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Lo “scherzetto” del capitano Mieulet. La vetta del Monte Bianco è totalmente francese?

Nel cuore delle Alpi c’è un piccolo mistero geografico. Secondo una mappa disegnata nel 1862 l’Italia non sale fino ai 4810 metri del Monte Bianco, e la vetta più alta d’Europa appartiene soltanto alla Francia

Qualche settimana fa, il record dell’atleta piemontese Marcello Ugazio (14 ore, 42 minuti e 14 secondi da Genova ai 4810 metri della cima del Monte Bianco) ha mostrato ancora una volta come un approccio sportivo possa polverizzare i tempi tradizionali della montagna. Nei giorni successivi, com’è noto, la scelta di Ugazio di tornare a valle in elicottero è stata contestata.

L’intervento più duro, riportato dal sito montagnesmagazine.com, è arrivato dai sindaci di Chamonix e di St.-Gervais-les-Bains. I due primi cittadini, Éric Fournier e Jean-Marc Peillex, hanno chiesto l’intervento della magistratura d’Oltralpe per violazione delle leggi di tutela ambientale e sulla navigazione aerea. E hanno ricordato una cosa che molti frequentatori del massiccio ignorano.

Per la Francia la vetta del Bianco, traversata dallo spartiacque delle Alpi, non è tagliata da un confine di Stato come il Cervino (dove s’incontrano Svizzera e Italia), l’Everest (Nepal e Repubblica Popolare Cinese) e centinaia di altre cime della Terra, ma è solo territorio francese.

Una posizione che, dopo il record di Ugazio e il comunicato di Fournier e Peillex, non è stata contestata da parte italiana. Né il Comune di Courmayeur né la Regione Valle d’Aosta sono intervenuti sulla questione. Nemmeno il Ministero degli Esteri o la Presidenza del Consiglio italiana, protagonista negli scorsi mesi di aspre discussioni con Parigi, hanno preso posizione.

L’atleta si è difeso affermando di non essersi fatto recuperare dall’elicottero sulla cima, ma di essere sceso fino a “raggiungere il territorio italiano”. Sul “tetto d’Europa”, insomma, risuonano le note della Marsigliese.

Ma perché Chamonix, St.-Gervais e Parigi ritengono di essere proprietarie esclusive del Monte Bianco? La risposta sta in un’operazione “scientifica” (ma in realtà politica) avvenuta centosessantuno anni fa.

Com’è noto, ma come i libri di storia dell’alpinismo pubblicati tra Parigi e Chamonix spesso ignorano, nel 1786, l’anno della prima ascensione da parte di Jacques Balmat e Michel-Gabriel Paccard, il Monte Bianco appartiene al Regno di Sardegna. La Francia vive gli anni difficili che precedono la Rivoluzione, a spingere per l’impresa è lo svizzero Horace-Bénédict de Saussure. Dopo l’impresa, Balmat e Paccard ricevono le congratulazioni di re Vittorio Amedeo III.

Le cose cambiano nel 1860. In cambio dell’aiuto nella Seconda Guerra d’Indipendenza, e del sangue francese versato nelle battaglie di Solferino e Magenta, re Vittorio Emanuele II e il suo primo ministro Camillo di Cavour cedono alla Francia Nizza e la Savoia, e quindi Chamonix e il versante settentrionale del Bianco.

Il 14 luglio del 1860, festa nazionale transalpina, le guide di Chamonix innalzano una grande bandiera bianca, rossa e blu sulla vetta. L’imperatore Napoleone III visita la valle, sale al Montenvers, si affaccia sulla Mer de Glace, poi fa rapidamente costruire una strada da Sallanches a Chamonix.

Due anni dopo, nel 1862, arriva sul massiccio un topografo, il capitano Jean-Joseph Mieulet, incaricato dallo Stato Maggiore transalpino di realizzare una nuova mappa. Lo fa con perizia tecnica, spingendosi per i suoi rilievi anche sul versante italiano. L’ingegner Felice Giordano, tra i fondatori del CAI, lo incontra, e scrive a Quintino Sella rammaricandosi perché il Regno d’Italia non dispone di topografi così abili.

