Meridiani Montagne

Scompaiono i ghiacciai, riemerge la vita

“Quando si scioglie un ghiacciaio riaffiorano vite: uomini e donne, guerre e amori, faide e sfide. Si è combattuto per la difesa di un confine, di un patrimonio e, alla fine, dell’ambiente stesso. Troppo tardi. La neve sembrava eterna. L’esistenza del genere umano lo sarà? Così si chiede Gabriele Romagnoli, giornalista che tutti conoscono (oggi è editorialista di la Repubblica) e autore di un romanzo, forse l’unico nella storia della letteratura, dedicato a un ghiacciaio. Il libro edito da Rizzoli si intitola Sogno bianco, il ghiacciaio di cui narra l’estinzione, abbinandolo a tre generazioni di una famiglia (i Darman, soldati e guide alpine), nella finzione si chiama M, e si ispira al ghiacciaio della Marmolada. Romagnoli evidentemente ha scritto prima del clamoroso crollo di Punta Rocca dell’estate 2022, ma ne è stato facile profeta.

Il libro mi è appena arrivato dall’editore, probabilmente lo leggerò, ma ho qualche resistenza. Come mi fa fatica leggere ormai le cronache che puntualmente ci accompagnano a ogni fine estate: l’ultima, uscita a fine settembre su siti e quotidiani, annuncia l’evaporazione del sei per cento in appena un anno dei ghiacciai svizzeri. Se non bastassero gli organi di stampa, si accaniscono anche gli amici alpinisti, che mi inviano foto catastrofiche: come quella della nord della Presanella, sogno bianco della mia infanzia, ridotta a una virgola grigiastra impressa nella ghiaia. Come commentare? Ormai è evidente e dobbiamo rassegnarci, in futuro (dieci, vent’anni?) i nostri ghiacciai saranno un ricordo. Fine della storia.

Ice patch

E invece per alcuni la storia comincia proprio ora. Torna alla luce dopo essere stata per secoli e millenni imprigionata nel ghiaccio. Non parliamo dei resti della Grande Guerra, parliamo di vera archeologia: archeologia glaciale, una disciplina nata ufficialmente trent’anni fa con il ritrovamento di Ötzi in Val Senales, una scoperta che ha rivoluzionato le nostre conoscenze sull’Età del Rame. Ötzi è stato, per il mondo alpino, quello che Tutankhamon è stato per l’Egitto. Ma la sua “camera sepolcrale” non era come comunemente si crede il ghiacciaio (qualunque cosa scompaia in un ghiacciaio viene presto triturata dal movimento dello stesso), piuttosto un catino glaciale stabile, in inglese ice patch. Sono questi i luoghi che gli archeologi glaciali tengono d’occhio, e che offrono la maggior quantità di ritrovamenti. Migliaia di reperti sono affiorati ad esempio sulle montagne dell’Oppland, nel sud della Norvegia, tra cui una tunica di lana del IV secolo d.C. (reperto rarissimo: gli abiti sono i primi a deteriorarsi), uno scarpone di cuoio del 1300 a.C., 68 frecce per la caccia alla renna. Altri ice patches generosi di ritrovamenti si trovano in Canada e sui Monti Altai, in Mongolia.

Spesso, come è accaduto nel 1991 per la “mummia del Similaun”, autori delle scoperte sono gli escursionisti. In quel caso si era trattato di un’attempata coppia di Norimberga. È stato invece un cartografo dell’Igm di Firenze, Simone Bartolini, a trovare una ciaspola antica di quasi 6000 anni sempre in Val Senales; e un operaio torinese, Mauro Ferrini, nel 1999 ha raccolto una statuetta di legno (un uomo dall’espressione imbronciata) del II secolo a.C. al Col Collon, tra Valle d’Aosta e Vallese. In entrambi i casi, il sospetto che si trattasse di tesori archeologici è venuto tardivamente, e solo per un caso gli oggetti sono stati affidati ai musei.

Nel 2014 il Museo archeologico di Bolzano ha organizzato una mostra intitolata Frozen Stories – reperti e storie dai ghiacciai alpini, e per l’occasione ha pubblicato un decalogo di consigli per chi si trovasse davanti a un altro “uomo dei ghiacci” o anche solo a un pezzo di legno dall’aspetto curioso. Se si tratta di un oggetto grosso, tipo mammuth, l’indicazione è lasciarlo lì, segnalandone la posizione; gli oggetti più piccoli si possono prelevare solo se c’è il pericolo immediato di deterioramento, e altrimenti anch’essi si devono fotografare e segnalare con il gps. Se infine hanno l’aspetto di una bomba austriaca, è meglio tenersi alla larga.

Adesso che l’estate è finita e siamo in attesa delle prime nevicate (ma nevicherà?), possiamo concederci qualche ultima passeggiata glaciale, ma stiamo attenti a dove mettiamo i piedi. Tra gli ultimi crepacci, come dice Romagnoli, sotto i nostri scarponi potrebbero riaffiorare vite, uomini e donne, guerre e amori. Basterà questo a consolarci per l’estinzione dei ghiacciai?

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