Le salite invernali in Himalaya e la cima inviolata: il punto inesteso riservato agli dei!
Il Gangkhar Puensum (7570 m), in Bhutan, è la montagna non scalata più alta della Terra. E rimarrà tale, per rispetto alle divinità che vi abitano. Uno straordinario tempio della solitudine, simile a quello in cui entrano gli alpinisti impegnati in queste settimane sugli Ottomila
Solo pochi eccellenti alpinisti possono ambire a spingersi verso le inafferrabili vette dell’Asia nella stagione fredda.
Dopo gli irriducibili maestri polacchi, da diversi anni ormai, un manipolo di tosti himalaisti, tra cui il nostro Simone Moro, esplora queste montagne d’inverno, aggiungendo grandi difficoltà alle salite, per via delle temperature, del vento, dell’isolamento e della complessità di avvicinamento alle pareti.
Davanti al tepore della stufa, provo ad immaginare cosa dev’essere affrontare le incredibili creste orlate di neve, nell’aria ghiacciata degli 8000 d’inverno e un brivido mi percorre la schiena.
Poi mi torna in mente il vago ricordo di un alpinista giapponese, che devo aver letto da qualche parte e di cui non ricordo il nome, un personaggio mitologico, che non ha mai raccontato né descritto nulla delle sue salite himalayane, spesso solitarie, testimoniate solo da altre spedizioni che lo incrociavano per caso in parete.
Provo a cercare, invano, il suo nome, mi perdo nei racconti della lunga tradizione esplorativa delle montagne dell’Asia di alpinisti giapponesi, costellata di sorprendenti esempi di resistenza fisica e mentale, perseveranza, non di rado caratterizzati da una filosofia di riservatezza e rispetto per la montagna.
E’ il ritratto di un alpinismo ricondotto a questione personale, sfida interiore, quasi senza il bisogno di esternare le proprie conquiste.
Vado alla deriva, tra vari motori di ricerca e archivi, incrocio Yuichiro Miura, Naoki Ishikawa, Toshio Kurokawa, Ken Noguch, Junko Tabei e tanti altri, alcuni contraddistinti da una spiccata filosofia di riservatezza, ma nessuno pare corrispondere al ricordo dell’eroe senza tempo e senza nome. Me lo sarò immaginato?
Poi mi abbaglia il disegno di Yoshio Ogata dell’inviolato Gangkhar Puensum in Bhutan, con i suoi 7570 metri forse la più alta cima illibata della Terra! E tale rimarrà, visto che ne è vietata la salita per motivi religiosi.
Un respiro di sollievo, capace di renderci spettatori incantati, di fronte a un pezzo di roccia, neve e ghiaccio non calpestato dalle suole di nessuno! Un brandello di spazio, tra terra e cielo, dove la nostra civiltà evoluta non ha ancora piantato nessuna bandiera.
Bello pensare che resti inviolabile, inattaccabile. Un piccolo spazio ancora riservato agli dei.