Ambiente

Una serie di sfortunati eventi ha portato il bostrico a uccidere i nostri boschi

Chi è andato a camminare sulle Alpi orientali avrà sicuramente notato nel corso dell’estate delle “chiazze” di abeti di colore diverso, o che addirittura avevano perso gli aghi. Il responsabile di questa morìa di piante è il bostrico, di cui abbiamo parlato con Andrea Battisti, entomologo presso il Dipartimento DAFNAE dell’Università di Padova.

Cosa è il bostrico e come si comporta

Partiamo dall’inizio: cos’è il bostrico? LIps typographus, meglio noto come bostrico tipografo, è un insetto dell’ordine dei Coleotteri e del gruppo degli Scolitidi. È un elemento dell’ecosistema forestale e, come tale, si comporta: è un organismo che porta a morte gli alberi quando questi sono indeboliti, troppo vecchi o in situazioni di difficoltà fisiologica. Così facendo, avvia il processo di decomposizione, fondamentale per la perpetuazione della foresta come ecosistema. Svolge questo ruolo da sempre, in tutti i boschi, soprattutto in Europa dove è naturale, endemico, non si tratta di una specie invasiva. Ha il suo equilibrio nei boschi delle Alpi e dell’Europa in generale.

Per riconoscere che una pianta è stata attaccata, il sintomo principale è il cambiamento di colore, che avviene di solito in modo piuttosto repentino. La chioma da verde diventa di colore rossiccio, rosso scuro, poi col tempo diventa grigia, cadono gli aghi. Capire se è lui l’agente o qualcun altro – non è il solo che provoca questo tipo di sintomo – richiede un’ispezione dettagliata della corteccia: guardando al di sotto si può osservare se il sistema di gallerie scavate corrisponde a quello che ci si aspetta da quella specie. Si chiama tipografo perché incide il floema, quello strato di cellule vive che sta tra il legno e la corteccia, con un disegno particolare che è tipico e molto riconoscibile. Sulle Alpi l’abete rosso è l’ospite largamente preferito, al 99%. I boschi fortemente colpiti presentano gli abeti rossi morti e i larici o gli abeti bianchi che sono rimasti vivi intorno.

Se la pianta è sana, in perfette condizioni fisiologiche, giovane, in crescita, robusta, si difende in modo molto buono dal tentativo di colonizzazione del bostrico. Gli alberi hanno sistemi di difesa sia fisici – come alcune caratteristiche della corteccia – sia chimici – come le sostanze che servono proprio a respingere questi attacchi. La pianta è molto ben protetta tranne quando è molto indebolita, o è caduta a terra per vento o neve. Quando però su questo materiale abbattuto si sviluppa un gran numero di insetti – diverse centinaia se non migliaia di individui per metro quadro di corteccia – allora si genera una massa di coleotteri che può attaccare anche piante sane e portarle a morire, perché tutte le difese, seppur buone, hanno un limite.

Le cause delle situazione drammatica attuale

La situazione presente è drammatica, ha una causa che si chiama Vaia e una concausa che si chiama estate 2022. Vaia il 28 ottobre 2018 ha abbattuto molti milioni di alberi in varie zone. È stato un evento insolito, molto raro, non si era mai visto nulla di simile prima. Si è verificato in seguito a condizioni molto sfavorevoli agli alberi, perché il suolo era imbibito di acqua per le piogge precedenti, l’abete rosso ha un apparato radicale superficiale, il vento – straordinariamente forte – ha avuto buon gioco nell’abbattere in pochi minuti milioni e milioni di alberi. Questi alberi a terra sono stati il substrato ideale per lo sviluppo del bostrico, che ha trovato cibo estremamente accessibile in grandissima quantità. Ha impiegato due-tre anni per aumentare le sue popolazioni, quando sono arrivate a numeri elevatissimi non aveva più nulla da mangiare a terra – perché gli alberi colpiti dopo un po’ di tempo non sono più graditi al bostrico, che ricerca un floema fresco. A quel punto gli insetti si sono rivolti agli abeti che erano rimasti in piedi, sopravvissuti alla tempesta. Questi ultimi hanno resistito finché hanno potuto, ma quest’anno hanno avuto uno stress idrico formidabile – giugno e luglio sono stati due mesi senza pioggia e con temperature più elevate del solito -, quindi le loro difese sono crollate, dando inizio a un’infestazione in Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

