Torna l’allarme ghiaccio sull’Appennino. Il Soccorso Alpino “non partite senza piccozza e ramponi”
Arriva un weekend di poca neve e temperature molto basse. Una settimana fa, degli escursionisti male equipaggiati si sono messi nei guai sul Gran Sasso, sui Sibillini e sul Cusna. Servono più informazione e, magari, dei “filtri”.
Torna il freddo in montagna, torna il ghiaccio sull’Appennino. Anche se l’inverno non è ancora ufficialmente iniziato, torna l’allarme per gli escursionisti che, sull’intera dorsale che unisce la Liguria alla Calabria, salgono verso le cime con pedule estive e abbigliamento leggero, e senza attrezzarsi con piccozza e ramponi.
Un problema che esiste anche su Alpi e Prealpi, nelle zone dove non è ancora nevicato. E che si manifesta con particolare forza sui massicci (dai Sibillini al Gran Sasso, dal Cusna al Terminillo, e dal Giovo-Rondinaio al Velino) dove la quota è più alta e dove il freddo è più intenso.
A rischio, come ogni anno, le zone più accessibili come le creste del Terminillo e di Campo Imperatore, il sentiero che da Forca Canapine sale verso il Monte Vettore, i crinali intorno al Passo della Croce Arcana, tra la Toscana e l’Emilia.
Oltre alle temperature polari, annunciate per venerdì 29 novembre e nel weekend, contribuisce alla formazione del ghiaccio il vento, in qualche caso fortissimo, che sferza i crinali. Qualche giorno fa all’albergo di Campo Imperatore, 2130 metri, si sono registrate raffiche di 203 km orari. Al rifugio Duca degli Abruzzi, 2388 metri, il vento ha raggiunto i 233 km all’ora.
Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino ha diffuso un messaggio di allerta. “In numerose località di media e alta montagna d’Italia una coltre bianca ha ricoperto il suolo. Con le temperature basse questo strato si trasforma velocemente in un invisibile strato ghiacciato, condizione pericolosa che lo scorso inverno ha causato numerosi incidenti, in particolare sull’Appennino centrale del Lazio e dell’Abruzzo”.
“Invitiamo tutti gli escursionisti a prestare la massima attenzione in tratti che possono sembrare semplici e accessibili ma che in queste condizioni cambiano notevolmente di difficoltà” proseguiva il CNSAS. “E’ fortemente raccomandato l’utilizzo di un’attrezzatura invernale adeguata a partire dalle calzature che non possono essere semplici scarpe da ginnastica a suola liscia o degli scarponcini per passeggiate estive”.
Ma gli inviti alla prudenza non sono bastati. Domenica 24 novembre, l’elicottero del Soccorso Alpino dell’Abruzzo è decollato per recuperare sei escursionisti romani in difficoltà su Monte Aquila, a mezz’ora di cammino (in estate!) dal posteggio e dall’arrivo della funivia di Campo Imperatore.
Secondo il CNSAS “il gruppo, scivolato a causa della presenza di ghiaccio lungo il percorso e di un equipaggiamento non idoneo, è stato costretto a richiedere aiuto, non riuscendo a risalire in sicurezza”. Nelle stesse ore, la pagina Facebook di Neve Appennino segnalava sul Vettore (Sibillini) “condizioni ingannevoli e pericolose”, con “neve completamente ghiacciata” e “vere e proprie lastre di verglas dove bisogna fare molta attenzione anche con ramponi e piccozza”.
Sempre domenica scorsa il CNSAS e i Vigili del Fuoco sono dovuti intervenire per riportare a valle quattro escursionisti tra i 19 e i 21 anni, che hanno tentato di salire al Monte Cusna, la seconda cima dell’Emilia, senza avere né un abbigliamento adatto, né piccozze e ramponi. Secondo il Soccorso, “uno di loro aveva delle normali scarpe da passeggio”
Tre escursionisti con ipotermia lieve sono scesi a valle sulle proprie gambe, anche se scortati dai soccorritori. Un diciannovenne di Marano sul Panaro è stato riportato a valle in barella, per poi essere trasferito in elicottero all’Ospedale di Parma.
Il pericolo causato dal ghiaccio sui pendii e sui crinali dell’Appennino si ripresenta puntualmente ogni inverno. Alla fine del 2019, il ghiaccio particolarmente duro su Maiella, Terminillo e Gran Sasso è costato la vita a una decina di persone. In quelle condizioni calzare i ramponi e impugnare la piccozza non basta, ed è necessario essere molto abili nel loro utilizzo.
Due anni fa, sulla Maiella, due escursionisti sono scivolati dall’itinerario per il bivacco Fusco, dove si era formata una lastra di neve dura e di ghiaccio, e uno dei due ha perso la vita.
Il 3 gennaio 2024, dopo una gelata notturna, una quindicina di escursionisti che avevano pernottato al rifugio Sebastiani del Velino, e non avevano né piccozze né ramponi (qualcuno aveva ai piedi i moon-boot!) sono stati salvati da Eleonora Saggioro, responsabile della struttura, che li ha fatti portare a valle dal Soccorso Alpino.
“Il lavoro di un gestore non consiste solo nel preparare minestroni e polente, ma anche nel vegliare sulla sicurezza” ha spiegato Saggioro. Aveva ragione, ma la conclusione positiva non cancella la responsabilità degli escursionisti, che avrebbero dovuto avere l’attrezzatura corretta.
Oltre agli appelli ad attenzione e buonsenso, e raccontare le cronache di incidenti e salvataggi, si può fare qualcosa per evitare questi incidenti annunciati? Più volte, anche in incontri ufficiali alla Regione Abruzzo, si è parlato di istituire dei “filtri” all’inizio degli itinerari più a rischio, come si fa da anni, in estate, alla base della via normale francese del Monte Bianco.
Nessuno degli enti interessati (Soccorso Alpino, Parchi nazionali, Guide Alpine, Carabinieri Forestali…), però, si è attivato per concretizzare la proposta. Tace anche la Protezione Civile, che pure si è attivata qualche settimana fa in Abruzzo per installare il nuovo bivacco Desiati, e forse potrebbe spingere tutti gli altri ad agire.
Le Sezioni del CAI e le guide alpine, a iniziare dall’abruzzese Giampiero Di Federico, organizzano da anni corsi di introduzione alla montagna invernale. Molti escursionisti estivi, però, non conoscono queste iniziative, e non sanno cosa siano una piccozza e un paio di ramponi. Più volte, alla base di scivoloni e incidenti, è stato l’uso – al posto dei veri e propri ramponi – di ramponcini ultraleggeri o addirittura di “catenelle” adatte a non scivolare su una strada ghiacciata, ma non a muoversi su un pendio di neve dura.
Contribuiscono e al pericolo alcuni siti di itinerari, che anche d’inverno pubblicano descrizioni e foto estive. Sorprende che su alcune guide recenti dedicate ai sentieri e alle vette dell’Appennino, gli autori e gli editori non abbiano mai utilizzato le parole “piccozza” e “ramponi”, come se volessero esorcizzare il problema. Invece l’attenzione e l’attrezzatura corretta servono. Sull’Appennino ghiacciato non si deve morire.