Meridiani Montagne

Sentieri e rifugi del Catinaccio. Il reportage di Meridiani Montagne

Sul numero 131 della rivista, dedicato alle Torri del Vajolet e alla Val di Fassa, un ampio articolo descrive l’itinerario escursionistico che attraversa alcuni dei luoghi più belli del “Giardino delle rose”

Il Catinaccio è un massiccio molto articolato, composto da diversi sottogruppi. Pur essendo uno dei più frequentati delle Dolomiti, mantiene ampie aree selvagge e quasi inesplorate a causa della tormentata orografia e della difficoltà di alcuni percorsi”. Inizia così il reportage scritto da Umberto Isman che porta il lettore lungo i sentieri del massiccio che separa la Val di Fassa dall’Alto Adige. Un gruppo montuoso ampio e articolato, che si distende su un territorio complesso e capace di regalare panorami straordinari. Da apprezzare passo dopo passo, incamminandosi lungo i sentieri che lo attraversano o affacciandosi alle finestre dei numerosi rifugi collocati nei luoghi più strategici e spettacolari.

Ecco qualche breve passaggio dell’articolo di Umberto Isman dal titolo Due giorni, quattro rifugi

Tutta l’energia di una rifugista

Dal Passo di Costalunga, o Passo di Carezza dal tedesco Karerpass, buchiamo le nuvole basse del primo mattino per raggiungere la Sella del Ciampaz, con il rifugio Roda di Vaèl e la baita Pederiva. La Sella del Ciampaz è scampata alla fine degli anni Settanta a un progetto di costruzione di un impianto sciistico che l’avrebbe inevitabilmente snaturata. Così l’atmosfera che si respira al Roda di Vaèl è ancora quella del rifugio raggiungibile solo a piedi, anche se volendo ci si può far aiutare dagli impianti di Carezza.  Ci accoglie Roberta Silva, presidente dell’Associazione rifugi del Trentino, che lo gestisce dal 2005, prima insieme al marito Bruno Deluca, poi da sola, da quando Bruno morì in un incidente a pochi metri dal rifugio, nel 2011… Le chiediamo cosa significa gestire il rifugio da sola con due figli, Emilio e Agata di 15 e 12 anni. «Non sono mai sola, ho un gruppo di collaboratori giovani e fidati, in piena stagione siamo 19….  

Tante streghe, un solo Diavolo

… Raggiungiamo quindi il ripiano delle Porte Neigre, dove sorgono il rifugio Vajolet e il Preuss, ancora gestito dalla famiglia di Tita Piaz. Verso ovest si apre la ripida Gola delle Torri, via di accesso alla conca del Gartl e alle Torri del Vajolet, sovrastata sulla sinistra dall’imponente Punta Emma, solcata dalla celebre fessura Piaz. Fu appunto Tita Piaz il primo salitore, che dedicò questo avancorpo del Catinaccio a Emma Della Giacoma, una cameriera del rifugio con cui era solito arrampicare. Rimane ancora da svelare il mistero dell’orologio appeso alla parete all’altezza del tiro chiave, visibile anche dai rifugi. Forse una burla dello stesso Diavolo delle Dolomiti.

Il sentiero del vescovo

… Il rifugio Passo Principe è in fase di ampliamento e ristrutturazione; la piccola casetta di legno incastrata sotto le rocce è diventata nel tempo un rifugio a tutti gli effetti, pur non perdendo la sua connotazione originale. Ce ne parla Sergio Rosi, guida alpina che, ora col figlio Daniele, gestisce il rifugio da 19 anni. «Qui nella Valle del Vajolet transita circa mezzo milione di persone all’anno, nei periodi di punta 4000/5000 al giorno, i tempi sono cambiati da quando Franz Kofler costruì la prima baracca nel 1952. Quando hanno fatto la fognatura del rifugio, per arrivare qui con camion e ruspa fu costruita una strada vera e propria: avrei potuto tenerla, ma ho preteso che fosse ripristinato il sentiero. O io o la strada».

Verso il lago del Catinaccio

Il lago e il rifugio Antermoia sono la prossima meta. Il Lago d’Antermoia, unico lago del Catinaccio, è celebre per la sua spettacolare posizione e per le acque cristalline, dal colore cangiante a seconda della luce. Posizionato in un profondo catino, è alimentato dalle acque provenienti dai pendii circostanti e ha una profondità variabile che arriva a 12 metri.  Il rifugio è a poca distanza; costruito nel 1911, dopo diverse ristrutturazioni è gestito dal 2017 da Martin Riz, guida alpina ed ex atleta di scialpinismo. Chiediamo a lui informazioni sul tipo di frequentazione della struttura. «Questo è un vero rifugio, uno dei pochi che impone una selezione grazie al dislivello da compiere per raggiungerlo, minimo 600 metri arrivando dalla Val Duron. Qui non vedi gente in infradito…

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