Alpinismo

Matteo Della Bordella racconta il tentativo all’Ogre e la nuova via sul Baintha Kabata

A qualche settimana dal suo ritorno in Italia abbiamo raccolto ricordi e riflessioni dell’alpinista sull’esperienza appena vissuta. Eravamo curiosi di saperne di più. Non siamo rimasti delusi.

“Questa volta le montagne del Karakorum non ci hanno lasciato alcuna opportunità per realizzare l’obiettivo che avevamo sognato: i quaranta giorni di permanenza al cospetto dell’Ogre sono trascorsi quasi tutti sotto la pioggia e le nevicate costanti, nell’attesa vana di una schiarita. Solo verso la fine della nostra permanenza l’Orco ci ha concesso un paio di giorni di tempo un po’ più stabile, dandoci comunque la possibilità di aprire una splendida e difficile via fino alla vetta di 6250 metri del Baintha Kabata. Un regalo ci ha consentito di concludere la nostra avventura con il sorriso sulle labbra”.

Inizia così la mail che ci ha inviato Matteo della Bordella. C’è sicuramente del rimpianto nelle parole con cui Della Bordella – membro del gruppo dei Ragni della Grignetta, del Club Alpino Accademico Italiano e ambassador Ferrino -,  commenta la spedizione da poco conclusa.

L’alpinista era partito alla volta del Karakorum alla fine dello scorso mese di giugno, assieme alla Guida Alpina del Cervino François Cazzanelli, allo svizzero Silvan Schüpbach e al francese Symon Welfringer. L’obiettivo era quello di aprire una nuova via sull’inviolato pilastro Est dell’Ogre (7.285 metri) una delle montagne più belle e difficili del mondo, la cui cima, sino ad oggi, è stata toccata solo da tre cordate.

Pioggia, pioggia e ancora pioggia. Troppa

“Gli effetti di questa estate caldissima e instabile si sono fatti sentire anche fra le alte vette dell’Asia” racconta Matteo. “Da quando abbiamo raggiunto il campo base, a 4.000 metri di quota, la pioggia ci ha accompagnato incessante. Abbiamo comunque effettuato un tentativo di salita sul pilastro, ma l’abbondanza delle precipitazioni e lo zero termico sopra i 5.500 metri, ci hanno presto fatto desistere. Il desiderio ci confrontarci con questa sfida che avevamo tanto sognato e per la quale ci eravamo così a lungo preparati era grande, ma il pericolo rappresentato dalle continue scariche di neve e sassi era troppo al di là di quanto noi fossimo disposti a mettere in gioco. Siamo rientrati sperando di avere un’altra opportunità, ma purtroppo i giorni sono trascorsi inesorabili, ascoltando il ticchettio della pioggia sopra le nostre tende. Anche questa, in fondo, è una delle incognite e dei rischi che rendono affascinante e sfidante l’alpinismo di ricerca ed esplorazione…”.

Solo negli ultimi giorni di luglio, quindi ormai allo scadere del tempo a disposizione, le previsioni hanno annunciato un paio di giorni di tempo più stabile, comunque troppo pochi per uno obiettivo come il pilastro Est dell’Ogre.

Baintha Kabata, un piano B di tutto rispetto

“Tanti anni di esperienza alpinistica mi hanno insegnato che la capacità di valutare oggettivamente le proprie possibilità e scegliere dei piani alternativi è importante almeno quanto la tenacia e la determinazione nell’inseguire i propri sogni”, racconta Matteo. “Quindi, di fronte all’ultima breve finestra di bel tempo che avevamo a disposizione, abbiamo deciso di cambiare i nostri piani, puntando ad aprire una nuova via sulla parete sud di una bellissima cima di 6.250 metri, il Baintha Kabata, ovvero “Figlio dell’Ogre”, come è stata battezzata in lingua urdu da Colin Haley e Maxime Turgeon, che ne hanno effettuato la prima salita nel 2008”.

La scelta si è rivelata vincente e, fra il 26 e 27 luglio, Matteo, Silvan e Symon sono riusciti a completare l’ascensione della nuova linea di circa 1.000 metri di dislivello che hanno chiamato “The Alien Face”.

“La via si è rivelata da subito impegnativa, con tratti di misto e altri su roccia bellissima che ci hanno portato fino a circa 6.000 metri di quota dove abbiamo bivaccato scavando una piccola piazzola nel pendio nevoso. La giornata successiva è stata anche più dura, con tiri di difficoltà crescente, fino alla stupenda fessura ad incastro che abbiamo valutato attorno al 7a e da cui abbiamo avuto accesso alla vetta. Pur con il rimpianto di non aver potuto effettuare un serio tentativo al nostro obiettivo originario, anche questa stata una grande avventura in un ambiente che ha pochi paragoni al mondo per maestosità e bellezza… Il pilastro Est dell’Ogre rimane lì, una sfida aperta per il futuro alla quale forse tornerò a mettere mano, anche se non sarà sicuramente quello l’obiettivo della mia prossima spedizione”.

L’importanza dei materiali

“Ancora una volta”, conclude Matteo, “voglio ringraziare Ferrino per il supporto che ha dato alla mia attività con le sue attrezzature per l’alpinismo tecnico. Nel corso di questa salita “fast and light” ho avuto modo di apprezzare in particolare le qualità dello zaino Instinct 40+5: è il prodotto perfetto per questo genere di avventure. Per arrivare al campo avanzato offre un buon volume di carico, grazie anche alle fettucce laterali, poi, non appena inizi a scalare su terreno tecnico, puoi togliere la cintura lombare e compattarlo al massimo. Il tessuto esterno in Dyneema Composite Fabric lo rende veramente leggero e minimale, ma allo stesso tempo è più resistente di uno zaino normale. Sui tiri più difficili, ho dovuto toglierlo dalle spalle e recuperarlo con un cordino. Anche se non è stato pensato per questo genere di utilizzo, ha resistito alla grande!”.

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