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L’aurora boreale nei cieli del Centro Europa, un fenomeno raro e spettacolare

Si dice che “se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna”, per intendere la capacità di qualcuno di trasformare un possibile fallimento in un successo. Parafrasando questo noto proverbio si potrebbe dire che se le persone non vanno dall’aurora boreale, l’aurora boreale va dalle persone. Perché questo è quello che è successo a fine febbraio nei cieli dell’Europa centrale, dove pur non essendo impossibile, diciamo che non sia cosa da tutti i giorni vedere l’aurora boreale. Tra il 27 e il 28 febbraio le sfumature inconfondibili di un’aurora boreale sono state osservate in Irlanda, Inghilterra, Belgio, Germania, addirittura fin sulle Alpi francesi. Con grande gioia di chi ha potuto fotografarla, appunto senza dover viaggiare per centinaia se non migliaia di chilometri verso Finlandia, Islanda, Isole Faroe, Norvegia e Svezia (o Tasmania, anche, ci torneremo a breve).

Che cos’è l’aurora boreale e come si forma

Quella che noi europei chiamiamo aurora boreale è in realtà una “variante” dell’aurora polare. Ce n’è un’altra, che si verifica dall’altra parte del mondo, ed è nota come aurora australe. E mentre l’aurora boreale illuminava i cieli del Centro Europa, una spettacolare aurora australe è comparsa nei cieli dell’emisfero sud. Come si può intuire dal nome, l’aurora polare si chiama così perché è un fenomeno naturale che si verifica più facilmente alle due estremità della Terra: semplificando, accade quando il vento solare (un flusso di particelle cariche, principalmente protoni ed elettroni) interagisce con la magnetosfera e in parte riesce a penetrare fino alla ionosfera, qui interagisce con i gas rarefatti, i cui atomi vengono eccitati e, tornando allo stato fondamentale, emettono radiazione luminosa nelle varie frequenze, e quindi nei vari colori. Si genera così l’incredibile spettacolo di luci nel cielo che noi chiamiamo aurora polare.

Perché l’aurora è stata vista lontano dai poli?

È oggettivamente inconsueto che questo fenomeno si verifichi alle latitudini in cui si è verificato in questi giorni, ma per una volta non è colpa nostra, dei cambiamenti climatici o di chissà quale stravolgimento provocato dall’uomo, ma conseguenza di “brillamenti solari” particolarmente intensi. La probabilità che aurore polari si manifestino a latitudini inferiori alla norma aumenta in particolare nei cosiddetti “massimi solari” (ovvero il periodo di massima attività del Sole nell’arco del ciclo solare, che dura in media 11 anni). Gli esperti di Nasa e Noaa hanno identificato l’ultimo minimo solare (periodo di minima attività del Sole), che ha segnato la fine del ciclo solare numero 24, nel mese di dicembre 2019. Da allora è iniziato un nuovo ciclo (il 25), con progressivo incremento dell’attività solare, in vista di un nuovo massimo solare che dovrebbe essere particolarmente vicino, previsto tra novembre 2024 e marzo 2026. Dunque non è improbabile che nei prossimi anni si potranno vedere altre aurore polari lontano dai poli.

I casi limite: dallo Spazio e a Roma

E con “lontano” si intende anche parecchio lontano. Nel cuore dell’Italia, come accadde nel settembre del 1859, quando l’aurora boreale apparve addirittura nei cieli di Roma: fu un fenomeno oggi noto come Evento di Carrington, la più grande tempesta geomagnetica sin qui osservata dagli astronomi. Il nome si deve allo scienziato inglese Richard Carrington, che alle 11.18 dell’1 settembre, mentre stava osservando le macchie solari attraverso un telescopio, vide due luci accecanti (i cosiddetti brillamenti, termine allora sconosciuto). Erano due delle eruzioni solari responsabili dell’aurora boreale, osservata a Roma già dal 29 agosto precedente.

Non sappiamo se un evento simile potrebbe ripetersi anche oggi, fra qui e il 2025, ma sappiamo che questa sarebbe tutt’altro che una cosa buona: all’epoca, gli effetti si ebbero soprattutto sulla rete telegrafica (che negli USA era molto estesa) ma oggi avremmo conseguenze sui dispositivi di geolocalizzazione presenti su aerei, auto e smartphone, oltre che sulle comunicazioni satellitari e sulla rete elettrica. Un posto da dove la si può osservare in relativa sicurezza è invece sulla Stazione spaziale Internazionale, in orbita a circa 400 chilometri dalla Terra. Che è esattamente da dove l’ha fotografata l’astronauta americano Josh Cassada.

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2 Commenti

  1. Fantastico! Ricordo con estremo stupore l’esperienza unica trascorsa negli igloo del kakslauttanen hotel a Saariselkä, nella Lapponia Finlandese! Un altro pianeta!!!

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