridi di inizio luglio, di tornare a San Vigilio di Marebbe, che è uno dei territori GSTC italiani. San Vigilio, (in ladino Al Plan de Mareo) è un buon esempio di come si possa raggiugere quell’equilibrio. Le seconde case sono rarissime, e infatti se anche ne volete acquistare una, non trovate nessuna agenzia immobiliare. Il territorio, dunque, è tutto proprietà dei locali le numerose viles (le cascine tradizionali) che punteggiano i prati sono integre e attive. Oltre al capoluogo, il comune comprende altri minuscoli villaggi, come Rina (il più alto a 1400 m), San Martino in Badia dove si trova un magnifico museo ladino in un castello, Longiarù che fa parte del ristretto club dei Villaggi degli Alpinisti (un’altra associazione interessante, ita.bergsteigerdoerfer.org). A Pieve di Marebbe infine c’è la più antica chiesa del comprensorio Marebbe/Badia, e un ristorante-museo (la Gran Ciasa) dove la cucina ladina diventa esperienza culturale.

C’era caldo anche lì naturalmente (isoterma a 5000 metri!), non così tanto però da non permettermi di infilare un sentiero e mettermi in cammino. Il più bello è sicuramente quello che sale all’altopiano di Fanes, ai rifugi Fanes e Lavarella. La strada da San Vigilio al Pederù, in fondovalle, è a pagamento, altrimenti si prende il bus che passa ogni venti minuti: la maggior parte degli escursionisti sceglie il mezzo pubblico. Poi ci vogliono due ore per raggiungere il Lago Verde (un vero gioiello naturalistico, un po’ nascosto e non visibile dal sentiero e perciò sempre solitario). Le montagne sono meravigliose, la cerchia che circonda l’altopiano con le cime Dieci e Nove ma anche le crode meno conosciute del Piz da Peres, il Munt de Paracia, il Monte Sella. Cascate, distese di mughi, boschi di cembri, numerose mucche al pascolo, arnie per il miele alpino. Se si arriva al Lavarella, si trova perfino il più alto birrificio d’Europa (2050 m), che utilizza la purissima acqua locale (provate la Weizen non filtrata). Sembra il mondo di Heidi, e invece è tutto il prodotto di un’industria turistica ben oliata, in armonia con la società e la cultura locali.

Non vado mai su Instagram, ma sono pronto a scommettere che questo piccolo mondo dolomitico non c’è, o se c’è è comunque sommerso da altri mondi, contigui e enormemente più popolari e affollati: Cortina e Dobbiaco sono a due passi, ma sembrano un altro pianeta. Ora, il mio suggerimento più spontaneo sarebbe: non andateci. Non mettete a rischio con troppe presenze questo difficile equilibrio. Invece so (e spero) che ci andrete, in punta di piedi. Ma prima informatevi bene. Da quest’anno non è nemmeno più indispensabile andare di persona all’ufficio del turismo: San Vigilio infatti ha appena inaugurato un chatbot che conversa con gli utenti via WhatsApp e risponde gentilmente a ogni domanda, non solo sul territorio di Marebbe ma anche sul comprensorio turistico di Plan de Corones (che arriva fino ad Anterselva). Per acquisirlo basta inquadrare un QR code, e avrete il mondo di Marebbe in tasca, sostenibilità compresa.

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