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È il momento giusto per la Grande Traversata Elbana

Quattro giorni di cammino con vista mare lungo antichi sentieri riportati in vita proprio per consentire questo trekking. Da affrontare adesso, quando l’isola toscana mostra il suo volto più autentico

La Grande Traversata Elbana, o GTE per gli amici, è un cammino di 62 chilometri che collega Cavo a Pratesi (o a Pomonte) tagliando l’isola da Est a Ovest. Il percorso rimane per lo più in quota sulla dorsale che attraversa l’isola: si cammina su ‘montagne vere’, che niente hanno da invidiare ai rilievi appenninici o alpini, mantenendo però sempre la vista sul mare e sulle altre isole dell’Arcipelago toscano come Montecristo, Pianosa e il Giglio.

La GTE non è un cammino storico: anche se un elbano avesse voluto andare da Pomonte a Cavo, e non saprei perché avrebbe dovuto farlo, ci avrebbe messo meno tempo via mare. Nel 1987 sono nate le prime guide escursionistiche all’Elba: Renato Giombini e Mario Ferrari pubblicano una guida sull’isola e ipotizzano un itinerario che attraversi l’Elba, riunendo i vecchi percorsi e mantenendosi in quota sui sentieri che tracciano lo spartiacque tra il Nord e il Sud dell’isola. Ferrari trae ispirazione dal GR20, il famoso trekking che attraversa la Corsica, e si fa un punto d’onore dell’evitare l’asfalto. A parte alcuni passaggi obbligati, infatti, la GTE si snoda per la quasi totalità su sterrati”, spiega Francesco Stea, socio della sottosezione CAI Isola d’Elba e coautore, insieme a Michele Cervellino, della prima guida della GTE in uscita la prossima primavera.

Il tracciato viene solitamente suddiviso in quattro tappe, tre per un’escursionista allenato. I chilometri non sono tantissimi, ma il percorso non è da sottovalutare a causa del dislivello e del fondo spesso irregolare e accidentato. La prima parte del sentiero è univoca, poi nella zona del Monte Capanne, si può scegliere se percorrere la parte settentrionale o quella meridionale della traversata.

Per dormire è necessario scendere verso i centri abitati: il campeggio libero nel Parco è vietato. Inoltre, sul percorso non è possibile rifornirsi di acqua, è infatti presente una sola fonte che negli ultimi anni è poco affidabile. Il periodo migliore per avventurarsi sui sentieri dell’Elba sono le mezze stagioni, ma il trekking si può percorrere anche in inverno, se il tempo è buono e non minaccia pioggia. Soprattutto nella zona del Monte Capanne, infatti, l’ambiente è roccioso e la pioggia lo rende scivoloso, inoltre è possibile incontrare ghiaccio e neve.

La GTE ha un’ottima segnaletica del CAI, gestita dal Parco dell’Arcipelago Toscano, ma onde evitare il rischio di perdersi si può scaricare l’app Avenza Maps, dove è disponibile gratuitamente la carta ufficiale dell’isola, prodotta dal Parco.

Prima tappa: Cavo-Porto Azzurro

Questa tappa è lunga 16 chilometri, con un dislivello di 920 metri in salita e di 770 metri in discesa. Si parte dalla spiaggia di Cavo per percorrere la dorsale orientale dell’isola, con il mare sulla destra. L’itinerario si snoda in un ambiente selvaggio e sempre vario: si passa dal bosco di lecci alla macchia mediterranea, incontrando opere storiche come l’antica cisterna della villa romana di Capo Castello e il Mausoleo Tonietti, appartenente a una delle famiglie concessionarie delle miniere elbane.

Il panorama che si gode da questa tappa è uno dei miei preferiti. Sebbene la massima quota raggiunta sia modesta, i 515 metri della Cima del Monte, si riesce a vedere il mare da entrambi i lati dell’Elba, lasciando spaziare lo sguardo dalle isole meridionali alla costa di Piombino”, continua Stea.

