Il documentario ripercorre la storia di Andrea, da quella terribile meningite fulminante che lo lasciò senza gambe e sette dita delle mani nel 2015. Da lì è tutta in salita. Ma una salita che lo porta su vette di tutto il mondo. Il Bianco, il Rosa, l’Aconcagua e infine il sogno: il Tetto del mondo
“L’Everest rappresentava la materializzazione delle mie convinzioni”, spiega Lanfri con emozione. Ho sempre sostenuto che seguendo i propri sogni con decisione si possa andare oltre, raggiungere grandi traguardi. L’Everest è stata la dimostrazione pratica delle mie parole”.
Un sogno ma anche un lungo percorso di preparazione fisica e mentale che lui ha scelto di condividere con grande genuinità in questo documentario. È un racconto intimo in cui non è mai la malattia ad essere protagonista bensì l’uomo, le sue aspirazioni, la sua perseveranza, il suo coraggio di andare oltre. Sincero, autentico, scevro da sentimentalismi esasperati e leziosità. No, qui c’è solo un ragazzo normale con un amore straordinario per quello che fa.
“La mia preoccupazione prima di un’ascensione è se sono sufficientemente allenato, mica penso alle protesi”, continua Andrea. “Nelle mie avventure mi piace che tutto sia normale. Durante il trekking al campo base dell’Everest, i porter non si sono accorti di nulla finché non abbiamo dovuto guadare un torrente ed io ero l’unico a non togliermi le scarpe”.
Passo dopo passo il documentario segue Andrea e il suo piccolo team al campo base, tra i ghiacci labirintici della Khumbu Icefall e su fino all’Hillary Step per poi toccare le preghiere colorate della vetta. Il tutto condito da qualche bonus track, come l’intervento di Tamara Lunger e le immagini del progetto From 0 to 0.
Il film è stato apprezzato anche dalla critica. Presentata lo scorso aprile a Cannes, la pellicola si è guadagnata un posto tra i finalisti del MipDoc International Pitch per qualità e creatività della narrazione.
Mentre ci godiamo le immagini dal nostro divano, Andrea si prepara ad altre salite, in un programma serrato che già include un piano A uno B. “Sta proseguendo il mio progetto delle Seven Summits. A dicembre sarò in Australia per salire il Monte Kosciuszko (2228 m), la cima più alta dell’Oceania continentale. Poi il prossimo anno sarà la volta del Denali (6194 m) in Alaska. A quel punto mi mancherà solo l’Antartide. Il piano B potrebbe essere un altro ottomila, adesso ci ho preso gusto”.
E a chi gli chiede: “Ma quindi Andrea, cosa serve per scalare l’Everest?”, lui semplicemente risponde “Motivazione, umiltà e tanto amore per la vita. ”