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“Nessuno vuol togliere le croci di vetta”. Una polemica pretestuosa e la posizione del CAI

Dopo la polemica che si è scatenata sui media, facciamo chiarezza su cosa è accaduto.

Il TG1 della sera è visto da milioni di persone, e si occupa raramente di montagna. Chi lo ha seguito domenica 25 giugno, quando è andato in onda un servizio dedicato alle croci di vetta, si dev’essere convinto che il CAI è un’associazione di estremisti e fanatici. In circa un minuto, le parole “rimuovere” e “smontare” sono state pronunciate molte volte. Le immagini del servizio hanno a lungo mostrato la vetta e la croce di ferro del Cervino, un monumento storico capace di commuovere anche l’alpinista più laico. Il messaggio, fin troppo evidente, era “chi mai può voler smantellare un oggetto così?

Nelle stesse ore, dopo le esternazioni online da parte di giornali e siti di destra, da Il Giornale a Il Primato Nazionale, sono arrivate, a raffica, quelle di uomini e donne di governo. “Una croce non può in alcun modo essere considerata divisiva: semmai lo è la stessa volontà di rimuoverla” ha detto Paola Ambrogio, senatrice di Fratelli d’Italia. “Penso che la proposta di “vietare” il Crocifisso in montagna perché `divisivo e anacronistico´ sia una sciocchezza, senza cuore e senza senso, che nega la nostra Storia, la nostra cultura, il nostro passato e il nostro futuro” ha Matteo Salvini, leader della Lega e vicepresidente del Consiglio.

L’intervento decisivo, però, è stato quello di Daniela Santanchè. “Resto basita dalla decisione del CAI di togliere le croci dalle vette delle montagne senza aver comunicato nulla al Ministero” ha dichiarato il Ministro del Turismo, al cui dicastero spetta la “vigilanza” governativa sul Club Alpino Italiano. Lunedì 26 giugno, la stampa e le radio si sono scatenate. Sul Corriere della Sera ha difeso le croci di vetta Lorenzo Cremonesi, inviato di guerra e alpinista. Ai microfoni di Radio 24, Paolo Mieli ha affermato “non sono cattolico, ma le croci di vetta mi danno un grande senso di pace”. Anche Fahrenheit, trasmissione culturale di Radio Rai Tre, ha dedicato la puntata alla questione.

In realtà questa polemica è costruita sul nulla, perché nessuno (e tantomeno il CAI) ha proposto di rimuovere le croci dalle vette italiane. Qualche mese fa Ines Millesimi, escursionista e socia della Sezione CAI di Rieti, storica dell’arte e strenua oppositrice dei nuovi progetti di impianti di risalita sul Terminillo, ha dato alle stampe Croci di vetta in Appennino, un volume patrocinato dall’Università della Tuscia. Al suo interno, in 66 schede curate da storici e da camminatori, si racconta la storia di altrettante croci che sorgono su montagne famose come il Corno Grande del Gran Sasso, o ignote ai più come la Cima del Morretano. Una delle schede, dedicata al Pizzo di Camarda, è stata fornita da chi scrive. Impreziosiscono il volume la prefazione di Erri De Luca e la postfazione di Paolo Cognetti. Il Cervino non c’entra.

Da allora, in numerose presentazioni, Ines ha illustrato al pubblico il contenuto del libro, alla presenza di montanari e ambientalisti, ma anche di prelati e di esponenti del mondo cattolico. A scatenare la polemica è stata la presentazione del 22 giugno all’Università Cattolica di Milano, che aveva tra i relatori, insieme a Millesimi e a Marco Albino Ferrari, direttore editoriale del CAI, il professor Ciro De Florio, docente di Logica e Filosofia della Scienza, e monsignor Melchor Sanchez de Toca, sottosegretario del Dicastero Cultura ed Educazione del Vaticano.

È stata una serata bellissima, nessuno ha parlato di smontare le croci, tutti abbiamo sottolineato il ruolo storico e culturale di quelle esistenti, e che sarebbe bene non aggiungerne altre” commenta Ines Millesimi, sorpresa e turbata dall’accaduto. “Lo ha capito bene Paolo Ferrario, giornalista dell’Avvenire, che ha dedicato un servizio molto bello al libro e alla presentazione. La polemica è assolutamente pretestuosa” conclude l’autrice del libro.

A scatenare le reazioni della destra sono state due frasi. “Da ateo, dico che le croci devono rimanere sulle montagne: è giusto rimangano perché sono un segno del territorio. Allo stesso tempo, credo che non se ne debbano mettere di nuove” ha detto Marco Albino Ferrari all’Università Cattolica, aggiungendo che questa tesi è “condivisa pienamente dal Club Alpino Italiano”.

“Ha raccolto il plauso di molti la proposta di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’installazione di nuovi simboli sulle cime” ha commentato l’indomani Pietro Lacasella su Lo Scarpone, il sito ufficiale del CAI.

“La somma tra le parole di Ferrari e l’affermazione «condivise pienamente dal Club Alpino Italiano» ha acceso la polemica, nella quale qualcuno ha aggiunto la fantasia che ci fosse un piano del CAI per la rimozione delle croci, che quelle sul Cervino o sul Gran Paradiso fossero già state rimosse o peggio ancora” ha spiegato Manlio Gasparotto sul sito del Corriere della Sera.

La polemica sulle croci di vetta, se si bada a questi interventi, può sembrare un fuoco di paglia o una polemica estiva, accesa da politici sempre pronti a intervenire (a proposito o meno) sulla stampa, in televisione e sui social. “Sarebbe interessante se, per una volta, il dibattito riuscisse a smarcarsi dalla logica del tifo per abbracciare il desiderio di ascoltare, comprendere e riflettere. Una necessità di dialogo che di sicuro alzerebbe il livello del dibattito” aveva concluso il 23 giugno Pietro Lacasella sullo Scarpone.it.

Invece, a chiudere la polemica, nel pomeriggio di domenica è arrivata una dichiarazione di Antonio Montani, presidente generale del CAI, diffusa dal suo ufficio stampa. “Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali”.

“Voglio scusarmi personalmente con il Ministro per l’equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro Ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto” ha concluso Montani. Parole che hanno probabilmente placato il Ministro Santanché, ma che hanno clamorosamente smentito le riflessioni di Lacasella e Ferrari due dei collaboratori più preziosi del CAI. Non c’era bisogno nemmeno di questo.

A poche ore dalla pubblicazione di questo articolo la vicenda si conclude con le dimissioni del Direttore editoriale e Responsabile delle attività del Club Alpino Italiano, Marco Albino Ferrari.

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5 Commenti

  1. Non capisco di cosa si scusi il presidente del Cai?
    Del fatto che la ministro non attendesse altro che un motivo per creare polemiche che allontanassero lo sguardo dai suoi problemi con la legge?

  2. Polemica inutile, inventata dal nulla.
    Piuttosto parliamo delle nuove croci illuminate a giorno che si vedono a decine di chilometri di distanza.

  3. tristissima vicenda. Bastava che il presidente del CAI precisasse che nessuno aveva proposto di rimuovere le croci esistenti, e la polemica si sarebbe placata. E invece…

  4. tutto e’ utile politicamente, pur di non parlare del fatto che in 3 anni TUTTI gli articoli della Costituzione sono stati calpestati e che buona parte della popolazione italiana e’ piombata in poverta’.

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