Ambiente

Come le piante di montagna resistono a caldo e siccità

Dura la vita su ghiaioni o pareti verticali. Ecco le strategie adottate da alcune specie che incontriamo durante le escursioni in alta quota


Come risparmiare e soprattutto come trattenere l’acqua quando caldo e siccità la fanno da padroni? Non è solo una grande questione di attualità che riguarda gli esseri umani. Anche le piante per vivere in alta montagna hanno dovuto sviluppare caratteristiche particolari per adattarsi al clima a volte molto severo. Soprattutto quelle che vivono sulla roccia o sono esposte molto al sole devono resistere al caldo e all’aridità.

La radiazione solare in montagna è più intensa con una forte incidenza della frazione ultravioletta (intensità 1,5-2 volte maggiore rispetto alla pianura in estate e 3-4 volte d’inverno). Ci sono studi che hanno evidenziato che in un giorno estivo soleggiato e caldo a 3.100 metri di quota le foglie del ranuncolo dei ghiacciai (Ranunculus glacialis) la specie che si spinge più in alto in Europa (fino a oltre 4200 metri) hanno raggiunto la temperatura di 28,8°C ossia 10,8° in più di quella dell’aria.

La piovosità in genere in montagna è abbondante ma nonostante questo molte piante hanno dovuto mettere appunto specifiche strategie per conservare l’acqua. Se l’evoluzione non avesse condotto a questi adattamenti molte forme vegetali avrebbero seri problemi per sopravvivere.

Le specie che vivono sui dirupi o sulle pareti verticali esposte a sud si trovano in situazioni particolarmente inospitali. Ma anche le specie che vivono sui ghiaioni, soprattutto quando sono costantemente alimentati da nuovo materiale che precipita dall’alto, crescono in condizioni di vita assai severe. Eppure, proprio queste specie sono spesso molto vitali e molto belle.

Gli escursionisti lo sanno bene quanto caldo fa risalire un ghiaione colpito dal sole con una sensazione di estrema aridità. In realtà però alle piante dei ghiaioni va meglio rispetto a quelle che crescono sulle pareti rocciose. La struttura fisica di un ghiaione è costituita da sassi scheggiati incoerenti che facilitano la penetrazione dell’aria e limitano la disidratazione dello strato inferiore. Se poi, come in gran parte delle Dolomiti, i ghiaioni sono costituiti da pietre di colore chiaro, queste riflettendo maggiormente la luce, evitano il surriscaldamento del terreno. A tal proposito Thomas Schauer e Claus Caspari nella loro Flora e fauna delle Alpi annotano che “misurazioni di temperatura hanno provato che mentre la superficie di un macereto calcareo si riscaldava fino a 25 °C, prati adiacenti raggiungevano, sempre in superficie, i 40° C”.

Un altro elemento molto importante per determinare condizioni di siccità è il vento che si manifesta soprattutto sulle vette e sulle creste. Oltre a ostacolare la crescita in altezza delle piante può trasportare particelle solide che possono provocare lesioni alle piante e comunque il vento accresce la traspirazione con un effetto disidratante.

Fatte queste premesse vediamo qualche esempio delle strategie adottate da alcune specie di cui riportiamo anche le foto. 

Le piante grasse

Come nei deserti e negli ambienti aridi, anche in montagna ci sono le piante cosiddette grasse con foglie succulente che funzionano da vero e proprio serbatoio d’acqua. Anche la loro forma aiuta a non disperderla visto che spesso sono foglie tozze e strette quindi con una superficie traspirante ridotta. Un bellissimo esempio è il semprevivo delle Dolomiti (Sempervivum dolomiticum), una pianta endemica adottata come simbolo del Parco naturale delle Dolomiti d’Ampezzo. Forma delle rosette di numerose foglie basali addensate, ogni rosetta vive per molti anni ma muore dopo la fioritura. I fiori sono molto belli di colore rosso violaceo.

Lo stesso accade per la sassifraga sempreviva (Saxifraga paniculata) che forma eleganti rosette rotonde di foglie carnose con il margine finemente dentato e incrostato di calcare, la cui durezza si può percepire toccandola. Ma foglie meno appariscenti, ellittiche, piccole, rigonfie, carnose, veri serbatoi d’acqua sono anche quelle delle specie appartenenti al genere Sedum, che si rinvengono tanto sulle rocce, quanto sui detriti rocciosi o sui muri.

I cuscinetti

C’ è anche un’altra strategia per resistere all’aridità, che è quella di riunirsi in gruppi, condividendo un cuscinetto (pulvino) denso di foglie strette le une alle altre, in modo da formare quasi una specie di spugna, e ben ancorato alla roccia. Questi cuscinetti sono spesso convessi e si trovano in famiglie anche molto diverse tra loro. L’evaporazione dell’acqua in queste strutture, viene molto limitata, e i pulvini resistono bene anche al vento, così come agli improvvisi cambiamenti di temperatura. 

Una specie molto comune e facilmente riconoscibile è la silene a cuscinetto ( Silene acaulis) dai piccoli fiori che possono variare dal rosa, al rossiccio, al bianco. 

Un alto bell’esempio di pianta pulvinata è quello della cinquefoglia delle Dolomiti ( Potentilla nitida). Appartiene alla famiglia delle Rosacee i cui grandi fiori, bellissimi, simili a quelli del pesco, contrastano con le foglie argentee e pelose del cuscinetto su cui sono disposti. 

Altri ulteriori esempi sono Androsace hausmanni, i cui fiori si sollevano appena dal pulvino, e la sassifraga verdazzurra (Saxifraga cesia).

La pelosità è un’altra caratteristica delle piante che vivono in ambienti aridi, visto che i peli evitano l’eccessiva traspirazione facendo sì che il vento venga deviato senza asciugare le superfici esposte della pianta. Classico esempio è quello della stella alpina (Leontopodium alpinum). La sua lanugine bianca è una valida difesa contro la perdita d’acqua. Tant’è vero che le stelle alpine coltivate in un clima meno severo, perdono la lanugine o comunque la riducono, perdendo però assieme anche il loro fascino.

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