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Neve, clima e la memoria del criceto

Sono trascorsi appena dodici mesi da quando il governatore dell’Alto Adige firmava l’ordinanza di stop alla neve artificiale. Oggi, invece, tutto va bene?

Striscia di neve artificiale nel comprensorio Ponte di Legno Tonale. Foto archivio Michele Comi
Striscia di neve artificiale nel comprensorio Ponte di Legno Tonale. Foto archivio Michele Comi

La siccità divenuta emergenza sulle Alpi costringe Kompatscher a correre ai ripari, per contenere il consumo d’acqua agricoltori e gestori di acquedotti sono invitati a usare l’acqua in modo parsimonioso e per le stazioni sciistiche si chiudono i rubinetti, con divieto di usare i cannoni sparaneve.

Una decisione che arriva a fine stagione, ma che smonta all’istante la glorificazione della “nevificazione” che, a detta dei dirigenti del settore impianti a fune, consuma un nonnulla dell’acqua utilizzata in Italia.

Dopo appena un anno la memoria della stagione secca e mite precedente si dissolve, al pari delle promesse elettorali, come la neve in rapida fusione in questi ultimi caldi giorni di un inverno che non c’è, che ha portato aria umida e mite (mai freddo), tradotta in precipitazioni in forma liquida sotto i 1500 metri e cumuli di neve fresca a quote più alte.

Quest’abbaglio di neve in quota sostiene l’illusione che tutto va bene, anche se il mese di febbraio appena trascorso è stato il più caldo mai registrato al mondo e parte da una serie di nove record mensili consecutivi.

Il circo bianco pare ignorare un indicatore oggettivo incontestabile: il termometro.

Lo spot circolante degli esercenti funiviari, che ci racconta quanto è bella e buona la neve “tecnica”, e quanto la montagna debba ringraziarla, forse dovrebbe per onestà raccontare, oltre ai costi di produzione sempre più alti, che arriva a consumare fino al 35 % di acqua, che si perde principalmente per via dei processi di sublimazione ed evaporazione.

Montanari, albergatori, maestri di sci, noleggiatori…non devono certo smantellare l’industria dello sci e smettere di andare a sciare domattina, ma forse non continuare ad alimentarla a dismisura, senza studi di fattibilità climatica per ogni nuova infrastruttura per lo sci e iniziare a capire cosa fare nel futuro, sempre più prossimo. Sempre che non sia troppo tardi.

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