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I tesori del Kanchenjunga

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Cinque splendidi e altissimi picchi, che custodiscono le anime della divinità e svettano su un massiccio dalle dimensioni enormi. Ecco che cosa sono i "cinque tesori della grande neve" che riposano nel cuore della parola Kanchenjunga: il nome con cui è stata battezzata la terza montagna più alta della Terra.

La punta del Kanchenjunga, 8.586 metri d’altezza, si trova sul confine tra il Nepal e il Sikkim indiano. E’ l’ottomila più orientale di tutta la catena himalayana.

Fino alla metà del 1800 era creduta la montagna più alta del mondo. Poi, degli studi approfonditi della British Great Trigonometric Survey dimostrarono che l’Everest lo superava di quasi trecento metri.

Ma il massiccio, che visto dal satellite sembra disegnare un’enorme "X", lancia in cielo altri quattro picchi, tutti sul filo degli ottomila metri: il Kangchenjunga West (detto anche Yalung Kang) di 8.505 metri; il Kangchenjunga Central (o Middle) di 8.482 metri; il Kangchenjunga South di 8.494 metri; e infine il Kangbachen di 7.903 metri.

I tesori divini custoditi al loro interno, secondo la religione indiana, sono oro, argento, pietre preziose, grano e libri sacri. Si tratta di una credenza antica di secoli e molto radicata nelle popolazioni locali: per rispetto a questo credo, tutti gli alpinisti che sono saliti sulla montagna nel corso della storia sono sempre rimasti a qualche metro dal punto sommitale della cresta.

Quelli divini, comunque, non sono gli unici tesori custoditi dal Kanchenjunga. Le sue pendici conservano un’infinità di meraviglie naturali: dalla fauna, con il rarissimo panda rosso, alla particolare flora, fino agli splendidi panorami mozzafiato.

Una serie di bellezze che hanno portato quest’area ad essere protetta a livello internazionale. In Nepal, infatti, ha sede la Kangchenjunga Conservation Area Project, gestita direttamente dal Wwf (World Wildlife Fund), mentre in India la montagna viene tutelata dal Kangchenjunga National Park.

Altri celebri contrafforti del massiccio sono lo Jannu, con la sua mitica parete nord, i Kabru, i Rathong Peaks, il Tent Peak. Nel complesso si tratta di un ambiente selvaggio, che conserva in molti luoghi il sapore dell’ignoto e dell’esplorazione.

Il Kanchenjunga infatti presenta un accesso lungo e difficile sia dal Nepal che dall’India, dove peraltro è difficile anche ottenere il permesso di salita a causa del fatto che si tratta di una montagna sacra.

La prima ascensione risale al 25 maggio, 1955 e porta una firma inglese: quella di Charles Evans. Laprossima settimana faremo un viaggio indietro nel tempo, per rivivere le emozioni dei primi tentativi di salita e della grande spedizione che ne toccò infine la vetta.

Sara Sottocornola

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