Itinerari

Sul Monte Sammucaro, dove si combattè la prima battaglia della Linea Gustav

80 anni fa il regista John Huston, il capitano Henry Waskow e il giornalista Ernie Pyle hanno reso famosa questa piccola e panoramica montagna tra Lazio, Campania e Molise

Molti appassionati italiani di cinema conoscono il regista statunitense John Huston, che ha diretto una sessantina di film da “Il falcone maltese” del 1938 a “L’onore dei Prizzi” del 1985. Tra gli attori da lui diretti sono Humphrey Bogart, Marylin Monroe, Peter O’Toole e Clark Gable.

Quasi nessuno, da noi, ha invece sentito parlare del capitano Henry Waskow, un ufficiale del Texas che muore il 14 dicembre 1943 tra le rocce del Monte Sambucaro, Sammucro per le mappe della US Army, dove s’incontrano oggi i confini di Lazio, Campania e Molise.

E’ sconosciuto in Italia anche Ernie (Ernest) Pyle, un giornalista le cui corrispondenze dal fronte escono su quasi 200 giornali tra i quali il “San Francisco News” e il “Washington Daily News”. A renderlo famoso, nel 1940, è stata un’incursione dei bombardieri tedeschi su Londra.

Quando suona l’allarme, invece di scendere nel rifugio antiaereo dell’Hotel Savoy, Ernie sale in terrazza, e osserva Londra “pugnalata da enormi fuochi, e scossa dalle esplosioni”. Il suo pezzo su quella “vecchia, vecchia città che per quella notte è stata la cosa più bella che avessi mai visto”, dove “la cupola della cattedrale di St. Paul viene circondata dalle fiamme, ma ce la fa”, viene apprezzato in tutti gli USA.

Nell’autunno del 1943, dopo l’armistizio dell’8 settembre e la liberazione di Napoli, i generali americani e britannici sottovalutano la Wehrmacht tedesca. Il 14 ottobre gli Alleati attraversano il Volturno e lo slogan “a Roma per Natale!” si diffonde. Invece, di fronte, c’è uno sbarramento poderoso.

I tedeschi, per ordine di Hitler, hanno fortificato il punto più stretto della Penisola, dove 140 chilometri in linea d’aria separano Formia e Gaeta da Ortona. Per ordine del maresciallo Albert Kesselring, nascono tre linee fortificate parallele. Le prime due, meno munite, vengono battezzate Barbara e Reinhardt.

La terza, la Linea Gustav, scavalca i Monti Aurunci, le Mainarde e la Maiella, ed è dotata di postazioni in caverna, reticolati e campi minati. Dove incrocia la Via Casilina ci sono la città di Cassino e la storica abbazia di Montecassino, su un’altura. La battaglia per conquistarle, tra gennaio e maggio 1944, costerà decine di migliaia di vittime.

Le prime battaglie sanguinose, però, si svolgono tra novembre e dicembre del 1943, più a sud, sui monti Camino e Sammucaro. Sulla prima montagna le Coldstream Guards britanniche si scontrano con i Panzergrenadier della Wehrmacht. Sulla seconda, gli americani soffrono per conquistare il borgo di San Pietro Infine e la cima.

Il 14 dicembre, una granata tedesca uccide il capitano Henry Waskow, della 36ª Divisione di fanteria della US Army. Ha 24 anni, è il settimo degli otto figli di un coltivatore di cotone, era già stato ferito a Salerno. L’indomani i muli portano a Ceppagna il suo corpo e quelli di altri caduti.

Ernie Pyle assiste alla scena, piazza la macchina da scrivere su una cassetta di legno e si mette al lavoro. Il suo pezzo, che esce su decine di quotidiani con il titolo “Beloved Captain”, “Amato capitano”, entra nella storia del giornalismo di guerra. “Mai la mia strada ha incrociato quella di un ufficiale amato come il capitano Henry T. Waskow, di Belton, Texas”, scrive Pyle. “Dopo mio padre c’è lui, si è sempre occupato di noi”, gli dice un soldato.

Lo stesso giorno, le truppe a stelle e strisce attaccano San Pietro Infine, e s’impegnano in un sanguinoso corpo a corpo con i paracadutisti tedeschi. Quando lo scontro finisce, il paese è un cumulo di macerie.

A far entrare San Pietro nella storia è John Huston, che è stato richiamato per filmare l’ingresso degli Alleati a Roma e documenta invece la sanguinosa battaglia per il possesso del borgo. Quando le armi tacciono, la troupe filma i lamenti e gli sguardi allucinati dei civili che riemergono dalle cantine e dalle grotte.

Per completare il film Huston rimette in scena la battaglia, usando come comparse i texani della 36ª Divisione. Al termine del montaggio però, quando “The Battle of San Pietro” arriva al Pentagono, la crudezza di molte scene ne fa bloccare la diffusione. Poi una versione più breve e meno cruenta raggiunge le sale, e il settimanale “Time” scrive di “una delle migliori pellicole di guerra mai girate”.

Nel dopoguerra San Pietro Infine viene ricostruita più a ovest, e i ruderi del borgo diventano un terribile monumento. Nel 1959 Mario Monicelli gira qui “La Grande Guerra”, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman. Nel 2008 nasce il Parco della Memoria Storica, con un percorso nel paese e un museo dove si può vedere “The Battle of San Pietro”. Il film può essere visto da casa su You Tube.

Oggi i sentieri del Monte Sammucaro vengono percorsi di rado, e quasi solo dai soci delle sezioni CAI della zona, da Cassino fino a Isernia e a Caserta. E’ un peccato, perché il dislivello da superare non è molto, e i panorami, i resti di trincee sul terreno e la vicinanza di San Pietro Infine rendono la zona affascinante. Il sentiero che sale da San Vittore è ripido, ma meno di quelli degli altri versanti. La neve, a causa della quota modesta, si ferma di rado sulla montagna.

Da San Vittore del Lazio al Monte Sammucaro

(da 500 a 660 m di dislivello, da 3 a 4.30 ore a/r, E)

Il breve e ripido sentiero che sale verso i 1205 metri del Monte Sammucaro si raggiunge da San Vittore del Lazio e dall’omonimo casello della A1. Si segue in auto la strada asfaltata che sale verso Radicosa. Dopo cinque chilometri, senza salire all’abitato, si imbocca a destra una strada che sale a un gruppo di case su un crinale (560 metri).

Si può continuare in auto, per una stretta strada asfaltata a saliscendi. L’ultimo tratto, sterrato, porta a un’area da picnic e a una croce, in località Macchia 702 metri di quota. Se si parte a piedi da Radicosa occorrono tre quarti d’ora in più, sia all’andata sia al ritorno. Dalla croce, un viottolo verso destra consente porta a tre vecchie capanne in pietra a secco affacciate su San Pietro Infine e la valle del Volturno.

La salita alla cima inizia accanto a un memoriale che ricorda i militari degli USA e del Canada, raggiunge il limite del bosco e porta a un bivio. Il sentiero più diretto ed evidente segue la cresta, a tratti raggiunta dal bosco, e che precipita a destra, sul versante campano con dei salti di roccia.

Da una sella erbosa si aggirano a sinistra delle rocce, si risale un ripido pendio e si raggiunge la grande croce di legno della cima, che offre un bel panorama sul Monte Cairo e Montecassino, le Mainarde, il Matese, l’alto Casertano e i Monti Aurunci. Intorno alla croce sono resti di muri a secco e trincee. Si può anche salire a sinistra della cresta, nel bosco, per le tracce lasciate dal bestiame, e ritrovare il percorso già descritto più in alto. Si scende per la via di salita.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close