Il custode dell’Adamello
Testo di Serafino Ripamonti, tratto dal numero di Meridiani Montagne “Sentieri e rifugi di Lombardia”
Non è mai stato ufficialmente rifugista Giovanni Faustinelli. Eppure la sua affascinante
storia è legata indissolubilmente alla Capanna di Lagoscuro, il bivacco arroccato a 3000 metri nei pressi dell’omonima cima dell’Adamello. La piccola costruzione, da lui restaurata sul finire degli anni Cinquanta sopra i ruderi di una vecchia baracca degli Alpini, divenne la casa dove trascorreva anche dieci mesi l’anno, nelle vesti di un moderno eremita.
Nato nel 1908 a Pezzo di Ponte di Legno, Faustinelli si avvicina alle alte quote andando in cerca dei residuati bellici della Prima guerra mondiale, attività alla quale molti valligiani si dedicavano per ottenere qualche ricavo dalla vendita di ottone, rame e altri metalli. Muovendosi fra rocce e ghiacciai, scopre però le sue doti di scalatore. Diviene guida alpina, maestro di sci e compie salite di gran livello, come la solitaria dello spigolo nord dell’Adamello, portata a compimento in sole 3 ore e 40 minuti, e il concatenamento delle tre più grandi pareti nord della zona: Presanella, Busazza e Adamello.
Il suo amore per le montagne e la loro storia, però, va ben al di là dell’alpinismo e della passione sportiva. Con il passare degli anni, Giovanni sente sempre più la necessità di trascorrere tutto il suo tempo fra le vette e di dedicarsi al recupero e alla valorizzazione delle testimonianze che raccontano la tragica epopea della Grande Guerra, di cui quelle cime sono state teatro. La Capanna di Lagoscuro diviene la base da cui ogni mattina esce per perseguire il suo titanico e solitario lavoro di restauro e riapertura degli antichi camminamenti degli Alpini, supportato dagli amici che di tanto in tanto salgono fin lassù, rifornendolo di acqua, viveri e un po’ di compagnia.
Una svolta drammatica della sua vita avviene nel 1970: durante l’opera di sgombero di una galleria, Faustinelli rimane quasi ucciso dall’esplosione di una bomba a mano nascosta sotto al ghiaccio, che gli porta via la gamba sinistra. Ma la grave menomazione non basta a fermare la sua passione: per altri vent’anni, fin quasi alla morte, avvenuta nel 1991, la guida continua instancabile a lavorare con pala e piccone per sistemare anche i sentieri più impervi e dimenticati, riportare alla vita le memorie della Guerra Bianca e cancellare le tracce dei turisti meno rispettosi: “Quanto ci mettono questi rifiuti a degradarsi? Anni, probabilmente!”, dice lui stesso con parole semplici e appassionate nel breve film dedicato alla sua vita.
“Se continuiamo a gettarne, come possiamo sperare che scompaiano? Guardate come è bella la parte che ho potuto pulire… lì non si trova più neanche uno stuzzicadenti! Sta mica bene la montagna pulita?”. Oggi la sua eredità è stata raccolta dall’associazione Amici della Capanna di Lagoscuro, che prosegue l’attività di manutenzione e valorizzazione degli itinerari e del territorio.
Altri approfondimenti sul numero 122 di Meridiani Montagne “Sentieri e rifugi di Lombardia”.