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Whiteout, viaggio nel buio bianco guidati da Fosco Maraini

Ammirare le forme delle nuvole da lontano sulle tracce del grande antropologo e scrittore, poi immergersi al loro interno per trovare un’atmosfera speciale. Si può fare? E con quali avvertenze?

In alto le vette sono avvolte sin dal mattino da nuvole dense, raggiunte dall’avamposto esteso di vapori in arrivo con la perturbazione annunciata.

Fosco Maraini nel suo “Nuvolario. Principi di nubignosia analitica e differenziale” le definirebbeIperonti”, distinte in “Giardini degli Dei”, che si accavallano con le “Torme in fuga”, che mutano via via in impenetrabili “Perionti”, in trasformazione progressiva da “Sfumature” a “Velami” a “Tombe”!

Incuriositi dalla nimbologia del Maraini risaliamo senza indugio il versante che conduce dritti nel ventre delle nuvole. La sua lettura e classificazione associa davvero ad ogni classe una sfera emozionale? Presto lo scopriremo.

I larici si fanno sempre più radi, sino a scomparire oltre i 2300 metri, le rocce affioranti ancora rendono evidente l’ingresso del canale delimitato alla base da un’alta piramide scura denominata il Castello, una poderosa torre minerale a difesa del regno delle nebbie.

Sostiamo alla base di uno strapiombo appena visibile, un sorso di the caldo, un paio di datteri e siamo pronti ad entrare in un mondo fantastico che di solito ci gravita sopra: quello delle Nuvole.

La neve si fa spessa e polverosa, batter traccia si fa via via più faticoso, non si distingue la Terra dal Cielo e sembra di intravedere una montagna sopra la montagna.

L’orizzonte scompare e gli occhi cedono progressivamente la guida ai piedi, che si ritrovano senza pensarci a percorrere un canale di valanga dove si sprofonda meno per un buon tratto.

Cielo e pendio si fondono assieme, l’atmosfera si fa cupa, sino al ripiano superiore, dove un chiarore associato al respiro meno affannoso rende lo spazio più familiare, seppur privo di ombre e di ogni riferimento visivo. Il vento che investe il viso annuncia che siamo prossimi all’ampia dorsale sommitale.

Decidiamo di traversare a Sud lungo lo spartiacque per tornare nel mondo del visibile. Lo strato continuo di nuvole bianche che si fonde con la superficie nevosa è impenetrabile e invisibile ogni profondità e irregolarità superficiale. Ricorriamo alla mappa digitale per evitare di deviare verso i salti di roccia in agguato. La neve a Sud si fa crostosa, dopo cinque ore all’improvviso udiamo una mostoslitta e distanza e usciamo dalla vertigine del viaggio nel bianco come in una oscurità.

Lo sguardo diventa nebbia, è l’incertezza che affascina? O il mondo del sogno? Fatto di spaesamento, vertigine e coordinate inesistenti? La scelta di organizzare consapevolmente e in un certo modo la frequentazione di un “luogo” influenza l’esperienza che facciamo di quel luogo?

Quando il sole piano piano viene da loro indebolito e si diluisce per l’atmosfera, generano una sottile tristezza; alcuni autori dicono “un senso di inutilità della vita”. In certi casi hanno invece la virtù di sollevare lo spirito a una percezione vivida e felice di spazi profondi oltre ogni dire (Fosco Maraini “Il Nuvolario – Principi di nubignosia analitica e differenziale”)

 

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