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Gran Sasso, ritrovati dopo cinque giorni i corpi dei due alpinisti romagnoli

I resti di Luca Perazzini e Cristian Gualdi sono stati trovati dai soccorritori del CNSAS e del SAGF nel Vallone dell’Inferno. A ucciderli un errore di itinerario in discesa, e poi cinque giorni e cinque notti di bufera e di gelo

E’ finita nel peggior modo possibile la ricerca dei due alpinisti romagnoli dispersi da domenica 22 dicembre sul Gran Sasso. La mattina di venerdì 27, quando il bel tempo ha finalmente consentito agli elicotteri del Soccorso Alpino, dei Vigili del Fuoco e della Eliabruzzodi volare, i corpi di Luca Perazzini e Cristian Gualdi, rispettivamente 42 e 48 anni, sono stati individuati nel Vallone dell’Inferno, nel solco che prolunga verso il basso il canalone Moriggia-Acitelli.

I due erano partiti domenica da Fonte Cerreto con la prima corsa della funivia di Campo Imperatore, poi hanno raggiunto con piccozza e ramponi la Sella di Monte Aquila, il Sassone e il canale della Direttissima, il percorso più classico e frequentato per salire ai 2912 metri del Corno Grande d’inverno.

E’ un itinerario valutato PD/AD, con pendenze fino a 45/50°, dove a inverno inoltrato, con il bel tempo, si incontra una buona traccia lasciata dagli alpinisti e dagli scialpinisti che poi scendono per il Canalone Bissolati o il Calderone. Nelle prossime ore, l’analisi dei loro telefoni cellulari ci dirà se Luca e Cristian hanno raggiunto la cima. Un dettaglio che purtroppo conta poco o nulla.

Quel che è certo, invece, è che i due alpinisti di Sant’Arcangelo di Romagna sono stati traditi dal tempo. “Avvio di giornata con il cielo poco nuvoloso ovunque. Nel corso del pomeriggio da ovest arriverà della nuvolosità sempre più compatta” recitavano le previsioni del centro meteo AQ Caput Frigoris, molto utilizzate da escursionisti e alpinisti in Abruzzo.

Invece il tempo è cambiato molto prima. “Alle 11.30, all’improvviso, il Corno Grande è stato investito da una bufera di neve, con venti violentissimi. Anche altri alpinisti e scialpinisti sono stati sorpresi.Parlare di un’imprudenza delle vittime non ha senso” ha spiegato al Giornale Radio RAI Giampiero Di Federico, guida alpina e tra i migliori conoscitori del Gran Sasso.

Cristian Gualdi e Luca Perazzini hanno ripercorso la Direttissima in discesa, e alla sua base hanno commesso l’errore che è costato loro la vita. Dalla forcella ai piedi delle rocce del Corno Grande, dove si stacca verso est la via ferrata per l’ex-bivacco Bafile, i due alpinisti, faccia a valle, sarebbero dovuti scendere verso destra, traversando una zona molto ripida e poi ritrovando dei pendii più comodi.

Invece hanno scavalcato la forcella e sono scesi a sinistra, ai piedi del Canale Moriggia-Acitelli e delle prime corde fisse della ferrata. Qualcuno nelle scorse ore ha ipotizzato che un cartello con delle indicazioni sbagliate abbia favorito l’errore. E’ quasi certo, invece, che un’occhiata a un GPS o a una bussola avrebbe salvato loro la vita.

Quando hanno lanciato l’allarme, ed erano quasi le 15, Luca e Cristian erano già scesi per un tratto nel canalone sbagliato, che nella parte alta è una ripida scarpata di roccia, neve e ghiaccio. Da quanto sono riusciti a dire agli operatori del Soccorso prima che le batterie dei cellulari si esaurissero, uno dei due era scivolato, si era ferito e aveva perso uno scarpone.

Uomini e donne del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza si sono messi in moto subito, ma sono stati bloccati per tre giorni e mezzo dal maltempo. Il vento, con raffiche fino a 180 chilometri all’ora, ha impedito di salire dall’arrivo della funivia alla base del Corno Grande lungo l’aerea cresta della Portella. Gli accumuli di neve valangosa hanno impedito di seguire la “via bassa”, il sentiero estivo per la Sella di Monte Aquila.

Il video

Il 24 dicembre i soccorritori sono rimasti fermi a Campo Imperatore, e la funivia è stata bloccata dalla bufera. Il giorno di Natale gli uomini del CNSAS e del SAGF, insieme ai lavoratori della funivia e dell’Ostello, sono riusciti a scendere con l’impianto, ma la bufera ha impedito qualsiasi sortita verso l’alto.

Le ricerche dei due alpinisti romagnoli sono riprese giovedì 26 dicembre, Santo Stefano, quando alcune squadre hanno finalmente raggiunto la Valle dell’Inferno a piedi, ma senza trovare Luca Perazzini e Cristian Gualdi. La mattina di venerdì 27, con un tempo finalmente splendido, gli elicotteri hanno riportato in quota le squadre del CNSAS e del SAGF, e hanno potuto perlustrare il vallone.

“L’antenna Recco che abbiamo in dotazione in Abruzzo è in revisione, il presidente del CNSAS Maurizio Dellantonio e la guida alpina Roberto Misseroni ne hanno portata un’altra dal Trentino, viaggiando in auto per tutta la notte” spiega Daniele Perilli, responsabile del Soccorso Alpino e Speleologico dell’Abruzzo.

