“Parete Sud”. Finalmente anche in italiano l’autobiografia di Hansjörg Auer
L’alpinista austriaco, scomparso cinque anni fa in Canada, aveva all’attivo decine di spedizioni importanti. A renderlo famoso, nel 2007, la solitaria di Attraverso il Pesce sulla Marmolada
Ci sono alpinisti che diventano famosi negli anni, aggiungendo via via nuove salite importanti all’elenco. Per altri la notorietà arriva all’improvviso, grazie a una sola ascensione straordinaria. A Hansjörg Auer, ventitreenne alpinista di Umhausen, nella Ötztal, succede il 29 aprile 2007, sulla parete Sud della Marmolada.
Il ragazzone austriaco, alto, magro e con gli occhiali, in falesia arrampica sull’8b+. Un anno prima, sulla Sud, ha salito da solo Tempi Moderni, un capolavoro di Heinz Mariacher e Luisa Jovane. Un exploit compiuto solo da due miti, Maurizio Giordani e Tomo Česen. Qualcuno, nelle redazioni delle riviste e dei siti web di montagna, ha iniziato ad accorgersi di Hansjörg.
Sabato 28 aprile 2007, il ragazzo della Ötztal si cala in corda doppia lungo la via dalla cima della Marmolada di Rocca. Dedica cinque ore a studiare, autoassicurato, i tiri più impegnativi di Attraverso il Pesce, la Weg durch den Fisch dei tedeschi, un’altra via-capolavoro tracciata nel 1981 dagli slovacchi Igor Koller e Jindŕich Šustr. Poi si cala alla base delle rocce, e passa la notte nel locale invernale del rifugio Falier, che accoglie anche una coppia di alpinisti tedeschi.
L’indomani, Hansjörg Auer attacca la parete alle nove. Non ha zaino né borraccia, né corda, per la discesa sul ghiacciaio si arrangerà con le scarpette da roccia. Indossa pantaloni neri, casco arancione e maglia gialla. Dalla vita pendono il sacchetto della magnesite e una giacca a vento leggera.
Sale veloce e sicuro, supera il diedro levigato e verticale che è il passaggio tecnicamente più duro della via, si riposa per qualche minuto nella nicchia a forma di pesce, poi riparte sulla parete verticale. Oltre la cengia che taglia la parete l’arrampicata diventa più facile, ma la roccia peggiora. Quando sbuca sulla cima, in vista della funivia ancora chiusa, il ragazzo di Umhausen ha impiegato due ore e cinquantacinque minuti.
“La cosa affascinante del free solo sta nel vivere la totale libertà e leggerezza del gesto. All’attacco ti immergi in un altro mondo che appartiene soltanto a te e nel quale giochi con i tuoi movimenti. Ovviamente realizzi solo molto dopo quello che hai fatto”, racconterà in un’intervista. La testimonianza dei due alpinisti tedeschi, che quel giorno salgono la vicina via Don Quixote, consente a Hansjörg di essere creduto.
Due settimane più tardi, il ragazzo di Umhausen torna sul Pesce con il suo amico Heiko Wilhelm, fotografo e alpinista. Nei tiri più duri Wilhelm arrampica da primo, poi tira a sé la corda, e riprende Auer che ripete la sua solitaria.
Heiko racconterà di aver avuto paura, osservando nel suo mirino l’amico salire in quel modo sulle placche. Quelle immagini sul Pesce rendono il giovane Hansjörg famoso, e gli consentono di diventare un alpinista a tempo pieno. Uno di quegli scatti compare anche sulla copertina di “Parete Sud”, l’autobiografia dell’alpinista (286 pagine, 22 euro) che è stata appena pubblicata da Corbaccio.
Un libro vivo e vitale. Come la vita di Auer
Hansjörg Auer non è più tra noi. A ucciderlo, cinque anni e mezzo fa, è stata una valanga che lo ha travolto sull’Howse Peak, una cima di 3295 metri nel Parco canadese di Banff, insieme al connazionale David Lama e allo statunitense Jess Roskelley. Una tragedia che ha tolto all’alpinismo tre campioni.
