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Una bella gita sui Monti Liguri

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Le montagne nascono dal mare e nel mare hanno le radici. Sono le 5, sposto il tasto su off e la sveglia finalmente tace. Alle 6.30 sono a Bogliasco con Alessandro: siamo pronti, si parte. Affrontiamo la prima salita dopo il cavalcavia sull’Aurelia: un sentiero molto ben tenuto fra ville e caseggiati, fra giardini curatissimi e orti prosperosi.

Il sentiero ha il segnavia punto linea. Arriviamo in breve sopra Teriasco e mentre l’alba tinge di rosa il cielo guardo la cartina. Monte Cordona: siamo finalmente fuori dei centri abitati, stupendamente inseriti fra arbusti e rocce, con il regolare e affannato ritmo dei nostri respiri.
 
Io parlo molto, troppo ma durante quelle prime ascese taccio. Avrei tantissime cose da dire, ma non ne ho la facoltà: per il mio metabolismo ho bisogno di scaldarmi completamente, di sentire l’armonia dentro di me. Faccio sempre riferimento al nuoto, il mio primo amore, ricordo che quando partivo per una tappa impegnativa, lo facevo malvolentieri. Tiravo la bracciata stancamente e poco convinto anche perchè aspettavo sempre il dolore al fegato. Fino a quando non veniva ero come sospeso, distaccato dall’elemento che mi sosteneva. Quando accadeva ne ero quasi felice perchè sapevo come gestirlo, e a popo poco stavo benissimo.
  
Durante il cammino succede esattamente come in mare: quando entro in crisi se chi mi accompagna se ne accorgesse mi vedrebbe lentamente trasformare, e lentamente noterebbe la mia forza farsi largo in me portandomi ad un ritmo forse per alcuni insostenibile.
 
Arriviamo ad incrociare una strada asfaltata: monte Castelletti, siamo a 604 metri, sono le 8, monte Possuolo, 719 metri. Segue il monte dell’Uccellato. Aggiriamo a nord-ovest il monte Becco mentre un canadair spegne un incendio che gente crudele ha acceso. Sempre a nord-ovest superiamo il monte Bado. Sbagliamo a non affrontare il crinale che si propone davanti a noi e decidiamo per una diagonale che tuttavia ci porta nei pressi dell’obiettivo la Croce di Fo.

Fa caldo e Alessandro deve stringere i denti per il solito dolore al ginocchio sinistro. Io vado con il mio passo ma alla fine devo fermarmi ad aspettarlo: stoico il suo incedere.

Alessandro non gradisce il sole, dice che gli toglie le forze. Per me il sole invece è energia. Arrivo sulla vetta del monte Croce di Bragalla e salgo sul monumento eretto a ricordo dei partigiani. Mi appoggio alla croce e il mio sguardo può spaziare sulle Alpi Marittime splendidamente innevate, il Monviso, le Cozie, il gruppo dell’Antola. Il monte Aiona sembra un panettone coperto di zucchero.
 
Verso sud il monte Caucaso, il Ramacelo, lo Zatta con la sequenza dei monti Chiappozzo, Porcile, Verruca. Dietro a tutti le imponenti vette delle Alpi Apuane. Il mare coperto da una leggera foschia ma si intravede la penisola di Sestri Levante. Ora dico, ma tutta le gente che in questo momento se ne sta giù in città, a valle, non sa che è qui il vero paradiso? Ma che ci fanno laggiù, cosa credono di avere fra le mani, negli occhi, sulla pelle? NIENTE! E tutto qui il sale della vita. Qui che possiamo vedere improvvisamente due caprioli, il volo elegante dei rapaci in cerca di cibo, il lento mutare della natura.
Pensando a Mauro Corona abbraccio un grande faggio, poso la fronte sulla sua corteccia e cerco di trasmettergli il mio calore il mio amore.

Arriviamo al paese di Sant’Alberto, poi al passo della Scoffera dalla variante alta. Un passaggio interminabile, una salita secca, senza pause. Siamo arrivati allo stupendo sentiero regionale dellAlta Via dei Monti Liguri!

Mentre lo percorriamo è un vero piacere distrarsi, perchè le indicazioni sono abbondantissime. Cominciamo a sentire la stanchezza ma abbiamo davanti a noi l’ultimo ostacolo il monte Lavagnola, 1118 metri. Non una cima importante, non un dislivello proibitivo, ma abbiamo alle spalle e nelle gambe già 9 ore di cammino.

Superato il bivio: cima del Lavagnola dorsale verso l’Antola, giungiamo con un continuo sali-scendi al passo del Portello
Qui davvero il piacere del camminare termina, abbiamo per diversi metri sotto i piedi il nero asfalto. Si ferma un fuoristrada, sono Franca e Guido, due miei vecchi amici che ci portano fino a Corsiglia. Proseguiamo tra asfalto e brevi tratte di sentieri lungo l’Itinerario dei Feudi Fisicani: VERGOGNA a chi ha la responsabilità della cura di questo tratto!

Una sconvolgente realtà ci fa transitare lungo il torrente Lavagna: il sentiero è invaso da plastica, spazzatura, frigoriferi, lavatrici, cucine a gas e rovi…tantissimi rovi che ci costringono a deviazioni pericolose e in qualche caso a dover lavorare di coltello per aprirci un varco.
 
Arriviamo a Gattorna alle 18: prima di tutto la bevanda preferita, poi passo a salutare tutti i miei amici. Sono i commercianti di questo paese, che ha un’unica strada, Via del Commercio, dove vivono le queste famiglie meravigliose. Sono felice ed Alessandro stupito dalle tante amicizie che ho qui.

Alle 18,55 prendiamo l’autobus: Chiavari ci aspetta, la nostra casa, la doccia, il letto. Stasera dormirò felice e il computer della mia testa andrà a riporre delle cartelle tutto ciò che oggi ho visto, sentito, provato. Ma aggiungerà anche un poco in più di saggezza: tenetevi stretti ai sogni, perchè quando i sogni muoiono la vita diventa un campo arido, coperto dalla nebbia.

 

Manfredi Salemme

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