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Novità ai piedi del Cervino, belle o brutte?

Novità in arrivo ai piedi del Cervino. Belle, brutte? Personalmente ho smesso di giudicare da tempo. E se davvero mi chiedono un giudizio, me la cavo con una frase generica tipo “non saprei… comunque è interessante”.

La prima novità, annunciata da anni ma finalmente in fase di completamento, è il collegamento funiviario tra Cervinia e Zermatt, che già doveva essere inaugurato nel 2021. Come riporta l’Ansa, a luglio “è prevista l’entrata in funzione in terra elvetica di una nuova funivia trifune tra Testa Grigia (3458 m), lungo il confine con l’Italia, e il Piccolo Cervino (3821 m)”. Ci vorranno dieci minuti per coprire il dislivello di 363 metri, a bordo di dieci cabine firmate Pininfarina per una capacità di trasporto di 1300 persone l’ora. La traversata di 1,6 km sopra il ghiacciaio del Teodulo è in sospensione, cioè senza ulteriori tralicci. Il costo è stato di 45 milioni di franchi svizzeri. La società Zermatt Bergbahnen Ag, che gestisce gli impianti svizzeri, ha sottolineato che l’intero percorso tra Cervinia e Zermatt “può essere facilmente percorso anche in sedia a rotelle”.

La seconda novità è la demolizione dell’hotel Fosson, nel centro di Cervinia: sullo stesso perimetro verrà realizzata una torre di nove piani, un maxi condominio battezzato The Stone progettato dallo studio di architettura Peluffo & partners (sede ad Albissola, commesse in tutto il mondo). Del futuro grattacielo alpino sono stati rilasciati alcuni rendering, disconosciuti dal progettista, che comunque hanno sollevato sui social un prevedibile vespaio di critiche e l’auspicio di comitati di protesta. Sempre l’Ansa riporta una dichiarazione del sindaco di Valtournenche Jean Antoine Maquignaz: “Noi, in quanto Comune, non possiamo fermare l’edilizia privata. La struttura ha avuto il parere favorevole della Sovrintendenza ai Beni culturali e rispetta le norme del Piano regolatore. Si è riunita la Commissione edilizia che ha dovuto dare parere favorevole perché c’è una legge regionale che autorizza la demolizione e la costruzione se non si amplia il perimetro. In altezza si può andare senza restrizioni. Dal punto di vista politico non condivido perché vengono tolti posti letto alberghieri per aumentare il residenziale, ma non posso bloccare il progetto”.

Come vedete, si tratta di due novità che contribuiscono a quel processo di “urbanizzazione” dell’alta montagna iniziato dalla metà degli anni Trenta (del 1934 la strada tra Valtournenche e il Breuil, del 1939 la prima funivia da Plan Maison al Plateau Rosa): nulla di nuovo sotto il sole delle Alpi.

Nulla di nuovo all’orizzonte

E ora, siccome mi piace contraddirmi, qualche giudizio ce l’avrei, anche se non granitico e definitivo. Per quanto riguarda lo skyline di Cervinia, non vedo come la costruzione di un nuovo edificio di nove piani, che andrebbe a sostituire un vecchio albergo in stile finto-chalet-alpino, dovrebbe turbare qualcuno. Il peccato originale di Cervinia (un pezzo di città trasferito in alta quota, senza alcun rispetto per l’ambiente naturale) è già stato commesso novant’anni fa ed è caduto in prescrizione. È un delitto cioè che non si può reiterare, a meno che non si voglia radere al suolo la località e magari ricostruirla sul modello di Zermatt, cioè nello stile più ipocrita e consuma-suolo che si possa immaginare. Oppure, non ricostruire nulla, tornare alla visione ottocentesca che ce ne dà Guido Rey in un suo famoso libro sul Cervino: “Il Breuil è un vasto pianoro largo cinquecento e lungo 2000 metri, che termina alle basi del Cervino. Nel mezzo serpeggia il Marmore, torrentello grigio di acque de’ ghiacciai, fra marcite di erbe e rovine di sassi (…) Brani di ghiacciai precipitano rotti dalle pareti erte e lisce, trattenuti per un miracolo di equilibrio. La scogliera si abbassa rapidamente al Colle del Leone e di là, con un ultimo slancio, si solleva al punto culminante, il Cervino; nella selvaggia chiostra di rupi e ghiacciai questi innalza nel cielo il suo cono, ‘solo come un pensiero superbo’”. Quando scriveva Rey, sopra il Breuil esisteva solo un albergo, l’Hotel du Mont-Cervin al Giomein, dove soggiornavano gli alpinisti e perfino Ugo De Amicis.

Nel 1934, quando arrivò la strada, l’allora presidente del CAI Angelo Manaresi lanciò il primo grido di allarme sulla fine di quel paesaggio naturale, o meglio di quell’idillio alpestre modellato per secoli dai pastori: “E se alberghi hanno da sorgere, essi siano intonati all’ambiente e siano rispettati il verde e il bosco, e l’orribile réclame non urli, al cospetto di sì divine bellezze. Un piano regolatore s’impone, ma non fatto da albergatori che altro non conoscono che il proprio guadagno…”. Come sia andata a finire lo sappiamo. Il piano regolatore (redatto nel 1936 dai migliori architetti e urbanisti del tempo, Piero Bottoni, Luigi Figini, Gino Pollini e altri) non è mai stato attuato, in compenso Cervinia ha continuato a “urlare l’orribile réclame”, mentre il numero degli hotel è salito a quaranta, senza contare residence e affittacamere.