L’antenna è stata montata sull’Écureuil di Eliabruzzo, una società privata che collabora con il Soccorso, che è decollato verso il Vallone dell’Inferno. A scoprire il corpo di Cristian, in buona parte scoperto dalla neve, è stato però l’occhio fino del pilota.

Gli uomini del SAGF e del CNSAS hanno raggiunto e recuperato Cristian, poi è iniziata la ricerca di Luca, con quattro cani da valanga e sondaggi, mentre delle vedette tenevano d’occhio i pendii sovrastanti per avvertire nel caso si fossero staccate delle slavine. A trovare il corpo del secondo alpinista è stata la sonda manovrata dalla guida alpina Marco Iovenitti. Era sepolto dalla neve, a sei o sette metri dall’amico.

La giornata si è conclusa con il trasporto in elicottero delle salme all’Ospedale di Teramo. Mentre i familiari dei due alpinisti lasciavano la base della funivia di Campo Imperatore per dare l’ultimo saluto ai loro cari, i soccorritori sono tornati a valle, e Alessandro Marucci del CNSAS e Francesco Mastropietro del SAGF hanno raccontato la ricerca dei dispersi ai giornalisti.

Cristian Gualdi e Luca Perazzini erano amici e compagni di cordata da molti anni. Cristian era titolare della ditta Top Infissi di Savignano sul Rubicone, Luca lavorava come elettricista per la Nuova CEI di Santarcangelo di Romagna. Nessuno dei due aveva figli.

I soccorritori hanno riferito che i due alpinisti erano correttamente equipaggiati con piccozza e ramponi, e che non erano legati in cordata. Ma centinaia di persone, ogni inverno, percorrono la Direttissima così.

Sembra che fossero vestiti in maniera “corretta ma leggera”, ma né due giacche di piumino negli zaini né due teli “spaziali” da bivaccoavrebbero potuto mantenere in vita Luca e Cristian attraverso cinque giorni e cinque notti di bufera e di gelo. Forse, ma soltanto forse, li avrebbero potuti salvare un GPS, o addirittura una vecchia bussola.

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Un commento

  1. Per come la vedo io, l’unico vero errore, se proprio ne vogliamo trovare uno, che i due possono avere commesso è quello legato alla valutazione del meteo. È vero che le previsioni davano tempo in peggioramento a metà pomeriggio, il che giustificherebbe in pieno la loro uscita, visto che partendo da Campo Imperatore al primo mattino due alpinisti esperti anche prima delle 15:00 fanno vetta sul Corno Grande e riscendono a valle per il sentiero che avevano battezzato, tuttavia sul Gran Sasso non è affatto raro che le perturbazioni anticipino, ed anche di molto come purtroppo è accaduto, il sopraggiungere rispetto a quanto preventivato dai servizi meteo anche più accurati. Certo è come sempre facile fare processi a cose avvenute, ma in questi casi è sempre opportuno fare un passo avanti rispetto le previsioni e tenere tirato il freno a mano della passione. Ma ripeto, la mia resta una opinione, non di certo un giudizio di condanna, dal momento che per fare una valutazione quanto più precisa possibile resterebbe imprescindibile il racconto dei diretti interessati, che ahimè non potremo sentire.

    Per il resto bisognerebbe, ma temo che non ci sarà modo di approfondire la questione, sapere come siano andate esattamente le cose nel punto cruciale di questa disgrazia, ovvero nel punto in cui i due poveri alpinisti hanno abbandonato la Direttissima per prendere il canalone che li ha portati nella Valle dell’Inferno. Onestamente, avendo percorso quei sentieri diverse volte, ritengo che sia abbastanza difficile confondere i due versanti: dolce e breccioso quello che tira in direzione del sentiero 103 della Normale al Corno Grande (a destra di chi scende dalla Direttissima), a strapiombo e pieno di burroni e massi aguzzi quello che invece tira giù per la Valle dell’Inferno. Voglio dire, anche in caso di bassa visibilità se uno poco poco conosce il posto non ha nemmeno bisogno di bussola o GPS, come scrive Ardito, per sapere che sentiero imboccare. Questo per dire che tenderei ad escludere che ci possa esser stato alcun errore di orientamento, ritengo invece che i due siano scesi per la Valle dell’Inferno o per una valutazione tecnica che abbiano fatto sul momento (condizioni del vento, condizioni meteo, condizioni del fondo..) oppure per un incidente o imprevisto occorsogli che deve aver trascinato uno dei due o entrambi in quel canale dal quale poi evidentemente non sono riusciti a tirarsi fuori. Tra l’altro, tirando in direzione della Normale avrebbero avuto il Garibaldi veramente a portata di mano per potersi riparare, e tenderei d’altro canto ad escludere che possano aver avuto idea di riparare nel Bafile, primo perché in condizioni di neve e ghiaccio non facilissimo da raggiungere soprattutto se sprovvisti di assicurazioni, e secondo perché da poco rimosso in attesa di essere sostituito da un bivacco di nuova generazione.

    Ciò detto, veramente una tragedia alla quale si fa fatica e dolore a pensare, soprattutto se come quei poveri ragazzi si ama la montagna e magari si è passati tanti volte per quei posti e quei sentieri. Cristian e Luca, possiate riposare in pace.

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