A tu per tu con Michele Da Pozzo: “troppi fotografi disturbano i selvatici, le folle del lago Sorapiss fanno meno danni”
Il direttore, da 33 anni, del Parco delle Dolomiti d’Ampezzo racconta come è cambiata la frequentazione dell’area protetta. La scelta di indirizzare i visitatori su pochi percorsi allo scopo di preservare la maggior parte del territorio
Michele Da Pozzo dirige il Parco Naturale regionale delle Dolomiti d’Ampezzo dalla sua istituzione nel 1990. Grande appassionato di montagna ed eccellente arrampicatore (fa parte degli Scoiattoli) oltre che laureato in Scienze forestali, conosce ogni angolo del territorio sia dal punto di vista naturalistico sia per quanto riguarda le sue dinamiche e problematiche. È a lui che abbiamo chiesto come è cambiato il turismo di chi frequenta il Parco delle Dolomiti d’Ampezzo nell’arco di tre decenni.
Il Parco delle Dolomiti d’Ampezzo si estende su una superficie di 11.500 ettari a nord del centro abitato di Cortina al confine tre Veneto e Alto Adige. La sua gestione è stata affidata dalla Regione Veneto alla Comunanza delle Regole d’Ampezzo, “in virtù della specificità delle forme antiche di gestione del patrimonio naturale ampezzano, da esse conservato e tutelato per centinaia di anni”. Nella sua area sono compresi i gruppi montuosi della Tofana, Fanis, Col Bechei, Croda Rossa d’Ampezzo e Cristallo. La sua biodiversità floristica e faunistica è molto ricca vista la varietà di habitat. Basti pensare che nel Parco vivono circa 160 specie di animali vertebrati e 31 specie di mammiferi, tra i quali il capriolo, il cervo, lo stambecco, il camoscio, la marmotta, la volpe, lo scoiattolo, l’aquila reale e altri rapaci. Sono oltre mille le specie floreali.
“Ho visto cambiare il clima e con il clima anche il tipo di turismo oltre naturalmente alla quantità di gente che è raddoppiata”, esordisce Da Pozzo. “Alla fine del secolo scorso l’estate era più corta, perché gli inverni erano molto nervosi, iniziava più tardi e finiva prima. L’estate resta il periodo di maggiore frequentazione del Parco anche se abbiamo assistito in questi ultimi anni a un forte incremento della frequentazione invernale, anche sugli itinerari di basso livello di difficoltà che seguono le strade che portano ai rifugi aperti d’inverno. A questo si aggiunge il boom del cicloturismo che interessa anche alcuni itinerari nel Parco”.
Come è cambiata la tipologia del turista- naturalista?
“C’è un aumento del turismo che mira alla bellezza paesaggistica, quindi legato alle immagini che si vedono sui social, al lago, alla cascata, alla guglia svettante, mentre il turismo naturalistico in senso stretto, quello di coloro che si spostano per ammirare la flora e la fauna è rimasto costante. Questi ultimi frequentano il Parco anche in orari diversi da quelli della massa e anche nei periodi di bassa stagione. C’è un fenomeno però che sta nascendo adesso, una cosa molto grave e alla quale stiamo particolarmente attenti, che è quello dei workshop fotografici mirati a fotografare la fauna. C’è gente che pagherebbe oro per farsi un selfie con il gallo cedrone al canto. E ci sono organizzatori, sedicenti naturalisti, che intercettano questo interesse e sono disposti a portare i “clienti”, facendosi strapagare, nei posti richiesti nei momenti giusti. Questi creano molti più danni rispetto alle migliaia di persone che affollano il Lago del Sorapiss: queste saranno anche molto rumorose ma seguono i sentieri e si limitano a certi spazi senza invadere le aree naturali più delicate Un fenomeno molto grave che stiamo contrastando anche con l’aiuto dei carabinieri forestali”.
Quali sono le strategie che applicate per contenere l’afflusso di frequentatori?
“Preferiamo indirizzare la gente su itinerari ben precisi piuttosto che si disperda ovunque. Facciamo una manutenzione regolare di tutti i sentieri segnati CAI. Per gli altri ci limitiamo a una manutenzione di percorribilità minimale, non sono segnati, non c’è tabellonistica, non c’è cartografia, gli imbocchi sono mascherati. Non vogliamo però abbandonarli del tutto, perché sono in genere percorsi della memoria, di guerra, di interesse storico”.
Altre iniziative?
“Abbiamo realizzato anche alcuni sentieri naturalistici a tema, come quelli botanici di Pian de Loa e di Zuel -Dogana Vecchia a fondovalle, o il sentiero glaciologico didattico d’alta quota del Sorapiss n.215 che corre alla base del ghiacciaio occidentale dove meglio che in altri settori delle Dolomiti d’Ampezzo si vede l’arretramento dei ghiacciai, le morene, la flora periglaciale. La sua frequentazione ovviamente è più limitata visto che richiede una certa fatica. Per quanto riguarda la fauna abbiamo intenzionalmente evitato di indicare itinerari e luoghi. Certo, dal punto di vista informativo diamo le informazioni sulle specie presenti, ma senza dire dove sono. Ci sono poi alcuni itinerari dell’acqua, cascate, gole, che se è vero che attraggono più visitatori disturbando un po’ l’ambiente, d’altro canto sono un ostacolo per gli appetiti idroelettrici di chi vorrebbero sfruttare quei torrenti”.
Quali sono le figure professionali che operano nel Parco come guide naturalistiche?
“I nostri guardiaparco sono preparati ma fanno un servizio di guide solo a fini “sociali” cioè per i residenti e per le scuole locali. Per gli altri visitatori ci sono sette accompagnatori di media montagna di Cortina che svolgono questa professione a tempo pieno e operano idi concerto con le guide alpine. C’è però da dire che ormai sono centinaia di guide naturalistiche provenienti dall’esterno che operano da noi, come peraltro le nostre guide lavorano anche altrove. C’è lavoro per tutti e hanno una formazione rigorosa, sono ben preparate”.