Film

Sils Maria: Juliette Binoche e il “serpente di Maloja”

I paesaggi dell’Engadina recitano un ruolo di primo piano nel film di Olivier Assayas

Nella valle svizzera dell’Engadina, nel Cantone dei Grigioni, talvolta si verifica un raro e particolare fenomeno meteorologico. È il serpente di Maloja, una nube che si crea quando abbondante aria umida sale dalla Bregaglia sul Maloja, trasformandosi in nuvole o nebbia fitta che letteralmente “serpeggiano” sulla valle a bassa quota.

Presentato in concorso alla 67esima edizione del Festival di Cannes, Sils Maria (2014) di Olivier Assayas parte proprio dalla forza enigmatica di questo fenomeno naturale, facendone la metafora dei sentimenti misteriosi e affascinanti che animano le sue due protagoniste, interpretate da Juliette Binoche e Kirsten Stewart.

Sils Maria racconta la relazione complessa della famosa attrice Maria Enders (Juliette Binoche) con il dramma teatrale che segnò la sua intera carriera: “Il serpente di Maloja”, dove interpretava il ruolo di Sigrid, un’affascinante ragazza che spinge alla follia amorosa il suo capo Helena. Il ricordo di quel ruolo si ripresenta però alla porta del presente quando, dopo la morte del drammaturgo, un giovane regista propone a Maria di riportarlo in scena ma mettendosi nei panni della donna più matura – il personaggio più fragile.

Seguita costantemente dalla sua giovane assistente Valentine (Kirsten Stewart) durante la preparazione, Maria entra nei meandri del suo passato e del testo, cominciando a confondere insieme a Valentine la rappresentazione (l’atto del recitare, dell’entrare nei meandri del testo) con la realtà della vita e dei sentimenti (il passato di Maria, le sue paure, la messa in scena difficoltosa del testo).

Diviso in tre atti come la piéce stessa che Maria deve mettere in scena, Sils Maria si svolge principalmente in Svizzera, a Zurigo e – ovviamente – a Sils Maria, luogo in cui l’autore della piéce passava parte dell’anno insieme alla moglie Rosa e dove ha concepito il testo. Il paesaggio montano dell’Engadina è quindi centrale, non solo perché visibile ma anche perché concettualmente inestricabile dal significato stesso del film, i problemi dei personaggi, i loro dubbi esistenziali. Maria passa del tempo tra quelle montagne cercando l’ispirazione, provando a connettersi con il suo “maestro” attraverso i luoghi in cui questo ha vissuto, ma soprattutto provando a riflettere (insieme a Valentine) sulla sé di un tempo: un percorso complesso e tortuoso – come i sentieri in cui Maria si perde – di accettazione del tempo che passa.

Assayas articola questa riflessione aggiungendo la variabile “meta” del cinema stesso, o meglio del concetto di recitazione: ne é prova il personaggio della giovane e controversa star di Hollywood Jo-Ann Ellis (Chloë Grace Moretz) che prenderà il posto di Maria, e che a sua volta è immersa in una cultura cinematografica totalmente aliena a quella della protagonista (la ragazza viene dal teatro, ma recita in film di supereroi). Un “mondo” che da Maria sembra lontanissimo, quasi incomprensibile, ma che in qualche modo ritornerà – più forte di prima – nella forma di un nuovo, possibile ruolo: moderno, rivolto al futuro. Ma solo dopo essersi osservata nel corpo di un’altra.

Fu Juliette Binoche stessa a proporre l’idea del film ad Assayas, il quale rimase affascinato dalle immagini del pioniere della fotografia di montagna Arnold Fanck. Questo, infatti, nel 1924 filmò il “serpente” nel documentario Das Wolkenphänomen von Maloja (Il fenomeno delle nuvole di Maloja): un documento storico meraviglioso che Assayas ripropone nel suo film, quando le due protagoniste lo guardano in televisione insieme alla moglie del defunto drammaturgo, e che poi prende letteralmente vita davanti alla macchina da presa in un’altra scena culminante del film, osservato da una Juliette Binoche estasiata da tale vista.

Le riprese del film si sono svolte tra la provincia di Bolzano, Sils Maria, Zurigo, St. Moritz, Berlino e Lipsia.

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