Meridiani Montagne

Balconata sul Bianco

Sul numero 125 di Meridiani Montagne dedicato al Dente del Gigante e alla Val Ferret, ora in edicola, Luigi Dodi ripercorre il sentiero più panoramico del Tour du Mont Blanc, facendosi accompagnare dai racconti dei rifugisti

Migliaia di escursionisti affrontano ogni anno, appena la stagione lo consente, il periplo del Monte Bianco. Arrivano da tutto il mondo e rimangono invariabilmente incantati dallo spettacolo che possono ammirare camminando sulla Balconata della Val Ferret, considerato il tratto più panoramico dell’intero percorso. Sulle loro tracce si è mosso Luigi Dodi, autore dell’articolo “Balconata sul Bianco” pubblicato sul numero di Meridiani Montagne attualmente in edicola. Senza fretta, fermandosi a chiacchierare con i rifugisti, custodi non solo virtuali di questo magnifico sentiero.

Ecco alcuni estratti dell’articolo.

Piccoli grandi uomini

In pochi minuti siamo al rifugio, accolti dal vociare di giovani americani. Si godono il sole, qualcuno si sta sistemando nella dépendance. Sì, perché il rifugio – dedicato al forte alpinista Giorgio Bertone, piemontese ma courmayeurin d’adozione – si è allargato, perché l’edificio originale non bastava ad accogliere gli escursionisti sempre più numerosi.

«E pensare che quando ho deciso di aprire qui un rifugio mi dicevano che non avrei avuto futuro». A raccontarci della nascita del rifugio, del suo sviluppo, e di tanto altro, è Renzino Cosson, storica guida alpina di Courmayeur, già presidente della Società delle guide, responsabile del Soccorso alpino valdostano, e grande amico e compagno di scalate di Bertone...

Passeremo quasi due ore insieme. Non diresti che ha 75 anni, questo piccolo grande uomo, serio, ma con gli occhi vispi che sorridono, e che sorvegliano tutto quello che accade intorno. Scende a piedi, e torna subito su, sempre a piedi, perché da qui non vuole stare lontano. Il rifugio nasce nel 1982 dalla ristrutturazione del vecchio alpeggio, acquistato da Renzino grazie alle proprietà donate a sua madre da una ricca famiglia in cambio degli anni passati a fare da inserviente. Grazie a lui, il vecchio alpeggio si è trasformato in un punto di riferimento per gli escursionisti.

Verso il rifugio Bonatti

… Sfioriamo la Tête de Bernarde, facciamo una sosta sulla Tête de la Tronche, 2584 metri, massima elevazione della Balconata, proprio di fronte alle Jorasses. Con una ripida discesa siamo al Col Sapin, e poi giù per il Vallone d’Arminaz, tra mantelli di fiori gialli, azzurri, viola. Mi riprometto, la prossima volta, di provare la “variante” per il Col Entre-deux-sauts e il Vallone di Malatrà, un’ottima scusa per tornare qui. Alle baite di Arminaz, 400 metri più in basso, ritroviamo i trekker della variante bassa, e seguendo il pianeggiante sentiero verso il rifugio Bonatti, nostra prossima meta, incrociamo altri escursionisti. Quasi tutti stranieri, sempre pochissimi gli italiani, che invece ricompaiono al Bonatti, dove arriviamo prima di pranzo. Anche qui la posizione è estremamente panoramica, allo sbocco del Vallone di Malatrà e di fronte alle Jorasses. La grande struttura – inaugurata nel 1998 – è la meta più frequentata della Val Ferret, con il suo comodo accesso di circa un’ora.

Il panorama sulla Est

Al mattino il vento non è calato, anzi. Ci rimettiamo in marcia per l’ultima salita, fino ai 2536 metri del Col Ferret. Oggi sono in tanti sul sentiero, quelli che dormivano all’Elena, e altre decine arrivate dal fondovalle. Giunti sul colle il vento è ancora più forte, quasi rabbioso. Indugiamo un po’ guardandoci intorno, godendo del panorama sulla Est delle Jorasses, e osservando i trekker del Tour che proseguono nel vallone verde verso la Val Ferret svizzera. Mi tornano in mente le parole di Renzino: “Non ho voglia di scendere…”. Come dargli torto?

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close