Cinque euro per fotografare le Odle? Stoppato il pedaggio chiesto da un privato
Installato da un esasperato proprietario dei terreni sul percorso che dal Seceda conduce al punto panoramico, il tornello è stato bloccato da Comune e Provincia. Un caso che nasconde un malessere più grande e che riaccende il tema dell’overtourism
Oggi, mercoledì 9 luglio, il tornello con biglietto d’ingresso a 5 euro installato sul sentiero panoramico del Seceda, nel Parco Naturale Puez-Odle, è fermo. L’iniziativa, partita da un privato proprietario dei terreni, è stata bloccata dal Comune e dalle associazioni turistiche, con il coinvolgimento delle Forze dell’ordine e delle Guardie Forestali. «Vogliamo che il sentiero resti aperto e senza pedaggi», spiega Astrid Wiedenhofer, referente dell’Ufficio Natura di Bolzano per il Parco naturale Puez-Odle, aggiungendo che, seppur disattivato, il tornello è ancora presente ma «verrà tolto, perché auspichiamo che le persone possano muoversi liberamente».
Ma andiamo per gradi. Tutto, o perlomeno la polemica social, è iniziata lunedì 7 luglio, quando Francesco Lavezzari, guida AMM conosciuta sui social come @ilmilanesetirolese, ha pubblicato su Instagram le foto del tornello e del corrispettivo cartello in inglese “Entry for the famous rocks – Seceda trail 5€” (tradotto: “Ingresso al sentiero per le famose rocce del Seceda a 5 euro”), con tanto di persone in fila pronte a pagare. Da lì, com’è facile immaginare, la notizia è stata immediatamente ripresa da indignati frequentatori della montagna, compreso Carlo Alberto Zanella presidente del CAI Alto Adige, che ha pubblicato un accorato post su Facebook.
La rapida diffusione della notizia via social ha generato anche disinformazione con diversi utenti che hannoerroneamente pensato a un’iniziativa dell’impianto di risalita o delle strutture turistiche della Val Gardena. In ogni caso, non si trattava di un accesso a un sentiero di particolare interesse escursionistico ma, semplicemente, di una sorta di “ticket” imposto su un brevissimo tratto che conduce, appunto, al picco panoramico delle “famous rocks”, meta prediletta di instagrammer e youtuber ormai virale in tutto il mondo e promossa dalle stesse immagini pubblicitarie che accolgono i visitatori fin dalla partenza dell’impianto del Seceda. Impianto che, tra l’altro, ha già un costo significativo: parliamo di 52 euro a persona tra cabinovia e funivia per andata e ritorno da Ortisei, e di 39 euro di solo andata.
Una spesa che molti affrontano pur di raggiungere una delle terrazze più celebri delle Dolomiti, ma che rende ancora più evidente quanto un ulteriore pedaggio per scattare una foto fosse percepito come un eccesso anche se – ripetiamo – gli introiti dell’impianto e del tornello non avevano nulla a che fare l’uno con l’altro. Peraltro non è la prima volta che un pedaggio viene imposto in luoghi simbolo delle Dolomiti da parte di privati. Nel 2019, in Val di Funes, il proprietario del maso nel cui terreno si trova la chiesetta di San Giovanni in Ranui aveva installato una barriera chiedendo 4 euro per accedere al prato antistante, diventato uno degli scorci più fotografati dell’Alto Adige. Anche in quel caso, il tentativo era stato bloccato in poco tempo.
Ma al di là del fatto che un privato non possa bloccare un sentiero chiedendo dei soldi e tantomeno montare delle installazioni in un’area protetta, il caso del Seceda (e quello della Val di Funes sei anni prima) rivela un malessere più profondo che riguarda molte destinazioni di montagna (e non solo): «Il problema è che in punti celebri come il Parco Naturale Puez-Odle arriva troppa gente», osserva Wiedenhofer. «I proprietari dei terreni segnalano da anni al Comune che i flussi sono insostenibili e che le persone, scese dalla funivia, spesso si allontanano dai sentieri calpestando i prati, creando danni e tensioni. Alcuni promettono di chiudere i terreni, altri chiedono contributi, ma come Provincia non possiamo risarcire i privati». Ovviamente, il problema non è solo locale: «Queste situazioni si verificano in Alto Adige, ma anche nel resto del mondo. Le destinazioni che esplodono sui social devono affrontare un overtourism che esaspera le comunità locali e mette a rischio i luoghi stessi. In alcuni casi si sta già limitando l’accesso, ma anche qui prima o poi dovremo affrontare questa questione».
Il caso del tornello sul Seceda, dunque, si è chiuso in fretta, ma ha mostrato quanto sia urgente ripensare la gestione dei luoghi simbolo della montagna per garantire la libertà di accesso e, allo stesso tempo, la tutela di un ambiente che non può reggere un turismo di massa incontrollato. Prima che, inevitabilmente, episodi simili si ripetano qui e altrove