Turismo

1823-2023: la carrozzabile dello Spluga compie 200 anni

Un prodigio ingegneristico rese finalmente agevole il transito tra Italia e Svizzera facilitando viaggiatori e mercanti. Al Muvis di Campodolcino si ripercorre la storia di quegli anni

“Meglio passare due volte per il Gottardo che una volta sola sul malvagio Spluga”.
Nel 1587, quando espresse il suo pensiero, il mercante di seta basilese Andreas Ryff non sembrava entusiasta di raggiungere l’Italia valicando le Alpi lungo questa antica strada, già nota ai Romani. Non tanto per l’altitudine del passo – 2114 m, poco più del Gottardo – ma per due ostacoli che terrorizzavano i viaggiatori: il canyon della Via Mala fra Thusis e Zillis per raggiungere Splügen e la Gola del Cardinello, fra Montespluga e Campodolcino.

Poi, duecento anni fa, nel 1823, il miracolo: la mulattiera cede il passo a una strada carrozzabile. È un cambiamento epocale nella storia dei passi alpini. Lo Spluga diventa il percorso più efficace per collegare Milano a Coira, e da qui a tutto il nord Europa. L’anniversario è stato celebrato in Italia già nel 2018, a due secoli dall’inizio dei lavori sul versante sud – durati dal 1818 al 1820 – con una mostra e un convegno sulla via di Spluga e sul lavoro dell’ingegnere Carlo Donegani, artefice non solo di questo percorso ma anche dello Stelvio. La pubblicazione “Donegani, l’ingegnere tra le Alpi” ha visto coinvolti anche gli studenti del liceo scientifico Donegani di Sondrio e dell’Istituto Leonardo da Vinci di Chiavenna. Al Museo della Via Spluga e della Val San Giacomo (Muvis https://www.museoviaspluga.it/) di Campodolcino una mostra nel 2021 ha ricordato la nascita della strada esponendo le riproduzioni delle mappe del catasto napoleonico del 1811 sulla valle Spluga.

Sul lato svizzero, i lavori per la strada furono eseguiti tra il 1820 e il 1822. Quindi, dal 1823 il percorso è interamente accessibile ai turisti dell’epoca e ai trasportatori delle merci. «Nel 2023, la Svizzera celebra l’apertura di due passi, lo Spluga e il San Bernardino», spiega Enrica Guanella, responsabile scientifica del Muvis (Museo della Via Spluga e della Val San Giacomo) e sindaco di Campodolcino. È bizzarro per noi oggi scoprire che 200 anni fa siano state costruire contemporaneamente ben due arterie alpine, tra l’altro neppure così lontane l’una dall’altra. La spiegazione storica ce la offre Guanella: «Esisteva all’epoca una rivalità fra i Savoia e l’Impero austroungarico. I piemontesi premevano per la realizzazione del San Bernardino, più funzionale per le merci provenienti dal porto di Genova. Ma anche Vienna voleva avere a disposizione un passo veloce ed efficiente per le merci da Venezia. All’inizio gli svizzeri erano contrari al progetto dello Spluga perché era in concorrenza con il San Bernardino. Per convincerli, il Lombardo Veneto dovette accollarsi il costo di tutta l’impresa fino a Splügen, accettando comunque di avere una carreggiata meno ampia, 3 metri sullo Spluga contro i 5 del San Bernardino».

La strada attuale dello Spluga corrisponde al tracciato di Donegani, a eccezione di alcuni tratti che furono rifatti dopo la disastrosa alluvione del 1834. La sfida fra il San Bernardino e lo Spluga è vinta da quest’ultimo. «Esistono studi dello storico Guglielmo Scaramellini i quali attestano che i volumi di traffico erano superiori sullo Spluga», commenta Guanella. «Era la via più breve: in 36 ore nell’Ottocento si viaggiava da Coira a Milano». Sono anni d’oro per gli abitanti della val San Giacomo, antico nome della valle Spluga, che da secoli avevano comunque legato la loro prosperità al passo. «Dalla fine del Quattrocento, i somieri che trasportavano le merci sulla mulattiera con i muli avevano regole ben precise da rispettare, con tratte di competenza esclusiva ma anche doveri, legati alla manutenzione della via. Quest’attività garantiva le più importanti entrate per la gente della valle, dove l’agricoltura e l’allevamento erano limitati», aggiunge Guanella.

La fine del dominio grigionese nel 1797 e il successivo passaggio della Valtellina agli austriaci cambia le regole del gioco e il mestiere del somiere decade. Ecco perché l’apertura della carrozzabile nel 1823 apre nuove prospettive per i valligiani, che creano locande e osterie per ospitare i viaggiatori e offrono servizi alle carrozze. Lo Spluga diventa un percorso del Gran Tour per chi parte dal nord Europa: la nuova strada ha tagliato fuori il punto pericoloso del Cardinello e offre una vista impareggiabile su una delle cascate più belle delle Alpi, quella di Pianazzo. Se Erasmo da Rotterdam aveva percorso la mulattiera nel 1509, Einstein, Wagner, Bakunin e Nietzsche – solo per citarne alcuni – viaggiano comodi in carrozza e godono il brivido del sublime ispirato dal paesaggio alpino.

Il successo della strada dello Spluga prosegue fino al fatidico 1882, quando viene inaugurata la ferrovia del Gottardo. Insieme ai trafori ferroviari del Brennero e del Moncenisio, la nuova arteria assesta un colpo letale al traffico merci sullo Spluga. La strada che per secoli è stata la vita della valle entra in una fase di declino. I valligiani devono trovare nuove fonti di reddito per sopravvivere. E molti progettano di andarsene. «Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento il 35 per cento degli abitanti emigra: c’è chi va in val Chiavenna, chi in Svizzera, e chi persino negli Stati Uniti», racconta Guanella. «Dal 2011 ogni due anni nel Wisconsin c’è una celebrazione delle famiglie originarie dalla nostra valle. Nel paesino di Genoa, il cimitero è pieno di tombe con cognomi della valle Spluga. Altri poi sono partiti per il Sud America e l’Australia».

Da tempo gli uomini della valle erano abituati a inventarsi mestieri per il periodo invernale, quando c’era meno lavoro lungo la strada e nell’agricoltura. «Dal Seicento si sviluppa in valle Spluga la professione del grapat, il distillatore. È un fenomeno curioso, visto che non c’era l’uva. In realtà, c’entra di nuovo la strada: i somieri caricavano le vinacce da Chiavenna. Nel tempo, i più bravi distillatori emigrarono in varie zone d’Italia, dapprima come stagionali, poi avviando attività stabili».

C’è tutto un mondo dietro alla strada del passo, che il Muvis racconta. Fra i pezzi forti del museo, il corno della diligenza postale di Lindau, che effettuava il servizio per Milano passando dallo Spluga, utilizzata anche da Goethe. Ci sono le stampe di viaggio pittorico d’inizio Ottocento e libri di narrativa odoporica. E poi, un registro di uno spedizioniere di Chiavenna del Settecento, con l’elenco delle merci che viaggiavano verso Coira. Ma se visitate il Muvis non perdetevi il video sul viaggio in carrozza fra Splügen e Chiavenna: vi sentirete come un viaggiatore dell’Ottocento sullo Spluga.

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