Saranno cavoli nostri!
Cinque anni fa stava per scomparire, oggi questa rara varietà di cavolo è l’orgoglio di un borgo della Carnia. L’8 ottobre al cjapũt è dedicata una festa dal sapore speciale
A volte ritornano. E dispensano benessere o piacere. Oppure entrambi. E’ il caso del cjapũt, un raro e pregiato cavolo cappuccio che stava per scomparire e che invece è recentemente rinato a Collina, frazione di Forni Avoltri a 1.250 metri di quota, in Friuli.
La sua resurrezione è stata resa possibile da Ciro Toch, scomparso novantunenne nel 2019, che aveva conservato la semenza. Salvataggio prezioso e lungimirante, dato che di questa varietà di cavolo non vi sono eguali altrove.
Lo conferma il successo riscosso dal cjapũt (il suo nome nei manuali è Brassica oleracea variante capitata), che in questi pochi anni si è prima fregiato dell’etichetta di Prodotto Agricolo Tradizionale (PAT) e più di recente è entrato nel gruppo dei Presidi Slow Food. Dalla forma brachicefala ossia non sferica ma un po’ appiattita oggi va letteralmente a ruba. Non che questa sia una novità: un tempo venivano a Collina a comprarlo apposta dalla Val Pesarina, dal Comelico, da Tolmezzo e anche da più lontano. Lo ha ricordato un appassionato studioso di storia locale, Enrico Agostinis, in un articolo pubblicato nel 2009 sulla rivista regionale Tiere Furlane dal titolo Cavoli nostri, che ha poi dato il titolo all’omonima festa. Un ortaggio destinato all’oblio se nel 2018 l’intraprendenza di una manciata di collinotti non avesse portato a salvarne e piantarne i semi, gelosamente conservati da Ciro, che negli ultimi anni ne aveva messo qualche piantina a dimora per farne solo semenza. Non è stato semplice. Ci sono voluti ben due anni per contattare i cento proprietari sparsi in tutto il mondo dall’Australia al Sudafrica, dall’America alla Svizzera – e c’era persino gente defunta nel 1916! – al fine di ottenere il permesso di utilizzare la loro parcella di terreno incolto a abbandonato da destinare alla semina dell’antico ortaggio. Da allora, ogni estate, chi passa per Collina e butta l’occhio oltre la strada principale non può non notare lo spettacolare appezzamento di terra rigonfio di lussureggianti Brassicacee verdi. Dopo decenni di prati non coltivati, una gioia per gli occhi. “Quest’anno abbiamo piantato 12.000 cavoli in 5.000 metri quadrati” dice Andrea Colucci, uno dei soci della Cooperativa. “Ma abbiamo anche dovuto lottare contro l’attacco di un insetto. Fortunatamente abbiamo trovato un batterio sporigeno antagonista, il Bacillus thuringiensis, e le piantine si sono riprese: ma siamo in ritardo di dieci giorni con la raccolta”.
L’8 ottobre una festa con tante specialità. Tutte cjapũt incluso.
Un ritardo che non ostacolerà il buon esito della festa che dal 2018 si tiene ogni anno nel primo weekend di ottobre nella piccolissima piazza di Collina, ai piedi della montagna più alta del Friuli Venezia Giulia, il Monte Coglians: la Festa dei Cavoli nostri. Un nome allusivo e spiritoso che racchiude l’esito felice dell’operazione di risveglio di una microeconomia locale autentica, credibile e nata dal basso con il ripristino della coltivazione di terreni incolti da decenni.
Nell’edizione 2022 i più di mille piatti preparati a base di cavolo cappuccio erano già esauriti alle due del pomeriggio. Del resto si tratta di una delle verdure più salutari al mondo: ricco di ferro, fibre, acidi grassi, antiossidante, antitumorale e molto altro. Coltivarlo ha un basso impatto ambientale: a soli 60 giorni dalla semina è pronto per esser mangiato ed è resistente ai climi freddi. A Collina la posizione è favorevole, soleggiata e protetta dai venti settentrionali dalla mole del Cogliàns.
Appuntamento dunque a Collina l’8 ottobre. Ci saranno musica, giochi e sei punti di ristoro approntati dai residenti – tra cui i gestori dei rifugi alpini Marinelli e Tolazzi e di Malga Morarêt, oltre alla Staipo da Canobio, alla Cooperativa e alla casa delle Streghe – ciascuno dei quali ha in carico 300 porzioni da preparare. Si gusteranno ricette antiche come, tra le altre, la Salato di cjapũt con las friços, fatta con il cjapũt fresco, la Frito rosso, con il cappuccio saltato in padella, i Craut cu la sopo, una gustosa zuppa con crauti, pancetta e farina e altri piatti a sorpresa. In una passata edizione c’è stato persino il gelato, al gusto di cjapũt.