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Bambini in montagna: lasciamoli esplorare e giocare

“A che serve vestirli come un crociato, con imbrago e kit da ferrata?” “Accogliamo il loro ritmo, la curiosità per le piccole ordinarie stranezze”. “Quiete e attenzione sono i migliori alleati del nostro cammino”. Pensieri e spunti di riflessione della guida alpina Michele Comi

Con i bambini in montagna, se abbiamo fretta di arrivare, alla fine siamo sempre in ritardo!

A che serve vestirli come un crociato, con imbrago e kit da ferrata, ficcargli un casco in testa, per spingerli lungo il ferrame di un percorso attrezzato con cavi e metalli, forzando una situazione innaturale?

Ai più piccoli piace esplorare e giocare.

Se li trastulliamo in sella a una scintillante e-bike bardati come i grandi, come una tartaruga Ninja, sacrifichiamo l’incontro diretto con il mondo minerale, vegetale e animale.

Tutte quelle lunghe, costose, complesse e stancanti preparazioni che escludono l’andare semplicemente a piedi, nei boschi e nei pascoli, tra massi e ruscelli, non fanno che avvilire l’incontro con la bellezza e i diversi habitat della montagna.

Quando li portiamo in montagna dimentichiamoci un punto di arrivo prefissato.

Accogliamo il loro ritmo, la curiosità per le piccole ordinarie stranezze che andiamo incontrando, non meno meravigliose di stantii paesaggi “mozzafiato” ostentati sui dépliant turistici o resi virali dai social.

Scegliamo i percorsi meno battuti, favoriamo pause e deviazioni, inseguiamo tracce e indizi, raccogliamo (con misura) piccole testimonianze della nostra esplorazione: rami, piume, sassi, ossi, cortecce…

Quiete e attenzione sono i migliori alleati del nostro cammino.

Non ci sono percorsi o fatiche obbligate, né ricompense per raggiungere vette o rifugi.

Qui non suonano campanelle, fischi d’inizio o fine partita, tempi scanditi per lo studio, corsi sportivi, svago programmato, lezioni di musica, corsi di lingue… 

Solo il piacere di camminare ed esplorare assieme, grandi e piccoli.

Appunti e spunti per un buon cammino

Vedere, udire, sentire da sé.

Bagnarsi continuamente i piedi nei ruscelli e camminare scalzi nell’erba, anche quando piove.

Ascoltare. Le vecchie case raccontano le storie: voci sottili sottili da udire tra rocce e muri storti

Per vagabondare con la mente ed essere aperti ai segnali delle cose.

Seguire gli indizi. Scoprire nidi, rocce e le nuvole di polline dei mughi sollevate dal vento.

Chiudere gli occhi e camminare in silenzio per respirare l’odore della pioggia.

Fare amicizia con alberi, lumache e farfalle.

Seguire i sentieri poco battuti, con divagazioni, piccole scalate e guadi.

Fotografare senza scatti. Con la semplicità della grafite sul quaderno immortaliamo i nostri incontri e la nostra esplorazione.

Esplorare gli adattamenti tortuosi e bizzarri delle piante.

Superare selve di ortiche che invadono i viottoli tra vecchie case nere di fumo.

Pranzare al fresco sotto la chioma verde blu di un grande abete.

Cercare e scoprire pietre e cristalli nel greto del torrente, un luogo avventuroso e inconsueto.

Imparare a riconoscere i rischi senza la pretesa di eliminarli.

Concedersi il tempo per cogliere dettagli, informazioni, per imparare il rispetto per questi luoghi, e riflettere su quel che stiamo facendo.

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