Seconda tappa: da Porto Azzurro a Procchio

La seconda giornata è meno impegnativa: i suoi 15.8 chilometri si svolgono per lo più su vecchie carrabili militari e su basse colline. Durante il percorso si incontrano molti ruderi a testimonianza degli antichi utilizzi del territorio rurale. Si passa infatti tra il Monte Fabbrello e il Monte Puccio, entrambi sede di insediamenti etruschi, e si attraversano oliveti e pinete artificiali.  Si osservano inoltre alcune sughere, piante autoctone che crescono nelle zone mediterranee.

In questa tappa si trova l’unica fonte d’acqua del percorso, Fonte Schiumoli. Questa fonte prende il nome dai residui dell’attività metallurgica nella zona, ed è soggetta a variazioni nella portata, quindi poco affidabile soprattutto in estate.

Proseguendo lungo la GTE si costeggia la cava di Colle Reciso, e si giunge sopra la villa napoleonica di San Martino, all’altezza della quale si staccano alcune varianti. Quella del Monte Orello, ad esempio, conduce in cima ad una collina su cui si trovano due osservatori di artiglieria in ottimo stato di conservazione. Esistono poi la variante del Monte Barbatoia-Monte San Martino, che passa dal crinale tra queste due colline, e quella della Costa del Gualdarone, apprezzata soprattutto dagli amanti della mountain bike.

Terza tappa: da Procchio al bivio GTE nord-GTE sud o a Poggio

La terza tappa impegnativa è molto, richiede l’intera giornata e si svolge in un ambiente totalmente diverso rispetto a quelli incontrati finora. Si sale infatti verso il Monte Capanne (1019 m), dove il granito la fa da padrone. Geologicamente parlando, si tratta infatti di un plutone monzogranitico, un enorme corpo magmatico che si è raffreddato lentamente al di sotto della superficie terrestre.

Si attraversano ambienti montuosi, la vegetazione passa dalle piante pioniere nei pressi della spiaggia ai boschi di castagni e tassi, che possono sorprendere vista la vicinanza al mare. I castagni in passato erano una risorsa economica per la popolazione, che si alimentava con la farina ricavata dai loro frutti per tutto l’inverno. Il percorso passa poco sotto la vetta del Capanne, che si può raggiungere dal sentiero 101, oppure attraverso una via ferrata. Al bivio di Malpasso, dover scegliere tra la GTE Nord e Sud è un dispiacere”, continua Stea.
Dal bivio, per scendere a Poggio si può proseguire sul crinale detto ‘Crino di Montecristo’, dove si trova un caprile in cui sono stati ritrovati dei reperti preistorici. In alternativa, si può passare dall’eremo di San Cerbone, una via più lunga ma più agevole.

Quarta tappa: GTE Nord dal bivio a Patresi

La GTE Nord, più lunga della variante Sud, traccia un anello quasi completo intorno al Monte Capanne. “In questo modo è possibile notare il cambiamento della vegetazione dal lato Sud al lato Nord del massiccio, dove si trovano boschi più rigogliosi”, racconta Stea.

Il percorso inizia con l’attraversamento di una pietraia che è forse il passaggio più scomodo della tappa: qui si trova un sentiero non EEA che giunge, con una deviazione rispetto alla GTE, in vetta al Capanne. Il tracciato prosegue poi in gran parte sulle mulattiere lastricate che collegavano Marciana con la costa occidentale.  Anche in questa tappa si incontrano edifici storici, come i ruderi della chiesa di San Frediano e, se si devia dal percorso tornando verso Marciana, il Santuario della Madonna del Monte. Si giunge infine alla spiaggia di Patresi dopo circa 17 km di cammino.

Quarta tappa (alternativa): GTE Sud dal bivio a Pomonte

Proseguendo dal bivio verso sinistra, sulla GTE Sud si segue il crinale che divide la valle di Pomonte da quelle di Vallebuia e Seccheto, dove c’è la possibilità di incontrare esemplari di muflone. La tappa è per lo più in discesa, passando da 839 metri di quota, al livello del mare di Pomonte e misura solo 6,8 km. Il tracciato attraversa il Colle della Grottaccia, le Mure, Monte Cenno e Monte Orlano, e si snoda tra muretti a secco, radure e vigneti.

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