È una situazione nuova per l’arco alpino meridionale. A nord delle Alpi ci sono state infestazioni simili (in Repubblica Ceca, Germania, Francia, Svizzera), sempre originate, però, da contesti diversi dal punto di vista forestale. Si tratta di boschi molto omogenei, gestiti in modo intensivo. Abbiamo sempre ritenuto i nostri boschi delle Alpi resistenti perché caratterizzati da selvicoltura naturalistica, dove l’abete rosso aveva il suo ruolo ma mescolato con altre specie, in realtà questo evento ci fa riconsiderare molti aspetti. Non si può non tener conto, poi, dell’effetto dei cambiamenti climatici: l’aumento della temperatura è un fattore che influenza la crescita dell’albero, in particolare dell’abete rosso, che è stato diffuso dall’uomo in passato a quote e in situazioni termiche non del tutto favorevoli alla specie. È stata fatta questa scelta perché ha un grande valore economico, cresce velocemente, conferisce un particolare aspetto al paesaggio, quindi l’uomo ha spinto, introdotto e conservato l’abete rosso anche dove magari altre specie di alberi erano più adatte a quel tipo di ambiente. Questo ha fatto sì che fosse presente una maggior quantità di substrato disponibile al bostrico nel momento in cui è arrivato un disturbo abiotico (ovvero un fattore inorganico che interviene nell’ambiente in cui si trovano gli organismi viventi) come il vento, la siccità, o per esempio i danni da neve che ci sono stati soprattutto in Alto Adige e in parte anche in Trentino e in Veneto nel novembre 2019.

Quali sono le armi che si hanno contro il bostrico

Di solito per contrastare il bostrico si effettuano delle misure di bonifica, tagliando e rimuovendo gli alberi colpiti prima che gli insetti escano e vadano ad attaccare altri alberi. Può avere senso farlo su piccole superfici, mentre ora sarebbe impensabile ricorrere a questo strumento. In questa situazione, infatti, la dimensione del fenomeno è tale per cui i mezzi che abbiamo a disposizione sono estremamente limitati. Dove l’infestazione è ancora contenuta si può ricorrere a interventi di bonifica, ma dove è conclamata si può fare solo informazione dal punto di vista ambientale ed ecologico. È presente infatti una situazione di elevata suscettibilità, che persiste nei boschi che non sono stati ancora colpiti, ma potranno esserlo in futuro. Fare previsioni non è facile perché il fenomeno della resistenza dell’albero dipende da variabili che al momento non possiamo conoscere (per esempio quale sarà l’andamento climatico della prossima estate).

Una cosa simile è successa nel 2003, l’estate più calda mai registrata in Europa negli ultimi 500 anni – quella di quest’anno ci si avvicina molto, se non la supera, le statistiche non sono ancora disponibili. Nel 2003 è partito un attacco di bostrico in varie regioni delle Alpi e dell’Europa che è rientrato nel giro di 5-6 anni. In quel caso, però, non c’era la coincidenza con la tempesta, c’era solo l’evento di stress idrico. La situazione rientrerà sicuramente, il bostrico ha molti antagonisti, suoi regolatori naturali, predatori e parassitoidi, che intervengono, rispondendo con la modalità della densità di tendenza. Sono moltissimi: da batteri, funghi e nematodi a invertebrati, artropodi, altri insetti, per finire con i vertebrati, come i picchi. Ora abbiamo il bostrico che è all’apice della sua presenza e stanno crescendo anche i suoi antagonisti, man mano che questi aumentano – hanno bisogno dei loro tempi di reazione e delle condizioni giuste per potersi riprodurre – il bostrico si ridurrà fino a ritornare a livello endemico, come prima. Ci potrebbero volere 3-4-5 anni, dipende dal clima.

Quanti danni?

