Ambiente

Una spedizione alle Svalbard per salvare la memoria glaciale dell’Artico

Obiettivo è l'estrazione di due carote di ghiaccio con una doppia finalità: comprendere meglio l'amplificazione artica e fornire alle generazioni future materiale di studio del clima del passato

La Terra sta perdendo i suoi ghiacci, a un ritmo sempre più accelerato. Ce ne rendiamo ormai conto con i nostri stessi occhi, osservando le vette a noi più vicine, le Alpi, laddove secondo i più recenti studi, entro il 2050 si assisterà alla totale scomparsa dei ghiacciai più piccoli. Vi è una zona del Pianeta in cui il cambiamento climatico corre più veloce che alle nostre latitudini, più veloce di qualunque altra latitudine: l’Artico. Negli ultimi decenni, a nord del 66° parallelo, l’incremento della temperatura media è risultato verificarsi almeno 3 volte (studi recenti riportano anche un valore pari a 4) più velocemente che nel resto del mondo, con conseguente riduzione del ghiaccio marino e fusione della calotta glaciale della Groenlandia. Se salvare l’Artico, se invertire la tendenza cui ci troviamo di fronte, suona ormai utopistico, è bene assicurarsi di preservarne la memoria per le generazioni future. Questo l’intento con cui, lo scorso 1 aprile, un  gruppo internazionale di scienziati ha raggiunto il ghiacciaio Holtedahlfonna, a una latitudine di 79,15 Nord, nell’arcipelago delle Svalbard (Norvegia), installando un campo remoto a 1.100 metri di quota.

L’arcipelago delle Svalbard, la terra più̀ settentrionale d’Europa, ha subito alcuni dei più gravi aumenti di temperatura degli ultimi decenni. Secondo studi recenti, la temperatura è aumentata di 4-5°C negli ultimi 40-50 anni.

Due carote per studiare l’amplificazione artica

La spedizione, guidata dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), coinvolge scienziati del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (Cnrs), dell’Istituto polare norvegese, dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Università̀ degli Studi di Perugia. Nel dettaglio l’obiettivo con cui il team è al lavoro tra i ghiacci artici è raccogliere due carote di ghiaccio di ingenti dimensioni, di 125 metri ciascuna, che consentiranno agli scienziati di comprendere meglio il fenomeno della cosiddetta “amplificazione artica”, ovvero del fenomeno dovuto alla riduzione della copertura del ghiaccio marino che ha tra le sue conseguenze il riscaldamento dell’oceano. Il riscaldamento dell’Artico, che come anticipato risulta anomalo rispetto alle medie globali, si lega a tali effetti a catena.

“Miriamo a determinare il ruolo del ghiaccio marino nell’amplificazione artica e il suo impatto sull’atmosfera, in particolare sui processi chimici del bromo e del mercurio. I dati ottenuti saranno confrontati con i dati satellitari sull’estensione del ghiaccio marino e con le misure di accumulo della neve. Inoltre, i modelli di trasporto atmosferico saranno utilizzati per stabilire le possibili aree di provenienza delle due specie chimiche”, spiega Andrea Spolaor, glaciologo e geochimico dell’Istituto di scienze polari del Cnr e capo spedizione alle Svalbard.

E conservare la memoria dell’Artico

Grazie alla collaborazione con la Ice Memory Foundation, una delle due carote prelevate verrà conservata per i secoli a venire in un luogo speciale, all’altro capo del mondo: l’“Ice Memory Sanctuary” in Antartide. Un santuario del ghiaccio, come dice il nome stesso, in cui verranno raccolte carote di ghiaccio provenienti da ghiacciai a rischio in tutto il mondo, che saranno conservate per un periodo di tempo indefinito, nel pieno rispetto del Protocollo di Madrid per la protezione ambientale dell’Antartide. Le future generazioni di scienziati dotate di nuove tecnologie e nuove idee di ricerca, avranno così accesso a carote di ghiaccio ricche di informazioni, che consentiranno loro di ricostruire il clima passato del nostro pianeta e anticipare i cambiamenti futuri, anche molto tempo dopo che il nostro Pianeta avrà perso i suoi ghiacci, a causa del cambiamento climatico.

“Il bello dell’iniziativa Ice Memory non è produrre un valore aggiunto in termini di conoscenza odierna, ma creare le condizioni che permetteranno a chi verrà dopo di noi di produrlo”, sottolinea Jérôme Chappellaz, scienziato del clima e presidente della Fondazione Ice Memory.

Una corsa contro il tempo

Nel sito in cui è in corso la spedizione sono già state prelevate carote in precedenza, rivelatesi di ottima qualità, in grado di fornire registrazioni dettagliate delle condizioni climatiche del passato, tra cui temperatura, precipitazioni e composizione atmosferica. Ma gli scienziati temono che la recente accelerazione nell’incremento delle temperature possa avere un impatto sulla qualità dei segnali climatici e ambientali, ragione per cui non c’è tempo da perdere, raccogliere le preziose carote di ghiaccio è diventata una urgenza.

“I ghiacciai alle alte latitudini, come quelli dell’Artico, hanno iniziato a fondersi ad un ritmo elevato. Vogliamo recuperare e preservare, per le future generazioni di scienziati, questi straordinari archivi del clima del nostro Pianeta prima che tutte le informazioni che contengono vadano completamente perdute”, spiega Carlo Barbante, paleoclimatologo, direttore dell’Istituto di scienze polari del Cnr, professore all’Università Ca’ Foscari Venezia e vicepresidente della Ice Memory Foundation.

Gli scienziati opereranno per circa 20 giorni a un’altitudine di 1.100 metri, affrontando temperature che possono raggiungere i -25 gradi. Il sito di perforazione di Holtedahlfonna si trova su un “ice field”, ovvero un’interconnessione di più ghiacciai, relativamente accessibile nell’arcipelago, grazie alla sua vicinanza a Ny-Ålesund, la stazione di ricerca più settentrionale del mondo, attiva tutto l’anno. Raggiungendo i 125 metri di profondità sarà possibile ricostruire i segnali climatici degli ultimi 300 anni.

Il teaser della spedizione

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close