Itinerari

Codera, a piedi nella valle senza strade

Il sentiero si snoda ripido in un fitto bosco di castagni. I gradoni di granito si susseguono in continua salita, intervallati da qualche breve tratto in piano. Quando si sale a Codera non è difficile sentirsi come chi, all’inizio del Novecento o più di recente, viveva in paesi o alpeggi non raggiuti da strade e doveva trasportare a spalle tutto il necessario, con il caldo estivo e nelle gelide giornate invernali, con la neve o sotto la pioggia. Sono anni che si parla della Val Codera, della sua unicità, dell’opportunità di preservare un ambiente così raro, o delle varie possibilità di sviluppo turistico favorite dalla costruzione di una strada carrozzabile o di una funivia. Codera è, infatti, una realtà unica nell’arco alpino italiano. Il paese non è collegato al fondovalle da strade o da impianti, ed è abitato tutto l’anno. Visitare Codera significa camminare un paio d’ore in salita, lungo la ripida mulattiera scavata sul fianco roccioso della montagna e ammirare la realtà di un luogo che si è preservato com’era.

Il vero cambiamento, per molti piccoli paesi italiani e per Codera, avviene negli anni Cinquanta, il periodo della motorizzazione e della costruzione di strade di collegamento tra le località secondarie e i paesi di fondovalle. Ma Codera, anche a causa della morfologia particolarmente accidentata delle montagne circostanti, rimane isolata, estranea a questa modernizzazione. In quegli anni le attività industriali e agricole di fondovalle divengono più appetibili e redditizie. Anche il turismo muta radicalmente e lo sviluppo delle attività invernali, a iniziare dallo sci, penalizza definitivamente la Val Codera. La gente emigra, volente o nolente, verso il fondovalle. La parrocchia viene unificata con quella di Novate Mezzola, con una drastica diminuzione del numero delle funzioni religiose. La scuola elementare pluriclasse viene chiusa e i bambini di Codera devono sobbarcarsi la lunga scala di granito sino a Novate Mezzola, o emigrare al piano con le loro famiglie.

Oggi, nel borgo di Codera, sono ufficialmente residenti solo cinque o sei abitanti. Nei weekend e nei periodi festivi, invece, l’abitato si anima grazie alla presenza di numerosi escursionisti e dei due rifugi, la Locanda Codera e il rifugio Osteria Alpina. Attiva è l’associazione “Amici della Val Codera” che promuove un turismo alternativo. Quello della costruzione della strada carrozzabile rimane un problema. Chiunque, appassionato di montagna o ecologista che sia, sale i gradoni di Codera convinto che la valle debba rimanere così come è, unica nel panorama alpino e lontana dalla confusione e dal turismo di massa. La costruzione di un impianto a fune, come propongono le varie associazioni ambientaliste (per l’elicottero si paga un “prezzo di favore” ma comunque carissimo), sembrerebbe una soluzione interessante.

La strada, invece, posto che non sia a rischio idrogeologico e che non vada riassettata a ogni acquazzone, creerebbe i presupposti per uno sfruttamento senza regole della valle, soprattutto per mano di aziende estrattive che, attratte dal granito di Codera, sarebbero disposte ad accollarsi gli ingenti costi della realizzazione del tracciato. Cave di grandi dimensioni, ovviamente, sarebbero un requiem per ogni tipo di attività turistica. L’opera di realizzazione sarebbe, inoltre, assolutamente faraonica. Scavare una galleria che sbocchi oltre Saline e si dirami, in discesa verso Codera, e in salita verso Bresciadega, costeggiando un fiume impetuoso che spesso esonda dal letto dopo qualche giorno di pioggia, non vuol dire certo essere previdenti. Si parla da tempo di costruire una pista agro-silvo-pastorale. In molte località alpine, però, iniziative simili non sono state altro che il viatico per la realizzazione di strade vere e proprie. L’idea migliore, quindi, sembrerebbe di costruire una funivia o una telecabina, come a Chamois in Valtournenche, facendo sì che Codera possa mantenere la sua identità e l’epiteto di “valle senza strade”.

Nella situazione attuale, purtroppo, Codera sembra destinata a morire di una lenta agonia, o a vivere tristemente come altre località alpine, abitate saltuariamente solo nei periodi festivi. Chi ama questa zona, e frequenta i suoi boschi e le sue montagne, sogna l’istituzione del Parco della Val Codera, un Parco vero e non solo sulla carta. La realizzazione di un’area protetta, come già avvenuto in altre zone alpine, comporterebbe di per sé un incremento del turismo naturalistico e didattico. Si favorirebbe così uno sviluppo ecocompatibile per una zona che merita di essere vista e frequentata, per le sue valenze storico-culturali e paesaggistiche, e protetta come un museo all’aperto, patrimonio unico e “ultima valle senza strade”.

Da Novate Mezzola a Codera

(600 metri di dislivello, 2 ore, T/E)

Il sentiero che sale al paese è percorribile tutto l’anno, salvo dopo nevicate eccezionali. Proseguire verso Bresciadega e il rifugio Brasca è possibile dalla primavera all’autunno. La salita da Novate Mezzola al rifugio Brasca è la prima tappa del Sentiero Roma, una spettacolare cavalcata d’alta quota tra le rocce della Val Masino. Da Novate Mezzola si raggiunge la località di Mezzolpiano (316 m), dove si posteggia. Se si parte dalla stazione ferroviaria (Novate è collegata a Milano da Trenord) occorre un quarto d’ora di cammino in più. Ci si incammina sui gradoni in pietra che raccontano la storia di questi luoghi, e che hanno visto passare gli abitanti di questa valle, per le loro normali attività quotidiane.

Si sale nel bosco, a tratti fitto, con gruppi di castagni e betulle, ma sempre con scorci panoramici interessanti sul Lago di Novate Mezzola e sul Monte Legnone. Lungo la salita si trovano alcune cappelle votive, poi si arriva alla radura di Avedée (770 m), una delle poche zone in piano di questo tratto di sentiero, sovrastata da ripide pareti di roccia. Si superano le case, alcune stalle e alcune cappelle. Ora si alternano tratti a saliscendi, sempre su gradoni o lastricato. Si entra in una galleria, sempre luminosa grazie alle ampie finestre che guardano verso il lato orografico sinistro e sul sottostante torrente. Successivamente se ne supera un’altra. La loro costruzione è stata importante per riparare il sentiero da valanghe, frane e cadute di sassi, altro segnale dell’asprezza di questa stretta valle. Tornati all’esterno si rientra nel bosco, per proseguire ancora in salita, sino a una piccola cappella, con un affresco della Madonna e alcuni santi e scheletri e la scritta ”ciò che noi fummo un dì voi siete adesso, chi si scorda di noi scorda se stesso”.

Si continua in salita, sino al piccolo e caratteristico cimitero e al campanile della chiesa, nella piccola piazzetta del villaggio di Codera (825 m, 2 ore), dov’è la Locanda. Poco più avanti, sempre tra le case, si raggiunge l’Osteria Alpina. La discesa per lo stesso itinerario richiede 1.30 ore. In condizioni primaverili ed estive è possibile proseguire lungo la valle, ora dolce e boscosa, verso le vette di granito del Ligoncio, della Sfinge e dei Pizzi dell’Oro, passando per il rifugio Bresciadega (1214 m, 1 ora da Codera), tra le case dell’omonima frazione, e arrivando sino al rifugio Brasca, alla testata della Val Codera (1304 m, 1 ora da Bresciadega).

Tags

Articoli correlati

2 Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close