Giordano, però, non si accorge che Mieulet gioca sporco. Durante il suo lavoro (o subito dopo, quando trasforma i dati raccolti in una mappa), il capitano, senza alcuna dichiarazione pubblica, “annette” la vetta del Monte Bianco alla Francia. Nelle carte precedenti, infatti, la vetta più alta d’Europa era traversata dal confine che fino al 1860 separava i ducati di Savoia e di Aosta, entrambi inclusi nel Regno di Sardegna.

Invece, secondo Mieulet e la sua mappa, stampata a Parigi nel 1865 con il titolo Massif du Mont-Blanc. Extrait de la minute de la Carte de France, la linea di confine scavalca l’Aiguille de Bionnassay e il Dôme du Goûter, e segue la cresta delle Bosses fino ai Rochers de la Tournette.

Qui abbandona lo spartiacque, compie un giro a mezza costa verso sud, risale ai 4775 metri del Monte Bianco di Courmayeur, poi si abbassa sul versante della Brenva, e torna a coincidere con lo spartiacque tra la Dora Baltea e l’Arve solo tra il Col du Dôme e il Mont Maudit. Nessun documento arrivato fino a noi spiega se la frontiera tracciata da Mieulet sia un errore, una sua scelta, o una soluzione imposta dallo Stato Maggiore o da Napoleone III in persona. Ma la discussione su dove passi davvero il confine più alto d’Europa è destinata a durare.

Fino alla Seconda Guerra Mondiale, la diatriba sulla “proprietà” del Monte Bianco non fa un passo. Le mappe francesi, militari e poi dell’Institut Géographique National, un ente civile, riportano il confine disegnato da Mieulet. Quelle dell’Istituto Geografico Nazionale Italiano, gestito dai militari, continuano a farlo passare sullo spartiacque. Nelle scuole italiane, d’altronde, si studia che il Belpaese culmina a 4810 metri, e non nei 4775 metri del Bianco di Courmayeur.

Per gli alpinisti che salgono alla vetta più alta, ovviamente, dove passi la demarcazione tra i due Stati non conta. La questione riemerge nel 1946, quando il Comune di St.-Gervais chiede di avere una fetta del Monte Bianco, e il prefetto dell’Alta Savoia gli attribuisce i pendii a sud della cima più alta, che per le mappe italiane appartengono al Comune di Courmayeur.

Per anni, in Italia, tornano sulla questione Giorgio e Laura Aliprandi, medici e collezionisti, che a partire dal 1974 danno alle stampe vari libri (alcuni sono bellissimi) dedicati alle mappe storiche del Monte Bianco. Grazie a loro la Rivista Mensile del CAI e L’Alpino, il mensile dell’ANA, tornano sulla questione, seguiti da alcuni quotidiani.

Nel 1988, per la prima volta, della “proprietà” del Monte Bianco si parla in un incontro tra rappresentanti dei due Ministeri degli Esteri. Negli anni successivi la questione torna d’attualità a seguito di alcuni incidenti in montagna, e di un’interrogazione al Parlamento italiano. Nel 2013, lo storico francese Paul Guichonnet pubblica con la guida alpina Christian Mollier un libro dal titolo À qui appartient le Mont-Blanc?, nel quale dà ragione all’Italia. Nel 2020, le nuove mappe della NATO riportano il confine sulla cima, ma nessuno dei due Stati ratifica la decisione.

Fino a oggi una soluzione ufficiale e condivisa non esiste. Non a caso, sul foglio Courmayeur della Carta Nazionale della Svizzera, la vetta del Bianco compare con l’indicazione “zona contesa”, un termine spesso utilizzato in Himalaya, sulle tormentate frontiere che separano India, Pakistan e Cina. È una questione seria? È meglio cavarsela con un sorriso? Forse ha ragione lo scrittore torinese Maurizio Aragno, che nel suo libro Il confine italo-francese (Gaidano & Matta, 2021), afferma “Mieulet ci ha soffiato il Monte Bianco”.

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