Il danno si misura in superficie – ettari di bosco, 1 ettaro sono 10.000 metri quadrati, ci possono essere alcune centinaia o migliaia di alberi – o in metri cubi di legname. Un abete rosso maturo può essere tra 1,5 e 2,5 metri cubi, dipende dal suo diametro. Il danno di Vaia su tutto l’arco alpino meridionale è di circa sedici milioni di metri cubi – dato probabilmente sottostimato, in cui rientrano le aree molto grandi, mentre le microaree non sono state conteggiate. Sul bostrico al momento attuale non esistono valori misurati, ci sono degli studi in corso proprio in questo periodo, si tratta di alcuni milioni di metri cubi. L’impatto sarà molto elevato, forse non si arriverà a quello di Vaia, forse sì.

La zona di Carezza e la zona delle foreste del Latemar è stata completamente divelta da Vaia. Grazie a una serie di circostanze favorevoli il servizio forestale è riuscito a far tagliare e asportare tutto il materiale abbattuto (con una percentuale pari o superiore in certe zone all’80%) durante il primo anno dopo la tempesta. Questo ha allontanato il pericolo bostrico: in quella valle il coleottero quest’anno è stato estremamente contenuto. Dove questo lavoro non è stato fatto – non per imperizia, o negligenza, ma perché il sito non era accessibile, i versanti erano troppo ripidi o c’erano altre problematiche a cui le persone dovevano badare, come l’interruzione dell’elettricità, della rete idrica o della rete stradale che avevano priorità assoluta – il materiale legnoso è stato lasciato a terra e il bostrico è cresciuto.

Cosa fare in futuro

L’unica colpa che possiamo assumerci è quella di avere insistito troppo sull’abete rosso rendendo simultaneamente le foreste alpine molto suscettibili a questo fattore biotico che è normale e presente nell’ecosistema. Ora dobbiamo ripensare a una struttura forestale per i prossimi due secoli – perché questi sono i tempi del bosco – che sia più adatta al cambiamento climatico e più resistente a questi fattori. Dobbiamo farlo subito. Potrebbe essere utile aumentare la biodiversità dei boschi, diversificarne la composizione, per il principio della ripartizione dei rischi: un po’ come quando facciamo degli investimenti in banca, diversificare gli investimenti permette di essere meno esposti al rischio di perdite. Tenere conto delle proiezioni climatiche è fondamentale, perché le ultime prevedono un aumento di temperatura ancora per molti decenni, sempre mantenendo lo stato attuale delle emissioni.

Molto, però, dipende anche dal proprietario del terreno e dagli obiettivi che si prefigge: possiamo attenderci che le foreste pubbliche, le riserve e i parchi agiscano e stiano già agendo in modo diverso rispetto a un privato. Ci sono molti aspetti di tipo socio-economico dietro queste scelte, non è possibile basare tutto sull’aspetto puramente ecologico perché c’è chi vive di queste risorse e ha diritto a continuare a farlo, compiendo delle scelte che magari dal punto di vista ecologico non sono del tutto compatibili con quanto detto finora. La società e lo sviluppo economico sono a volte in conflitto con la gestione dell’ambiente dal punto di vista dell’equilibrio che si vuole tutelare e mantenere. Il bostrico, come Vaia, ci offre uno stimolo di riflessione fondamentale. Non possiamo sapere cosa succederà l’anno prossimo, però adesso sappiamo cos’è successo quest’anno: è un insegnamento.

Tags

Articoli correlati

2 Commenti

  1. Molto interessante.
    Mi conferma anche che l’uomo è sempre un bambino che impara, ma per farlo spesso pasticcia e rompe ciò che sta cercando di capire.
    E’ sempre una questione di intelligenza e di equilibri di sopravvivenza economica più o meno elevata.

  2. Per tentare di migliorare la situazione o risolverla, sarebbe oppurto che i comuni (in tutta Italia) dove viene individuata la presenza del bostrico, sia immediato il taglio degli alberi infetti e di quelli vicini.
    Cosi facendo (forse) blocchiamo e risolviamo il problema.
    Però devono essere veloci, sia nella individuazione sia nell’abbattimento (e di conseguenza anche la distruzione).
    E’ l’unico modo, altrimenti la vedo molto triste….

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close