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Quando la notte, un dramma ai piedi del Monte Rosa

Girato a Macugnaga, al cospetto della parete più alta delle Alpi, Quando la notte (2011) di Cristina Comencini racconta le difficoltà dell’essere madre e la complessità delle relazioni amorose

Com’è stato crescere qui? Chiede Marina (Claudia Pandolfi) a Manfred (Filippo Timi), la burbera guida alpina e padrone di casa dell’appartamento dove la donna si è recata in vacanza con il figlio Marco.
Marina viene dalla città e forse proprio per questo si concede qualche settimana per respirare nella montagna piemontese, per la precisione a Macugnaga (anche se nel film non viene mai nominata espressamente), dove nell’ultima casa in fondo al paese può trovare un po’ di pace.

Marina è sola, sappiamo che è sposata (ma il marito è una presenza assente: in che rapporti siano, rimane un mistero) e che il piccolo Marco, di soli due anni, non fa che piangere tutte le notti. Una notte, durante l’ennesimo pianto del piccolo, Marina ha uno scatto d’ira e il bambino si ferisce alla testa: da quel momento Manfred da indispettito che era comincia a studiare la donna, trovando in lei una stessa indole di violenza che ha caratterizzato anche il suo passato. I due, tramite questo evento, trovano così nel dolore una connessione complessa su cui Comencini riflette con grande lucidità – a partire dall’idea che essere madri richiede sempre un sacrificio e un lato di dolore e sofferenza.

È un tema estremamente complesso e, spesso additato a taboo dalla società, che Quando la notte mette a discorso con una chiarezza e una sensibilità rare. Forse proprio perché viene dal romanzo omonimo sempre di Cristina Comencini, il film riesce infatti a costruire due personaggi stratificati, dove il passato è fondamentale per capire le loro azioni presenti. Nessuno dei due è un essere umano perfetto e proprio la loro relazione, il loro essersi incontrati in quel momento e in quel modo, svela i fantasmi di entrambi.

Manfred è stato abbandonato dalla madre insieme ai tre fratelli quando era piccolo; la madre si è rifatta una vita in America. Il perché non viene svelato, ma il dubbio è che, a sua volta, la madre sia stata vittima di una situazione famigliare complessa, forse violenta. Oppure, semplicemente, si era innamorata? Il nodo di Quando la notte sta proprio qui, nell’idea di non dare facili giudizi ma di raccontare quanto il dolore della maternità e il suo desiderio più assoluto possano convivere senza escludersi, quanto come donne sia sempre difficile dover conciliare realizzazione personale e dovere.

Ambientato a Macugnaga, Quando la notte è un film avvolto dalla nostalgia. Le alpi piemontesi sono per Marina il luogo di una vacanza che l’ha cambiata per sempre e per Manfred, che ci è cresciuto, un luogo pieno di ricordi. Il paesaggio si fa così vivo, essenziale a fini drammatici: fin dalla prima scena in cui Marina osserva dal pullman le bianche montagne farsi sempre più vicine e comincia a piangere, la montagna viene caratterizzata come un posto speciale, l’eccezione a una normalità e il luogo dove le cose possono accadere o sono già accadute. Tra la casa di Manfred, affacciata sulla “montagna del gigante”, il rifugio in quota della sua famiglia e il paese, Macugnaga e i suoi paesaggi si fanno non solo cornice ma parte integrante della storia.

Le location del film

Il film è stato girato quasi interamente a Macugnaga, nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola: la casa isolata in fondo al paese dove abita Manfred e dove Marina si reca con il figlio si trova, nella realtà, in Via Marconi 7; la funivia che porta al rifugio è quella che va da Via di Chiesa Vecchia al Passo del Monte Moro; l’ospedale è l’ex Grand Hotel Monte Moro, in Via Ludovico Jacchetti; la chiesa all’esterno della quale si tiene la festa del paese è la Chiesa Vecchia, in Via Dorf; la piazza dove Marina arriva quando scende dal pullman all’inizio del film è Piazza Pecetto a Pecetto superiore.

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