Recensire un libro non è un mestiere facile. Qualche volta chi lo affronta, si trova davanti a testi approssimativi, o che sembrano dettati a un registratore e poi sbobinati da altri. Capita di trovarsi davanti a veri e propri errori nella toponomastica o nei nomi dei protagonisti. Svelare o non svelare l’errore? La posizione del recensore in questi casi è delicata.
“Parete Sud” è l’esatto contrario. Il libro è vivo e vitale, coinvolge il lettore fin dalle prime pagine, e continua a emozionarlo fino alla fine. Era stato pubblicato in tedesco nel 2017, ma per arrivare alla versione italiana c’è stato bisogno di una “cordata” speciale, composta dal traduttore Luca Calvi, dall’architetta Marlene Roner, dal presidente del CAI Alto Adige Carlo Alberto Zanella, da Traudi Auer, la madre dell’alpinista scomparso, dalla sua compagna Tatjana Raich e dallo staff di Corbaccio.
Anche Reinhold Messner, nella sua prefazione a “Parete Sud”, sembra commosso. “L’alpinismo tradizionale, quello interpretato da Hansjörg Auer, si tiene lontano dalle montagne famose per spostarsi verso le aree selvagge dove non si incontrano scalatori”, scrive il re degli “ottomila”. “Fino a quando persone come Hansjörg Auer andranno alla ricerca di avventura, pericoli e difficoltà in assoluta esposizione, per poi raccontarne apertamente, l’alpinismo tradizionale sarà vivo”.
“Nonostante i suoi successi alpinistici e la sua fama, Hansjörg ha sempre tenuto i piedi per terra. Gli piaceva parlare dei suoi tour e delle sue esperienze con grande entusiasmo, ma non si è mai vantato dei suoi successi né ha mai voluto essere celebrato come eroe”, aggiunge Tatjana, la compagna di Auer, nella sua commovente postfazione.
Che altro dire? Superati gli scritti iniziali di Calvi e Messner, il lettore di “Parete Sud” deve affrontare subito una spedizione pericolosa e tragica come quella sul Nilgiri South, un tostissimo “quasi-settemila” nei pressi dell’Annapurna, in Nepal. Un’avventura dalla quale uno dei tre alpinisti, Gerry Fiegl, amico d’infanzia dall’autore, non torna a casa.
Solo dopo questa sberla introduttiva arrivano davanti agli occhi di chi legge le pagine dedicate all’infanzia e all’adolescenza di Hansjörg, e poi alle sue prime camminate e arrampicate. A diciassette anni il ragazzo di Umhausen vede per la prima volta in faccia la morte, quando una valanga rischia di travolgere lui e il fratello Matthias.
Una collezione di salite top con pochi uguali
Nonostante tutto, quando gli amici chiedono a Johann Auer cosa pensa dell’alpinismo pericoloso del figlio, lui risponde “se Hansjörg passasse tutto quel tempo all’osteria invece che tra le montagne sarebbe una catastrofe”.
Poi, in “Parete Sud”, si risale sull’ottovolante. La salita della parete Nord dell’Eiger precede la prima via nuova di Auer sulle Dolomiti, sul tostissimo Sass dla Crusc’ in Val Badia. Poi, uno dopo l’altro, arrivano il Cerro Torre e le Torri di Trango, la solitaria di Attraverso il Pesce che lo rende famoso in Austria e all’estero, le muraglie di granito dell’Isola di Baffin e della Norvegia. Tra una spedizione e l’altra arrivano decine di salite importanti sulle Alpi, a volte con discese in parapendio. Nel libro, i racconti – diretti, coinvolgenti, lontani da ogni retorica – delle giornate trascorse in parete si alternano alle riflessioni sulla vita, sull’amicizia.
Dopo altre imprese e altri tentativi falliti in Pakistan, stavolta sul Kunyang Chhish e sul gigantesco Masherbrum, Hansjörg ottiene il brevetto di guida alpina. Nelle ultime pagine, l’alpinista di Umhausen torna sulla tragica spedizione al Nilgiri South, e sulla fine del suo amico Gerry. Soffre, riflette, fa pace con sé stesso. Non può sapere che da lì a poco toccherà a lui, su una montagna, sconosciuta e severa, delle Rockies canadesi.