Peraltro, a Cervinia, come riportano tutti i manuali di architettura, si sono esercitati fior di architetti, che ne hanno fatto un vero laboratorio dell’urbanistica del Novecento. Carlo Mollino con la Casa del Sole (primo edificio di nove piani, 1955), Franco Albini con il rifugio Pirovano (riscrittura dell’architettura alpina, 1946), Francesco Dolza con il mostruoso Cieloalto (1973)… davvero un nuovo grattacielo, fosse anche in stile Dubai, potrebbe stravolgere la piana del Breuil? E poi, sinceramente, il rendering del futuro The Stone non pare così brutto.

Non sarà la funivia Cervinia-Zermatt a peggiorare la situazione

Per quanto riguarda la nuova funivia, il discorso è il medesimo. Il danno è già fatto, da molti decenni, ed è già tanto che non siano stati costruiti altri tralicci a violare il ghiacciaio. Ciò che davvero sembra insostenibile è il prevedibile aumento delle presenze, non di alpinisti e sciatori, ma semplici turisti, persino in sedia a rotelle, secondo la nota dei gestori elvetici (una palese foglia di fico, quasi avessero costruito la funivia a favore dei disabili, che ci fa sorridere… o incazzare). Le Alpi sono l’ambiente montuoso più antropizzato del pianeta, i movimenti di merci sulle strade che l’attraversano ammontano a molti milioni di tonnellate ogni anno, gli impianti a fune servono una rete di piste da sci che raggiunge complessivamente i 25mila chilometri, uno schuss che potrebbe portarci da Innsbruck alle Hawaii. Non sarà il collegamento Cervinia-Zermatt a peggiorare la situazione. Piuttosto che scagliarsi contro i mulini a vento in territori già definitivamente compromessi, come l’area attorno al Cervino, servirebbe di più concentrarsi sulle ultime aree wilderness delle Alpi, oggi minacciate. Un paio di esempi? Il collegamento dei comprensori Pitztal e Ötztal, in Tirolo, che devasterebbe la regione della Wildspitze, seconda cima dell’Austria. E l’assurdissimo progetto di collegamento Alagna-Zermatt per il Vallone Cime Bianche. Ambientalisti e amanti veri della montagna, su questi temi, sono da tempo attivi.

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5 Commenti

  1. Quindi – pare di capire dalla lettura dell’articolo – se esistono nove funivie è lecito costruire la decima e se esistono obbrobri edilizi è logico perseverare.

  2. Giunto alla fine di tale articolo, anche io, come semplice lettore, me la cavo con una frase generica del tipo: “mi tengo per me quello che ne penso, altrimenti non pubblicheranno il mio commento”.
    Diciamo che,quanto viene scritto in tale articolo, rientra perfettamente in una certa logica (logica?) di pensiero del tipo: ” ma perchè vietare di fumare nei luoghi chiusi, quando viviamo in città già molto inquinate?” Giusto, no? Così se ci ammaliamo i polmoni per colpa dello smog, già che ci siamo, facciamo di morire del tutto con le sigarette. Oppure: perchè voi ambientalisti vi preoccupate per l’ Amazzonia, quando i boschi sotto casa sono in pericolo? Frase che si accompagna sempre all’ altra: “perchè voi ambientalisti vi preoccupate dei boschi sotto casa, quando l’ Amazzonia è in pericolo?” Ovvero, si tratta della quintessenza dell’ ipocrisia finto-ambientalista contro i veri ambientalisti. Ecco dov’è l’ ipocrisia e non a Zermatt (riguardo a Zermatt, probabilmente il giudizio, totalmente fuori centro, è dovuto a sincerissima invidia e rabbia conseguente per come poteva essere anche la zona sud del Cervino.

    Riguardo a il perchè Cervinia esiste ed è così, l’ osservazione è corretta: d’altra parte, negli anni trenta, sembra che di idiozie e di errori ne facevamo un bel po’: e non solo a Cervinia, erano gli anni in cui si sono decise urbanizzazioni che ancora adesso risaltano nel loro deciso carattere totalmente avulso dall’ architettura precedente; diciamo che, ancora adesso, i “loro” palazzoni un po’ ci schifano, un po’ ci fanno ridere.

    Circa il “parere” della cosiddetta sovrintendenza, dopo aver saputo quanto si dicevano tra loro le cosiddette “autorità” preposte a decidere il nostro futuro durante il deliriovirus, qualcuno ha ancora fiducia nelle istituzioni?

    Bene, bene, continuiamo a costruire obbrobri a Cervinia? Errare è umano, perseverare è diabolico, anzi valdostano.

  3. In ogni caso il Comune può fermare il progetto se non lo ritiene valido o consono alle scelte paesaggistiche (in questo caso, peraltro, ci sarebbe un cambio di destinazione d’uso da ricettivo a residenziale che prevederebbe una variante di piano regolatore), anche se rispetta i parametri edilizi o ha l’assenso della Soprintendenza; inoltre la Commissione edilizia, esprimendo un parere consultivo sul piano estetico, non ha nessun obbligo di rilasciare un giudizio favorevole.
    Questo lo dico con certezza perchè lavoro anch’io nell’Edilizia Privata di un altro comune.

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